
Dedicare un libro, nell’ordine, al Comandante Mark, Pietro Anastasi, Primo Levi, personaggi immaginari e reali, diversissimi fra loro, ed infine a sé stesso…no, non c’era mai capitato di leggere una dedica così originale, ma c’è sempre una prima volta.
E questa prima volta ci viene regalata da Teodoro Lorenzo, classe 1962, mancata promessa del calcio nostrano, oggi affermato avvocato torinese, con il suo «Rimpalli», libro pubblicato dalla Voglino Editrice di Torino.
Autore che si rende volutamente imprevedibile, Teodoro, anzi Rino Lorenzo apre la sua storia disquisendo di felicità, o meglio sul significato di tale termine, lui che nel corso della propria esistenza calcistica felice lo è stato per centoventi secondi. Non a caso cita “la corsa pazza di Tardelli” dopo aver realizzato il goal del 2-0 alla Germania nella finale di Madrid che laureò nel 1982, di sola fortuna (nostra considerazione), l’Italia campione del mondo.
Partendo dall’infanzia trascorsa nella Torino negli anni del boom, l’autore descrive la prima casa familiare più disagiata che comoda.

Il calcio comincia a praticarlo in oratorio e se ne innamora. Dall’oratorio a «La Piazzetta», al campetto, il passo è breve, sempre prendendo a calci il pallone rincorso da alcuni ragazzini come ben raffigura l’accattivante copertina del libro.
Rino si appassiona alla lettura fumettistica e diventa un fan del Comandante Mark, eroe dell’Ontario e combattente per la libertà.
Non vengono eluse le mitiche raccolte delle figurine Panini che non tutti possono permettersi, ma che si possono conquistare con delle regole stabilite dal gruppo-ragazzini. L’idolo dell’autore diventa il centravanti juventino Pietro Anastasi (scomparso nel 2020), “un figlio del sud” come lo è Rino “nato per caso a Torino” perché figlio di immigrati.
Quando pensiamo al Pietruzzo da Catania ci viene in mentre il clamoroso scambio- tradimento che nell’estate 1976 lo portò dalla Juve all’Inter in cambio di Bonimba Boninsegna, bandiera ed idolo della Milano nerazzurra. Fu sì un tradimento per ambedue i bomber perché Pietruzzo e Bonimba avevano cucite sulla propria pelle le maglie delle squadre di appartenenza, peraltro in aperta rivalità, e non meritavano certo il cambio di casacca. A guadagnarci fu la Juve con un Boninsegna che, per quanto più anziano di cinque anni di Anastasi, in bianconero si rivelò prolifico e vincente con due Scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia.
Alternando ricordi e racconti, l’autore disquisisce sulla Torino risorgimentale, sul ruolo svolto dai Savoia nella costruzione dell’Unità d’Italia – non tralasciando alcuni protagonisti di quel periodo – fino a giungere alla Grande Guerra e, di rimpalli in rimpalli, alla convivenza sabauda con Mussolini con tutto quel che ne seguì.
Tornando con i piedi sul campo di calcio Rino, dopo un imprevisto provino con la Juve, si ritrova, a soli dieci anni, incredibilmente in bianconero, promosso dall’infaticabile e paziente – con i bambini – Mario Pedrale, un vero educatore capace di inventarsi un codice comportamentale da inculcare a piccoli, alle prime armi con il calcio. Cominciano le prime sfide, i primi match, le prime mazzate, i primi infortuni. Crescendo e maturando Rino scopre la “coerente, chiara e cristallina” figura di Primo Levi.
L’agonismo calcistico non recide i legami con il gruppo originario di amici dove si inserisce Paolo, l’“alieno” venuto dalla Puglia più grande di età, ugualmente appassionato di calcio, ma che può considerarsi l’intellettuale del gruppo per la sua genialità culturale.
Rino si rende conto cosa è la Juve, un qualcosa simile all’Esercito dove, fra accurate selezioni ed accessi certificati, vige una sola regola: “prima la squadra poi il giocatore”. Una conferma di quanto ebbe a dirci il bomber Domenico Penzo quando lo intervistammo per Barbadillo:
“Mi trovai dinanzi una macchina organizzativa perfetta, senza cuore, dove non si veniva coccolati. Lo stile Juve si identificava con il rispetto per la società”.
Il periodo juventino è contrassegnato da ansie, delusioni, aspettative. Ci resta male Rino quando deve cedere la fascia di capitano al biondo, natio di Ivrea, Giovanni Koetting, un’altra promessa del nostro calcio evaporatasi inaspettatamente. Causa un infortunio, Rino approda proprio ad Ivrea. Addio Juve, addio ai grandi palcoscenici del calcio.
Risale la china nella stagione 1983-1984 vestendo in C2 la maglia grigia dell’Alessandria, una piazza di transito per le stelle cadenti del calcio, su tutti “Vice Rivera” Pier Paolo Scarrone, e per quelle che sperano di brillare nei piani alti, vedi Fabio Marangon, Giancarlo Camolese.
Fra analisi calcistiche, disquisizione storiche ed approfondimenti sui fenomeni sociali, nel libro di Rino scorrono le cartoline di tanti ricordi e mai sopite nostalgie che ritmano e testimoniano l’inesorabile trascorrere del tempo.
Teodoro Lorenzo, «Rimpalli», Voglino Editrice