Leggere il libro “Intendi, filglio, se vuoli imparar sapïenza” (pag 101, 15 euro, edizioni Laruffa) significa immergersi in un viaggio che attraversa secoli di storia, cultura e umanità, un percorso che l’autrice Antonella Musitano trasforma in un’esperienza intima e universale al tempo stesso.
Il volume è molto più di una riscoperta filologica o di una raccolta di testi antichi: è un atto di dialogo tra un passato spesso dimenticato e un presente che, forse, avrebbe disperato bisogno di ascoltarlo.
L’opera ruota attorno alla figura enigmatica e affascinante di Schiavo di Bari, poeta e giudice del XIII secolo, autore di una autentica “Dottrina morale” -come del resto recita il sottotitolo del libro- che sorprende per modernità e profondità. Il titolo stesso, tratto dai versi iniziali di questa Dottrina, è un invito all’apprendimento non solo intellettuale, ma anche morale, un’educazione che riguarda l’intero essere umano. Qui non c’è spazio per la nostalgia sterile del passato: Musitano recupera i testi di Schiavo con la consapevolezza che le sue parole risuonano ancora oggi, in un’epoca che, diciamolo, tante volte sembra smarrire la bussola etica e spirituale.
La struttura del libro si muove sapientemente tra analisi filologica, riflessione storica e commento morale. Non si tratta solo di riportare alla luce un testo antico, ma di contestualizzarlo in una cornice che ne amplifica la rilevanza contemporanea. Schiavo di Bari, figura quasi dimenticata della cultura medievale, emerge qui come un simbolo della continuità dei valori umani e, appunto, morale. L’autrice ne esplora ogni aspetto: dalla sua eredità culturale alla lingua volgare da lui adottata, fino alla straordinaria epigrafe dedicatagli sulla Cattedrale di Bari, che testimonia il rispetto e il prestigio di cui godeva nella sua comunità.
La Dottrina stessa è un piccolo gioiello di saggezza, una sorta di testamento spirituale che un padre rivolge al figlio. I temi trattati spaziano dall’etica personale al rispetto per gli altri, dalla prudenza nella vita quotidiana alla gestione dei beni materiali. “Non fare villania né soperchianza a tuo minore” o “Guarda di non fare quello ad altri che non vuoi fatto a te” sono solo alcuni degli insegnamenti che colpiscono per la loro universalità e semplicità, ricordandoci quanto poco i fondamenti del vivere civile siano cambiati, o quanto dovremmo tornare a essi.
Un merito indiscutibile di Musitano è la capacità di dipingere il Medioevo non certo come un’epoca oscura e remota, ma come un tempo di straordinaria vitalità culturale e intellettuale. Il recupero della figura di Schiavo di Bari si trasforma, così, in un’occasione per riflettere sul nostro stesso rapporto con la storia. La sua Dottrina morale è al tempo stesso specchio di un mondo passato e guida per affrontare le complessità della contemporaneità.
La stessa autrice non manca di sottolineare quanto il messaggio di Schiavo possa ispirare oggi leader e organizzazioni, proponendo una visione etica che ben si adatta a più contesti sociali.
L’analisi linguistica e filologica, inoltre, è un elemento centrale del libro.
Musitano dedica ampio spazio alla lingua volgare usata da Schiavo, rivelandone le connessioni con l’osco e il greco, sottolineando poi il ruolo cruciale delle regioni meridionali nella formazione della lingua italiana. Questa ricostruzione linguistica appare un modo per riscoprire le radici di un’identità culturale e storica condivisa.
Infatti, quel che rende questo libro particolarmente interessante è la capacità di coniugare passato e presente in modo organico. Mentre le parole di Schiavo risuonano con una semplicità disarmante, le riflessioni di Musitano offrono una chiave di lettura che invita il lettore a interrogarsi sul proprio tempo. Viviamo, come suggerisce l’autrice citando Zygmunt Bauman, in una “modernità liquida”, un mondo privo di punti di riferimento stabili, in cui l’incertezza domina ogni ambito della vita, dalla famiglia all’educazione, fino ai rapporti sociali. La Dottrina di Schiavo, con il suo richiamo alla misura, alla prudenza e all’amore per il prossimo, appare dunque come un faro nella tempesta.
Con rigore filologico e passione nella ricerca e nella divulgazione, Antonella Musitano riesce a restituire vita e dignità a un autore dimenticato, trasformando la sua opera in uno strumento di riflessione attuale e necessario.
Se la saggezza è un’eredità, allora questo volume rappresenta un dono prezioso per chiunque voglia imparare l’arte di vivere. Un lavoro unico, che mescola cultura, emozione e pensiero critico in un racconto che resta impresso.
Interessante e approfondita recensione che sottolinea l’abilità dell’autore, il giornalista Marino Pagano, di cogliere gli aspetti più intimi e profondi della Dottrina di Schiavo di Bari, ma non solo. Sapiente l’attualizzazione del messaggio e dei precetti che Schiavo intende insegnare al figlio, perchè, come sottolinea Marino Pagano, di “arte del vivere”,forse, oggi più che mai c’è un disperato bisogno.
Le riflessioni e l’accurata analisi del contenuto del libro da parte di Marino Pagano, oltre a sottolineare l’importanza di un Medioevo, periodo in cui vide la luce la Dottrina dello Schiavo di Bari, troppo spesso ingiustamente sottovalutato, mettono in evidenza un aspetto importante del libro relativo all’uso della lingua delle origini e, soprattutto il valore storico e culturale della “scrittura epigrafica”.
Intensa e profonda quedta recebsione.