“Non siamo eredi, non lasciamo eredi. Non ereditiamo niente, non lasceremo alcuna eredità” dice Marcello Veneziani aprendo il suo ultimo libro Senza eredi (Marsilio ed., pagg. 335, euro 19,00). Per il filosofo “la nostra è la prima epoca senza eredi”; ciò significa che nessuno continuerà l’opera e così ciò che doveva essere salvato sarà abbandonato. Senza antenati né posteri si vive un eterno presente nella società contemporanea, un presente che prescinde dal passato e che non tiene conto del futuro. Insomma, esistono solo contemporanei che condividono l’esistenza come coinquilini non come eredi di una tradizione o come creatori di futuro sulla base dell’eredità ricevuta. E’ l’epilogo di un lungo e rapido processo di decadenza che ha portato una società ormai senza padri a divenire una società senza figli. Questa situazione si è concretizzata per la mancanza di riferimenti avendo dimenticato i maestri, i padri, la Tradizione. La denatalità e l’approccio individualista e materialista alla vita, hanno fatto il resto. In più, peggio, il mancato riconoscimento di intellettuali e uomini che alimentano con il proprio pensiero e il proprio lavoro la circolazione delle idee. Ormai più che figli della propria nazione, della propria cultura e dei propri genitori, i nuovi cittadini sono figli del proprio tempo e basta. C’è un distacco, uno iato, fra loro e tutto il resto, una lontananza da tutto ciò che li circonda e si crea facilmente un vuoto culturale. Che fare? Per Veneziani è necessario mettere in salvo il patrimonio ereditato, che è la base di una Civiltà, la civiltà europea, e mettere al mondo un nuovo pensiero in libertà, laddove la libertà non è il fine ma il mezzo per definire il perimetro di questo nuovo inizio. Il filosofo pugliese, in varie occasioni lo ha definito “pensiero neonato” proprio per sottolineare che ogni nascita è una eredità che si somma. Per definire i contorni di questo discorso e indicare fattivamente quali sono le coordinate del “nuovo inizio”. Marcello Veneziani nel libro Senza eredi traccia delle biografie non convenzionali dove la narrazione definisce il carattere e l’opera dell’autore, la sua eredità, e vengono riportati i punti salienti della propria opera. Si tratta di ritratti di grandi e meno grandi maestri, scrittori, giornalisti, intellettuali senza i quali non è possibile comprendere il presente. Questo in base a un dato oggettivo: non si può prescindere dalla Tradizione e dalla cultura perché fungono da connessione fra passato, presente e futuro. Ma qual è il motivo di questa progressiva deculturazione e osservazione solo del presente? Del hic et nunc? Due sono le costanti, osserva Veneziani: l’individualismo, frutto di narcisismo, di autosufficienza che considera superato il passato poiché il presente si dà per scontato che sia sufficiente di per sé; e la tecnica e l’economia che, prese in considerazione da sole, non assicurano l’avvenire e forse neanche il futuro.
Una mappa di scrittori, filosofi e intellettuali, che potrebbe sembrare anche la seconda parte di un’opera più ampia e più articolata, che comprende, come primo volume, quell’atlante di figure, pensieri e scritti intitolato Imperdonabili, uscito nel 2017 sempre da Marsilio. Era un atlante di cento personaggi della cultura che hanno acquisito una dimensione imprescindibile nella cultura europea.
Senza eredi, invece, è composto da una settantina di ritratti di maestri veri, presunti, controversi, differenti fra loro, che hanno vissuto in un’epoca che tende ora a cancellarli. Fra gli altri, ci sono: Vico, Pascal, Kant, De Maistre, Manzoni, Leopardi, Nietzsche, Mazzini, Baudelaire, D’Annunzio, Gentile, Rensi, Heidegger, Michels, Eliade, Evola, Moravia, Marchesi, Bocca e Pansa, Cau, Dugin, De Benoist, Gianfranceschi, Reale, Dugin, Calasso, Isotta, Vattimo, Cacciari, Sermonti, Hadjadi, Faggin. Autori molto differenti fra loro, uniti da una sorta di fil rouge: l’indipendenza di pensiero.