
La Groenlandia è una landa ghiacciata e desolata di cui fino a qualche mese fa addirittura molti disconoscevano l’esistenza ma che ultimamente ha trovato improvvisa attenzione mediatica, non a caso a seguito dell’irruento interesse di Trump. Già colonia del Regno di Norvegia, l’isola artica a inizio ‘800 passò sotto il controllo della Danimarca che ne detiene ancora oggi la sovranità benché gli abitanti, in maggioranza di etnia inuit, godano di ampia autonomia. Nei giorni scorsi si sono tenute le elezioni legislative del parlamento autonomo di Groenlandia che ha visto la netta vittoria della coalizione di centrodestra con il Demokraatit Party che ha sfiorato il 30% dei consensi e i nazionalisti di Naleraq al 24,5%. Un vero tonfo per la sinistra la cui retorica ambientalista e sui diritti di fatto è stata bocciata da una popolazione che sembra essere più coinvolta dalle aspirazioni indipendentiste riaccese anche dalle ambizioni trumpiane. Pare, infatti, che in cima agli obiettivi della coalizione vincente ci sia proprio quella di tracciare un percorso che miri al distacco da Copenaghen e a riscoprire in autonomia un proprio ruolo nei cambiamenti geopolitici che stanno stravolgendo gli equilibri mondiali.
La regione dell’Artico, infatti, è considerata già un’area strategica per le grandi potenze, in particolare Usa, Russia e Cina poiché lo scioglimento dei ghiacciai sta consentendo la fruibilità di nuove rotte marittime addirittura più rapide e convenienti rispetto a quelle attuali che attraversano i cosiddetti mari caldi. Non c’è dubbio, quindi, che il dominio dell’Articolo sia una sfida già del presente e dove la Russia, per ovvie ragioni geografiche è già dominante. Una posizione di vantaggio, quella russa, che diventa molto scomoda per gli interessi statunitensi che sull’egemonia dei mari fondano la loro azione imperialista e, in quest’ottica, concepiscono il controllo dell’isola della Groenlandia di interesse strategico.
Dall’esito elettorale, pare evidente che la popolazione groenlandese, forte anche di importanti giacimenti di Terre Rare, abbia capito che sugli scenari futuri può giocare un ruolo importante dove molti sono i vantaggi che ne possono derivare dalla sempre più accesa sfida Usa-Cina. Un ruolo che non vuole subire ma di cui vuole essere artefice e protagonista. Un ruolo che ancora prima aveva intuito Donald Trump e che ha sapientemente stuzzicato, al netto della caciara suscitata.