
Rosita Copioli, saggista, traduttrice, poetessa, è una delle più profonde studiose dello scrittore irlandese William Butler Yeats (1865 – 1939), autore considerato fra i maggiori e, fra i poeti di lingua inglese, secondo solo a Shakespeare. Copioli, che negli ultimi decenni è tornata più volte sulla poesia di Yeats con saggi, traduzioni di sue poesie, introduzioni a libri ha pubblicato da Ares un ponderoso volume sullo scrittore irlandese, William Butler Yeats. Omero in Irlanda. Un’opera che sigla un momento definitivo dei suoi contributi alla critica dell’opera di Yeats.
Yeats è uno scrittore e poeta di assoluto valore e interesse: nazionalista militante tanto da sedere in Senato nel 1922, fortemente identitario, molto legato alla Tradizione del suo paese, specie della sua contea di Sligo, definito “fascista” da George Orwell. Yeats era circondato da scrittori e poeti, che lo ammiravano, del calibro di Herbert Read, Dorothy Wellesley, W. J. Turner, T. S. Eliot e i cattolici Francis Thompson e Lionel Johnson. Più due veri e propri seguaci: Robert Graves e Ted Hughes. Nel 1923 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura. Di contro aveva un cospicuo numero di nemici. Per Orwell il suo grave limite era quello di essersi occupato di politica. E se pensava tutto il male possibile di Kipling per la sua visione colonialista, di Eliot perché troppo anglicano e reazionario, a Yeats riservava l’epiteto “fascista”. Diceva: “Yeats odia la democrazia, il mondo moderno, la scienza, le macchine, il progresso e soprattutto l’idea dell’umana eguaglianza”.
Yeats sosteneva che Balzac lo avesse avvicinato alle riflessioni politiche e sociali mentre non apprezzava l’utopia di Hugo o le astrazioni di Hegel, Marx, Rousseau.
Lo scrittore irlandese fu uno studioso di filosofia e di esoterismo: esperto di ermetismo, di philosophia perennis, di mitologia. Aderì alla Golden dawn, l’Alba dorata, dove fu gran maestro Alistair Crowley e praticò la magia. Orwell lo accusò di rifarsi a un universo magico solo per sé e lo indicò come esponente del “fascismo magico”. Lo scrittore irlandese non replicò a questi attacchi ma di certo fu il maggior poeta di lingua inglese; amava il bello, rileggeva la storia secondo il mito, amava quelli che considerava i propri maestri, come William Blake, Dante e Omero, senza dimenticare i testi della Tradizione come il Cu Chulainn. Ma non solo. Nelle sue ricerche ebbero un ruolo importante lo studio e la traduzione dei simboli e miti dei Veda, dei Greci. Definì con una sua opera la prima summa di una visione cosmica dopo Dante Alighieri
Su un’opera tanto vasta Copioli cura e assembla i saggi pubblicati in quarant’anni e li dispone nel migliore dei modi. Divide il libro in due parti: la prima intitolata Viaggio in Yeats e la seconda Saggi. La prima è un racconto su cosa ha significato l’opera dello scrittore irlandese per Copioli intrecciando storie, scritti, personaggi e altri autori che hanno incontrato durante la vita altri scrittori e la stessa Copioli. Non mancano le suggestioni di luoghi citati come Rimini, Bologna, Roma, Dublino, Milano, Torino, Gort, galway, Sligo e la Bretagna.
Non mancano le disgressioni e i ricordi di Manganelli, Pontiggia, Anne e Michael Yeats, Zolla, Mario Manlio Rossi. Da pagina 173 fino a pagina 388 si susseguono saggi che Copioli ha dedicato, nel corso della sua vita, a Yeats. Sulla magia, sullo “scrivere autobiografie”, sull’Irlanda, sulla poesia. Da tutto ciò emerge uno Yeats “greco”, con una visione pagana, ben definita e arricchita dalle esperienze della vita e dalla conoscenza della letteratura antica, tanto da “ammirare i vecchi irlandesi per la loro anima omerica”.
Rosita Copioli, William Butler Yeats. Omero in Irlanda, Ares ed., con foto n.t., pagg. 388, euro 25,00