Luciano Lincetto è un battagliero giornalista e un intrepido scrittore che non nasconde la sua profonda fede cattolica, ma anzi ha il coraggio, oggi fattosi raro, di promuoverla, difenderla e di cercare di trasmetterla alle nuove generazioni.
Da tempo, come cavaliere solitario e poco ascoltato, conduce una lotta senza quartiere contro la bestemmia, giustamente considerata, una «piaga», un «peccato» e una «vergogna d’Italia».
In un opuscolo, che ha già varie edizioni alle spalle (cf. Sia santificato il Tuo Nome. Enciclica di un laico sulla bestemmia e la complicità del silenzio, edizioni AEPC, Vigodarzere) il dottor Lincetto chiama i credenti e tutte le persone etiche alla riscossa, affinché la nostra gente «perda una buona volta la triste nomea di essere il popolo più bestemmiatore d’Europa e forse del mondo» (p. 35).
Certo, come costata Lincetto, infonde amarezza il fatto che sul morbo blasfemo, «i giornali non parlino quasi mai» e perfino «i predicatori non ne accennano» più nella loro attività di evangelizzazione e formazione dei fedeli. Anzi, negli ultimi decenni, «sono stati chiusi alcuni centri che svolgevano attività contro la bestemmia» (p. 5).
Eppure secondo l’Autore e l’osservazione spassionata di chiunque, «le persone che bestemmiano sono aumentate» in Italia e si sono «unite a questa mala abitudine anche le donne e i giovani» (p. 6), per non dire nulla dei bambini che, ovviamente, ripetono quel che sentono a casa e in strada.
Urge fare opera educativa, didattica e culturale, recuperando «una grammatica positiva» che ci sproni a «dischiudere la nostra umanità» (p. 7), contrastando con ogni mezzo il «parlare volgare», che è un po’ l’anticamera della tendenza blasfema, e della bestemmia vera e propria.
Oggi che per una «g» di troppo, aggiunta ad un aggettivo colorato, si parla assurdamente di «razzismo» e «discriminazione», e proprio mentre i social censurano ogni apparente insulto a chicchessia, solo verso Dio si è «privi di scrupoli e liberamente offensivi» (p. 13).
Seguendo una mediocre apologetica al ribasso, esplosa nel post Concilio, della bestemmia «addirittura i preti non se ne curano» (p. 9) e quindi fa bene Lincetto a riportare ciò che i santi canonizzati dalla Chiesa hanno detto in proposito.
Tra essi, san Girolamo, padre e dottore della Chiesa, esclamava: «I cani abbaiano per difendere il padrone e io dovrei essere muto quando si maltratta il nome di Dio? Morire piuttosto, ma non tacere». Il Crisostomo, che vuol dire bocca aurea, incitava i cristiani all’azione: «Chiudiamo la bocca ai bestemmiatori, come si chiudono le fonti avvelenate». E il gran teologo s. Alfonso, patrono dei moralisti, disse così ad un tizio che bestemmiava in dialetto: «Tu non sei di Napoli, ma dell’inferno, perché bestemmi come un dannato».
Quanto ai pontefici recenti, il venerabile Giovanni Paolo I, da Patriarca di Venezia, scrisse che «Chi bestemmia non ragiona, chi ragiona non bestemmia». Giovanni Paolo II, con l’aiuto del futuro Benedetto XVI, pubblicò il celebre Catechismo della Chiesa cattolica (1992, edizione definitiva 1997). In esso, si ricordava una verità antica quanto Dio ed immutabile quanto Lui: «La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per sua natura è un peccato grave» (n. 2148).
Cosa fare quindi di concreto per estirpare la bestemmia dalla nostra amata patria e al contempo per espiare e riparare l’offesa al nostro innocente Creatore?
Luciano Lincetto propone varie attività che richiedono impegno, militanza e autentico anticonformismo (cf. p. 33-35). Anzitutto, «si decidano alla lodevole attività antiblasfema tutti i cristiani che svolgono funzioni di educazione, di direzione e di autorità». Poi, a fronte della diffusione della bestemmia sulla pubblica via, si risponda con «manifesti, cartelli, etichette, scritte, disegni», come un tempo si vedevano in certi locali degli adesivi con scritto «Qui non si bestemmia».
Si riprendano poi le campagne anti-blasfeme nei luoghi caldi: scuole, caserme, ospedali, discoteche, circoli, campeggi, aziende, stadi sportivi. «Sorgano nelle principali città i comitati antiblasfemi» per contrastare l’osceno virus e sia diffusa la «promessa antiblasfemia».
Infine e innanzitutto, «ritornino nelle adunanze liturgiche le preghiere riparatrici della bestemmia» come la litania, di origine settecentesca ma ancora molto in uso, del «Dio sia benedetto».
«Sarebbe una buona cosa» conclude Lincetto che «in preparazione del Giubileo del 2025» si organizzasse una sorta di «volontariato antiblasfemo» in Italia, anche sostenendo l’Associazione «Sia santificato il Tuo Nome» e il «Comitato No bestemmia».
La bestemmia ovviamente è una contraddizione quale ratio, prima ancora che una cosa disgustosa e maleducata. Ma è il frutto della cattiva educazione diffusa dai media, dai social, non solo da rapper-trapper, da tutti coloro che dalle TV straparlano quotidianamente. Ma che cosa si è insegnato ai giovani dal 1968 in poi? Questi sono i frutti. Quale scuola si è data ai bambini-ragazzi-giovani? Uno pseudo progressismo cialtrone e cafone, troppo spesso…Il woke ne è la sintesi ultima…