
I club pensano solo ai soldi, ai bilanci, agli “scudetti” del bilancio. I calciatori, invece, no. Devono giocare senza azzardarsi a parlare di denaro, senza lamentarsi per trattamenti non proprio consoni, fuori dal mercato. Aurelio de Laurentiis può (e deve!) badare agli equilibri tra entrate e uscite, Khvicha Kvaratskhelia non può immaginare di andare altrove per guadagnare di più. L’eccezione di Napoli è la fuga dalle responsabilità, il populismo che si presta a garantire la rendita di posizione del padrone. È Maurizio De Giovanni che strologa, giudica e scomunica, si prende duemila like e qualche titolo sul web. È il tizio che getta il cartonato dell’ex idolo nel cassonetto. È il fotografo che scatta la foto, sentendosi come il reporter di guerra che, vent’anni fa, immortalò l’abbattimento delle statue di Saddam. È il redattore del giornalone che si sente Matilde Serao a pubblicare novelli reportage pulcinelleschi che tradiscono anche la sola memoria del Ventre di Napoli. È il chiacchiericcio dei social che si auto-alimenta. Il calcio è un’azienda e i tifosi ragionano ancora come se fosse una disfida tra oratori. Ma è Kvara che, dopo aver donato alla città quegli attimi di dimenticanza che si chiamano felicità, è oggi indicato come traditore. Un’etichetta di cui s’abusa, e non poco, in una città che sente la sua decadenza e non sa che attaccarsi, con pervicacia, al sogno sbiadito di glorie passate e a un senso d’appartenenza frainteso col futbol. Kvara ha fatto benissimo a scegliere Parigi, fuggendo dal destino che toccò a Scottie Pippen, talento immenso pagato quattro soldi da quegli avidi di Chicago. De Laurentiis, se avesse voluto trattenerlo, avrebbe dovuto semplicemente sganciare la grana. Non l’ha fatto. Adesso, almeno, non consentite a qualcuno, che agisce per chissà quale ragione, di guastarvene il ricordo: è l’unica cosa che, comunque, vi sarebbe rimasta.
Grande Kvara. Scappa via da quel puzzolente e fetente ADL…