Amare la società capitalista e l’economia di mercato, basata sul profitto, risulta molto difficile, quasi impossibile. Le manca la legittimazione profonda che avevano, invece, le società aristocratiche, grazie alle origini remote consacrate dal volgere dei secoli. A capo di queste entità sociopolitiche vi era spesso un re legittimo, che andava oltre se stesso: una presenza simbolica, spesso sacrale, in cui ognuno poteva riconoscersi.
Il borghese e il rivoluzionario
A differenza del deputato dei sistemi liberal-rappresentativi, prodotto dei sistemi elettorali mai definitivi, il militante rivoluzionario, il comunista, propone di rappresentare una legittimità disinteressata e garantita dai “domani che cantano”, dal futuro riscatto, dalla prossima emancipazione in un futuro di cui verosimilmente non farà parte. Il rivoluzionario appare ai suoi contemporanei avulso dai legami concreti, poiché senfe di far parte di un’élite del domani.
L’imprenditore, l’artigiano, il commerciante – in una parola, il borghese – è solo individuo e cittadino. Il suo essere coincide, in ultima analisi, con la ricchezza del momento, la quale non ha legittimità. La ricchezza è aleatoria e la povertà non risulta quasi mai legittima.
Il comunista e il fascista
Nella societa’ capitalista il consenso è temporaneo, debole, e l’autorità non ha legittimazione certa e durevole. Il bisogno di consenso nei sistemi democratico-rappresentativi li rende problematici, specie quando difettano di una classe dirigente capace. Da qui crisi ricorrenti e insoddisfazione dilagante.
Non sorprende quindi che intellettuali, masse e i fautori della uguaglianza e dei diritti abbiano condiviso l’illusione comunista, così come, con lo stesso meccanismo, i fautori della società organica e del radicamento comunitario abbiano generato il fascismo.
La nazione o l’umanità
Fascismo e comunismo hanno suscitato l’entusiasmo di milioni di uomini. Non essendo illusione vissuta sotto il segno della comunità nazionale, come era il fascismo, il comunismo crede di operare in nome dell’universa umanità e finisce per accostarsi all’universalismo dei diritti, propria delle società liberali e dei sistemi capitalistico-rappresentativi.
Il comunismo diventa, allora, non un tragico equivoco, non un errore colossale, ma un mero fraintendimento, un’occasione mancata, un’impazienza, soprattutto da coloro che non l’hanno provato in corpore vili.
Il fascismo è esecrato e nessun discorso storico su di esso viene accettato, anzi un qualsiasi richiamo comunitario finisce per essere condannato, quando negli anni ’50 se ne dibatteva serenamente. Il comunismo, invece, sotto le spoglie dell’antifascismo, continua ad agire. Quanto detto puo’ essere la chiave per comprendere alcuni aspetti della attuale, complessa situazione in Francia e non solo.
Il comunista non ha, e non ha mai avuto, nessuna vera legittimità. Solo rivalsa sociale e palingenetica attesa di una fantomatica giustizia futura. Un raccontino diventato più tragedia che speranza.