
Sabato 8 febbraio, a Potenza presso il bellissimo Teatro Stabile, si è tenuto un incontro, promosso dalla Regione Basilicata e dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, sul tema de “La minaccia cibernetica al settore sanitario”. Vi hanno partecipato il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, l’Assessore Regionale lucano alla Sanità e alla Sicurezza Sociale Cosimo Latronico, il Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Bruno Frattasi, il Vice – Direttore della medesima agenzia Nunzia Ciardi. Le conclusioni sono state affidate ad Alfredo Mantovano, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza informatica.
Nel corso dell’interessantissimo incontro è venuto fuori come il settore sanitario sia quello più “fragile” e a maggiore insidia soccombenza, rispetto alla pirateria informatica e alla trafugazionedi dati assai sensibili. Si è calcolato che quando in un ospedale si registra un attacco informatico, per l’intera durata dell’attacco stesso e per il tempo necessario al ripristino della normalità , il tasso di mortalità in quell’ospedale sale del 5-6% che, trattandosi di vite umane messe a rischio, non è assolutamente poco. Si pensi semplicemente al danno prodotto da un attacco informatico cheprovocasse l’arresto di un’apparecchiatura per una risonanza magnetica o una TAC totalbody oppure di un’apparecchiatura chirurgica azionata da computer (una biopsia prostatica in fusion), eventi davvero registrati nel corso degli anni.
A ciò si aggiunga la non rara trafugazione di dati sensibili dei pazienti, illegalmente passati, dietro esborso di quattrinievidentemente, ad istituti assicurativi o a case farmaceutiche per le loro analisi di mercato e non solo.
Come rimediarvi? Agendo sui sistemi di sicurezza per renderli sempre più aggiornati rispetto alle minacce ma, soprattutto, a dire dei due rappresentanti dell’ACN, sulla coscienza e sul livello di consapevolezza del rischio da parte delle future generazioni e degli operatori nelle strutture sanitarie e pubbliche. Questo aspetto è stato definito dal Sottosegretario Mantovano, che ha tratto le conclusioni dell’incontro, “fattore umano”, fattore fondamentale e preliminare rispetto ad ogni altra misura.
Nel corso dell’incontro, e Mantovano lo ha confermato, è emersa l’ipotesi che si possa a breve istituire un “liceo della cybersicurezza” per formare specialisti in grado di fronteggiare la pirateria informatica (hackeraggio) e rafforzare le misure preventive. Riflettiamo un momento su questa proposta che sembra replicare i medesimi profili di perplessità del “Liceo del Made in Italy” (che tra l’altro non sta avendo il successo sperato).
Se il problema è quello di affermare, attraverso la scuola, una maggiore “coscienza cibernetica” ed una più spiccata consapevolezza dei rischi e delle insidie implicite alla sempre più diffusa digitalizzazione, ad avviso di chi scrive, forse la via dovrebbe essere un’altra. Senza ingolfare ulteriormente l’offerta formativa, con un altro indirizzo specifico ed ultraspecialistico, che eroderebbe ulteriormente la platea di “utenza” scolastica sempre più in calo, si dovrebbe invece istituire in ogni grado di istruzione (almeno dalle scuole medie fino alle superiori) l’insegnamento obbligatorio di una disciplina imperniatasull’informatica e sulla cibernetica con un focus particolare sugli aspetti “etici” della tutela della privacy, del rischio dipendenza e della cybersicurezza. Si otterrebbe così “una ricaduta a tappeto” sulle future generazioni con un’efficacissima azione preventiva e formativa.
Sembrerebbe più utile che ad occuparsi di “sicurezza informatica” non sia solo un indirizzo scolastico specialistico ma tutti gli indirizzi esistenti per rendere concreta quella opportuna eproficua intersezione tra “fattore umano” ed uso della tecnologia. In fondo il problema di conciliare “etica”, “umano” e tecnica è il problema dei nostri giorni.
Per le esigenze di specializzazione nel settore, invece, esisterebbe una via più economica, già in gran parte tracciata, senza doversi inventare altre cose e che potrebbe attivarsi solo integrando e mettendo a sistema alcuni percorsi. Esistono già gli Istituti Tecnici e Professionali, nonché i Licei Scientifici “Opzione Tecnologica” ad indirizzo “informatico”. Basterebbe creare per i diplomati di questi istituti un percorso “privilegiato” per accedere agli Istituti Tecnici Superiori (i famosi ITS di specializzazione post-secondaria biennale) dedicati alla “Cybersicurezza”, senza necessità di creare indirizzi ulteriori. Il pregio della nostra scuola era quello di non risultare, a differenza di quella dei paesi anglosassoni, frammentata in innumerevoli e specialisticheopzioni ma di badare, nel ristretto ventaglio dei percorsi, ad una formazione solida e poliedrica. Non disperdiamo un patrimonio costruito in secoli di pedagogia e didattica che ha, tra l’altro, segnato l’identità italiana.
Leonardo Giordano