
Dovevamo vederci a Bologna, a Palazzo Pallavicini, che ospiterà una mostra imperdibile, fino al 20 luglio prossimo. Stringerci la mano, dialogare, confrontarci. Tuttavia, il Fato ha deciso di cambiare i nostri piani, rinviando le nostre domande all’Altrove. L’ultima sensualità europea, quella fatta di tessuti di seta pregiati e cravatte, di nudità lisce e armoniose che defenestrano da un attico parigino i guitti del brutto moderno, vivrà in eterno nelle pennellate di Jack Vettriano. In tanti, tantissimi abbiamo provato a immaginare i luoghi e le sensazioni dei nostri romanzi preferiti mettendoli in comparazione con un dettaglio di un quadro, con una leggera flessuosità di una scultura.
Immagini dai primi del Novecento
Vettriano, scozzese di origini italiane, ha raccontato i nostri libri con le sue opere eleganti e finemente dipinte col suo tocco proveniente dai primi del Novecento. Ha dipinto la solitudine e l’adulterio, la gioia e l’immensa pena di chi sa cosa vuol dire essere un uomo. È la coscienza della finitudine, della fatuità del fuoco che ci anima nella giovinezza. Neanche il mare di Jack è mai stato così luminoso come nelle opere di altri artisti, meno consapevoli di lui della nostra limitatezza. Nel dipingere tutto ciò che ha un termine, una fine, Vettriano ha descritto l’illimite, ciò che nella realtà aspira a divenire un capolavoro tra la carne e il sentimento. “Dance me to the end of love” rappresenta il suo miglior testamento pittorico. Ci ha condotti a danzare al di sopra del brutto che è diventato regola per omaggiare il bello per eccellenza che può essere declinato in molteplici forme, ma senza mai allontanarsi dal suo paradigma pittorico.
Contro la falsa arte contemporanea
Vettriano ci ha parlato tra l’immenso chiacchiericcio della falsa arte contemporanea, auspicando il ritorno di una ventata d’aria fresca per spazzare via i miasmi odierni. “Nella sua maniera di amare la Francia riconosco il suo modo di amare le donne”. Chi ha scritto questa frase è stata Victoria Ocampo parlando di Drieu e quale quadro potrebbe “raccontarla” se non “A sinister turn of emotion”? Con la sua arte, tutti noi abbiamo trovato il giusto appiglio tra ciò che leggiamo – sul quale, dunque, fantastichiamo – e la realtà visiva. Cos’è il genio?