“Que reste-t-il des billets doux?”
Nulla delle piccole osservazioni e della grande scrittura, dei biglietti ricchi di una fantasia e di una tenerezza che non sempre sapevi confidare altrimenti. Nulla avrei detto delle sere d’estate trascorse con te, sopra il portico o sotto la colombaia, a mettere ordine nel mondo. Nulla di generazioni di cani che hanno accompagnato la nostra infanzia e protetto le nostre notti. Nulla dei cavalli nella scuderia: il primo, Prince, passeggiava libero nella proprietà e si lasciava ferrare solo previo gelato alla vaniglia, avendo l’ incresciosa abitudine di mettere la testa nel salone grande per brucare i mazzi di gladioli di belle maman, tua suocera.
Esilio per legge del capofamiglia
Nulla avrei detto delle finestre di esotismo che aprivi, coi tuoi racconti, nelle nostre vite: la tua infanzia a Larache, a sud di Tangeri, nella casa di Miou e papà Jean, tuoi nonni, i Natali che mi raccontavi nel maniero di Anjou a Bruxelles, quando tuo nonno, divenuto capofamiglia, è stato a sua volta colpito dalla legge d’esilio; le liti con Mandarling, tua madre, e tutti gli scherzi che le facevate.
Nulla della gioventù agricola in Marocco con Fred, conte Boulay de la Meurthe, tuo marito. Un amore a prima vista: ti aveva conquistato con la prestanza, la voce tenorile, il talento sia come danzatore, sia come cavaliere e il conte di Parigi gli aveva concesso la tua mano in virtù della sua “bellissima guerra”, come si diceva allora, perché, ancora adolescente, era stato un resistente, un eroe, sembra. Mai più Fred ne ha parlato, con l’abituale pudore.
Michele di Grecia, adorato cugino
Nulla avrei detto della complicità con Michy – Michele di Grecia, l’adorato cugino -, di cui abbiamo subito capito, quando la scorsa estate è morto, che ti avrebbe preceduto di poco. Nulla avrei detto del tuo indistruttibile ottimismo e del tuo spirito avventuroso, che vi hanno portato in Argentina, a Buenos Aires e a Tucuman, per alcuni dei vostri anni più belli. Nulla avrei detto delle notti a ballare, tutti insieme, nel salone sull’aria dei tanghi che ti piacevano o su La Colegiala e su altri ritmi indiavolati, che da quel Paese di sogno avevi importato.
L’immensità dei ricordi
Nulla avrei detto di tutto ciò che eri, Micky, nomignolo che ti eri scelto perché Monique d’Harcourt era, decisamente, troppo convenzionale per te. Ancor meno avrei detto dell’immensità dei ricordi e del vuoto che lasci nel cuore alle figlie, come nel cuore di tutti noi nipoti.
Point de Vue, n. 3989