La France réelle
Molti suoi coetanei sentivano di avere una “certa idea della Francia”; non lui, per il quale Francia era soprattutto una realtà. La sentiva nella carne. Cresciuto nel ricordo della Grande Guerra, visse gli orrori della Seconda, perdendo il padre, marinaio, saltato in aria in mare su una mina tedesca, mentre lui, giovane, diventava partigiano.
Ci furono poi altre guerre, quelle d’Indocina e d’Algeria, interrotte dalla battaglia del Canale di Suez. Ciò forma – più che un carattere – un uomo. Il resto della sua vita furono solo risse politiche, ma sempre intrise della serietà di chi ha vissuto il fuoco, quando i proiettili sibilanti nelle orecchie non erano palline da tennis: le sole che, per lo più, gli avversari avevano affrontato nelle ore più tragiche della storia francese.
Comitati Tixier-Vignancour
Fu quindi Jean-Marie Le Pen, a organizzare i comitati Tixier-Vignancour nella campagna elettorale del 1965, matrice del futuro Front National (FN), nel 1972, su istigazione di Ordre Nouveau.
A chi scrive, Le Pen confidava, nell’intervista su Le Choc du mois, nel giugno 2006: “Attorno a Tixier sono riuscito ad attrarre sensibilità apparentemente incompatibili: fucilieri algerini e alto-borghesi, ex-resistenti e vinti della Collaborazione. Sono stato criticato per anni per aver coinvolto queste persone. Ex della Resistenza, i miei amici di allora già me lo rimproveravano; ma, se non li avessi coinvolti io, chi l’avrebbe fatto? Ponendoci in una prospettiva d’unità nazionale, uniamoci! O andiamo per farfalle»
Immigrati, la risorsa
E quest’eterno piantagrane ha aggiunto uno strato, a proposito di questa “estrema destra” di cui tante volte lo si accusava di essere il capo: “Ammetto che ho trascinato in giro come una palla al piede l’estrema destra. Mentre lavoravo per il futuro, loro lavoravano per giustificare il passato, credendo che la destra nazionale, riabilitandosi da errori giovanili – sarebbe giunta alle soglie del potere. Idiozie”.
Perché riprodurre questa intervista, che fece molto rumore all’epoca, anche tra le file dell’ultima piazza lepénista, già molto turbata dalla separazione da Bruno Mégret, nel dicembre 1998? Semplicemente perché, nell’occasione, Le Pen rivelava la profondità dei suoi pensieri e si mostrava com’era, in giardino, lontano dai giornalisti.
È proprio Jean-Marie Le Pen che, nel 1974, fa dell’immigrazione il nuovo cavallo di battaglia del nascente Front National, mentre gli amici insistevano a considerare l’anticomunismo il fine di tutti i fini. Così, nel 1990, Le Pen andò controcorrente, pronunciandosi contro la prima guerra del Golfo, sebbene, nella circostanza, fosse più che in minoranza nella sua stessa area politica.
L’altra faccia di Chabrol
Jean-Marie Le Pen era così. Mai avrebbe barattato la libertà di spirito con la migliore pelletteria del mondo, ostinandosi a non rinnegare gli anni folli della gioventù, quelli delle botte coi comunisti, salvo poi bere con loro.
Un periodo felice, quando mostrava il culo ai borghesi col non ancora regista Claude Chabrol, uno dei suoi amici famosi e, per inciso, un esponenti di punta della Nouvelle Vague; quando coraggiosamente proponeva a uno dei padrini di Pigalle di diventare il padrino di Marine, la figlia minore; quando sfidava gli oceani sulla sua barca, battezzata “Cambronne”, anziché annoiarsi alle cene eleganti. Quando, pur essendo Le Pen, era solo e soprattutto Jean-Marie.
Il voto del 2002
Chi scrive ha potuto verificarlo spesso, in decine di interviste e in due lavori scritti a quattro mani: Parole d’homme e L’Album Le Pen, nella campagna presidenziale del 2002, l’anno, quando spaventò benpensanti e cialtroni.
Disturbare i borghesi? Per Le Pen era più che una linea guida, un breviario dal quale non si allontanava mai. In questo triste giorno di gennaio si seppelliscono quindi sia Le Pen, sia Jean-Marie. Chi ama la Francia, oggi, si sente un po’ orfano.