Un bel film, sebbene lungo, e un Angelina Jolie eccezionale: ecco Maria di Pablo Larraín, coproduzione euro-americana di un regista cileno, che racconta l’ultima settimana della Callas. Per trovare qualcosa di analogo e altrettanto intenso nel genere anche musicale, occorre pensare a Madonna in Evita [Peron] dell’inglese Alan Parker.
Nata a New York nel dicembre 1923, da buona famiglia greca, Maria Callas studia canto, perfezionando il talento naturale. E’ bene saperlo prima di andare al cinema, infatti il film si svolge nella Parigi del settembre 1977.
I cenni alla vita precedente sono ricordi di quando Maria già era celebre: anni ’50, nella Milano della Scala; anni ’60, sullo yacht “Cristina” di Aristotele Onassis, ritrovo del jet set che fa capo a Monte Carlo…
I comprimari della sua vita (marito italiano e impresario; convivente greco e armatore dei maggiori; biografo francese, ansioso di farsi un nome di rimbalzo; domestici italiani, inconsistenti) vogliono: o sfruttarne la voce, che commuove il mondo; o esibirla come un trofeo, quando la sua fama è all’apice, ma la voce non lo è più; raccontarne il passato, in assenza di un presente; ritardarne la fine, ma senza esporsi).
Per la Callas è un’esistenza di solitudine in compagnia, la peggiore. Ma lo sceneggiatore Steven Knight coglie un attimo diverso ad Atene, nell’estate 1941. L’adolescente Maria, sovrappeso, canta già in teatro, ma la Grecia è povera e occupata. Così la madre prostituisce, a casa, Maria e la sorella. Due ufficiali tedeschi si appartano con loro, in stanze separate. Quello che ha scelto Maria, incantato, la osserva e le chiede di cantare. Solo cantare.
Maria di Pablo Larraín, con Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Haluk Bilginer, Valeria Golino, 124′
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