Premetto che useremo in questo articolo la parola “destra” solo ed esclusivamente intesa come destra sociale. Rivedendo casualmente in rete alcuni manifesti che i militanti del nostro mondo hanno fatto in onore di Che Guevara, non posso non ricordare le polemiche che essi suscitarono da una sponda all’altra della politica. Polemiche non dovute e fuori luogo, forse causate da scarsa conoscenza del nostro universo.
Già Mario La Ferla, inviato dell’Espresso, nel suo libro “L’altro Che” racconta molto bene l’ammirazione delle frange appartenenti alla destra comunitaria per il Comandante. Un amore genuino, sincero, senza infingimenti.
Nel 1961, l’allora Fuan, l’organizzazione universitaria del MSI, decise di omaggiare il “guerrigliero” durante l’occupazione all’Università di Firenze. Alla morte di Guevara, avvenuta il 9 ottobre 1967, i primi ad onorare il personaggio furono gli artisti del Bagaglino, cabaret di destra, che composero su 45 giri la ballata “Addio Che”.
Come non citare poi tutti i cervelli pulsanti del nostro versante che ne “cantarono le lodi”? Cervelli del calibro di Jean Thiriart, il fondatore di Jeune Europe, Alain de Benoist o Jean Cau, autore del libro “Une passion pour El Che”.
Per restare in casa nostra, mi viene di sicuro in mente il Professor Franco Cardini, sempre favoloso, che in una lettera aperta proprio su Barbadillo si esprime in merito a Castro e la rivoluzione cubana in una maniera che…ti incanta semplicemente leggerlo.
La revolucion, fu “cosa” nazionale e di popolo. A Cuba, dove mi sono recato, ho visto con i miei occhi campeggiare spesso il motto “Patria o muerte”. L’isola è un vero e proprio laboratorio di socialismo patriottico. Solo in un secondo momento, costretta dalla asfissiante politica estera Usa, la dirigenza rivoluzionaria dovette cercare appoggi nel campo sovietico. Tra l’altro, con una sorta di terza via “non allineata” in un mondo diviso in due blocchi. Realpolitik.
Per restare a cavallo fra campo ideale e politica reale, da ricordare anche la solida ed incrollabile amicizia che legava “Ernesto” a Peròn, considerato l’ultimo statista della destra comunitaria. Non è mistero che i due si incontrarono nella Spagna franchista con il benestare del “Caudillo”.
Per tutto ciò, ritengo fuori luogo le polemiche che puntualmente si riversano su una destra che “saluta” Ernesto Guevara. I nostri militanti, da sempre, lo hanno fatto.
Il Che apparteneva al nostro universo? Nessuno lo sta dicendo e tra l’altro poco interessa. Ma di sicuro non appartiene nemmeno a quel mondo annoiato progressista che lo ha derubricato a merchandising, con lo scopo di vendere magliette e gadget ai figli del capitalismo occidentale di stampo yankee. Praticamente, tutto ciò contro cui il liberatore di Cuba si è battuto.
Di sicuro c’è, inoltre, il doveroso onorare un uomo che ha condiviso le nostre stesse battaglie, direttamente in “loco”, nelle selve. Un uomo che, infine, ha abbandonato anche poltrone da ministro per continuare la lotta sul campo, dove trovò la morte. Con in “tasca”, leggenda narra, gli Scritti ed i discorsi di Josè Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange spagnola.
Il resto è noia.
“Hasta la victoria siempre Comandante”.
La vera Destra non ha nulla a che vedere con Che Guevara. La pseudodestra contaballe che ammicca a sinistra, come Thiriart e soci, non fa testo se non come esempio di confusionismo mentale. E Castro non seguì alcuna terza via, ma si schierò con Mosca deludendo tanti suoi seguaci che avevano fatto la rivoluzione ma non per trovarsi il comunismo in casa.
Verissimo, Luca
Concordo in pieno. Jean Thiriart in politica fu un gran confusionario e l’elenco delle personalità con cui cercò di entrare in contatto – da Tito a Mao – con il suo movimento Jeune Europe lo dimostra. Quello che un po’ rozzamente fu definito nazimaoismo fece solo male alla destra, come a suo tempo aveva compreso Adriano Romualdi. Che Guevara fu uno spietato assassino che ai suoi subalterni aveva impartito l’ordine: Nel dubbio fucilare. La trasformazione del suo volto in un’icona romantica è una delle conferme della capacità della sinistra di creare miti del tutto fuori dalla realtà.