
Fa stupore vedere come i commentatori di sinistra cerchino tracce di melonismo nel Festival di Sanremo. Ecco, possiamo tranquillizzare tutti. Il Festival della musica italiana non e’ stato oggetto di nessuna colonizzazione reazionaria. Il nuovo direttore artistico e conduttore Carlo Conti, volto Rai, “conduttore Dc” non certo un militante di Colle Oppio, ha solo rimesso in ordine i fattori di una rassegna musicale: prima la musica, poi la musica e poi ancora la musica. Senza forzature, dando uno spazio di platino a Roberto Benigni per il suo pensiero devoto al Quirinale, e valorizzando la quota “vaginodromo” assegnata a Geppi Cucciari.

Il suo merito maggiore e’ però, rispetto alle ultime gestioni di Amadeus (piene di inizioni di conformismo), quello di aver cancellato i profeti del nullismo e i moralizzatori, e abolito gli spazi per gli influencer modello Chiara Ferragni (per la quale proviamo simpatia come per tutti quelli che dall’altare rischiano la polvere). Non c’e’ stato nessuno a dirci come “sentirci liberi/e”, nessun messaggio politico camuffato da buoni pensieri. Con sommo dispiacere della firma di Rep Annalisa Cuzzocrea.
Il ritorno alla normalità non va scambiato per una formula reazionaria. E’ solo stata una boccata d’ossigeno. Tanto sappiamo bene che i prossimi mesi – e cosi’ fino alle elezioni politiche – ci sarà una escalation di esternazioni sui diritti, soprattutto sulle reti Mediaset, come effetto collaterale dello smarcamento arcobaleno di una parte di Forza Italia, sulla linea tracciata da Marina Berlusconi. Godiamoci questo ossigeno di normalità e non carichiamo troppo la maschera di Conti di politicamente scorretto. E’ solo normalità. Riconquistata. Per questa volta.