
Assistiamo da alcuni anni a un fenomeno contraddittorio: da una parte uomini di cultura che apprezzano lo studio delle lingue greca e latina come punto di partenza per conoscere una visione del mondo tradizionale e la profondità della mitologia greca e romana. Dall’altra c’è chi denigra il mondo dei classici sostenendo che si tratta di lingue morte e studiarle è una perdita di tempo. Ancora: ci sono studiosi che scrivono libri di storia romana e greca con lo scopo evidente di stravolgerne il significato più profondo. Addirittura alcuni usano certi aspetti del Mos Maiorum o della vita degli antichi romani o degli ateniesi per giustificare alcuni aspetti della mentalità di oggi. Esempio: gli Lgbt vogliono affermare le proprie istanze? Far passare come fenomeno normale l’omosessualità? Allora dicono che nell’antica Roma e nell’antica Grecia bisessualità e omosessualità erano molto diffuse, erano aspetti della normalità quotidiana. Falso. Altra accusa: il comportamento di certi romani o greci era maschilista; il mantenimento nell’ordine giuridico di una casta di schiavi era espressione di razzismo e quindi – senza comprendere che la distanza di migliaia di anni marca le differenze di mentalità, di usi e costumi – si accusano grandi civiltà di razzismo, colonialismo, imperialismo (ismi della modernità) condannando quindi quelle realtà politiche e storiche. La strategia è: prima destrutturare, poi cambiare i significati.
Il politicamente corretto e la cultura Woke spingono alcuni atenei Usa a cancellare dai programmi universitari autori di grande importanza. E’ un processo varato anche per altri periodi storici o letterari. Si veda il caso dell’epurazione di Shakespeare dal teatro (Il Mercante di Venezia, Otello, ecc.) o la riscrittura o la semplice cancellazione di alcune scene o espressioni shakespeariane in libri destinati alle scuole. Una sorta di censura. Insomma, i classici vengono usati anche per sdoganare ideologie moderne demolendo i valori fondamentali dell’antichità come, a esempio, l’amicizia e il cameratismo (il caso di Achille e Patroclo che secondo i militanti gender erano innamorati e omosessuali).
Leggere e apprendere ciò che gli antichi dicevano è un arricchimento ma soprattutto aiuta a mettere a fuoco una visione del mondo. Francesco Colafemmina ha pubblicato Salviamo i classici, per Passaggio al bosco, dove analizza in maniera profonda questi aspetti comparandoli alla modernità e alla connessa decadenza.
Colafemmina, che ha all’attivo diversi libri, si occupa da sempre di studi classici, ed è – appunto – laureato in Lettere classiche. L’antica Roma e l’antica e moderna Grecia sono il centro delle sue ricerche. E’ imprenditore, comproprietario di una casa editrice raffinata, traduttore di libri dal greco antico e moderno. In quest’ultimo libro spiega perché salvare i classici significa salvare la propria cultura e la propria civiltà offrendo anche indicazioni per arricchire la propria visione del mondo.
Francesco Colafemmina, Salviamo i classici, Passaggio al bosco, pagg. 202, euro 15.00, acquistabile qui