Il mio primo ricordo (avevo 4 anni), il 23 maggio 1953, fu un tornado che abbattè 47 metri della guglia della Mole Antonelliana. Ai grandi, quel crollo rammentava la guerra.
La Mole è un notissimo edificio, simbolo cittadino di fede nel progresso, in stile neo classico, neogotico, eclettico, eretto dal 1863 all’89; la più alta costruzione in muratura del mondo per parecchi decenni (167,50 m.), sita in Via Montebello 20, che io vedevo tutti i giorni uscendo da casa mia, in Via Ormea. Il mitologico genio alato assiro ne adornava la sommità; danneggiato da un temporale nel 1904 fu sostituito da una stella. Progettata da Alessandro Antonelli (Ghemme 1798–Torino 1888), architetto e uomo politico affascinato dalle idee innovatrici e grandiose del positivismo, che deve la notorietà alla Mole, la sua opera più famosa. Follia e megalomania? Chissà. Nacque come sinagoga, poi la Comunità ebraica, di fronte al continuo aumento dei costi ed all’emergere di interrogativi strutturali, ‘riuscì’ a cederla (immagino grazie anche a contiguità massoniche) alla Municipalità. La nuova guglia, internamente metallica, fu collocata alla fine del 1960, per il Centenario dell’Unità. Oggi è sede del Museo Nazionale del Cinema. Ai miei occhi infantili una costruzione bizzarra, inquietante, lugubre, abitata da morti o da spiriti maledetti, infernali: la guglia abbattuta dal fulmine scagliato da un iracondo Zeus... Con annesso disagio.
Grattacielo è, universalmente, un edificio a torre nel quale primeggia lo sviluppo verticale. Il termine deriva dall’inglese skyscraper (che ‘gratta il cielo‘, utilizzata anticamente per indicare gli alti alberi maestri delle navi britanniche). Alla fine dell’800 si riferiva ad edifici di oltre dieci piani, poi, con l’evoluzione tecnologica, il termine è stato impiegato per edifici assai alti: oggi per costruzioni superiori a 300 metri si usa supertall e, oltre i 600 metri, megatall. Il grattacielo vide la luce a Chicago nel 1885, con l’ Home Insurance Building (di 12 piani, demolito nel 1931),utilizzando una struttura in acciaio. Ritenuto il primo per le dimensioni, ma soprattutto per l’uso del telaio metallico. Prima, alcune cattedrali cristiane, in Inghilterra e Germania erano stati gli edifici più elevati del mondo. Anteriormente il Faro di Alessandria (completato verso il 280 a.C.) che aveva un’altezza di circa 100 metri. Per migliaia di anni la Grande Piramide di Cheope in Egitto (146,50 m., circa 2550 a.C.) è stata la struttura più alta, seppur non abitabile. Così la full metal parigina, Tour Eiffel del 1889, fino al ‘30, al Chrysler Building newyorchino. L’evoluzione del design dei grattacieli è storia di progresso tecnologico e di cambio delle aspirazioni e cultura delle società.
(Dahttps://it.wikipedia.org/wiki/Storia_degli_edifici_alti_del_mondo; it.wikipedia.org/wiki/Grattacielo)
Grattacieli simboli di potere finanziario e di affermazione politico-ideologica
All’inizio del ‘900, i grattacieli art déco, rappresentati dal Chrysler Building di New York, celebravano lo slancio e l’ottimismo dell’epoca, dopo gli orrori della WWI, con linee geometriche, aerodinamiche, una decorazioneopulenta, orgogliosa. New York, Chicago e Mosca (con le ‘Sette Sorelle’ dell’epoca staliniana, infine la torre di Ostankino per radiotelediffusione del ’67). Simboli di potere finanziario (30 Rockefeller Plaza, Chrysler Building, Empire State, Trump Tower, Twin Towers ecc.), come di affermazione politico-ideologica (Hitler soffriva di vertigini, dal canto suo, non amava il Nido d’Aquila al Berghof, ma si compiaceva con la maquette di ‘Germania ‘di Speer). Lo schema costruttivo si basava sempre sull’uso del cemento armato o dell’acciaio. Dopo il 1998 il primato si spostò nell’emisfero orientale, grazie alle Petronas Twin Towers di Kuala Lumpur, del ‘98. Taiwan ha detenuto il record fino al 2009 col Taipei 101, che venne superato in quell’anno dal Burj Khalifa, a Dubai: 829,80 m. di altezza, 165 piani, 57 ascensori ecc., l‘edificazione del quale ha richiesto l’opera di ben 12.000 operai (e decine di morti).
L’inferno di cristallo, un film catastrofico; Metropolis, un capolavoro dell’espressionismo
Mio disagio, accennavo. Non vera e propria fobia o terrore. Non l’acrofobia, paura di cadere nel vuoto, delle altezze e dei luoghi elevati, con crisi d’ansia, un’angoscia che rende intollerabile l’accesso a tali luoghi; neppure la megalofobia, paura delle cose grandi, grattacieli(pensiamo al Buffalo City Hall, 1931) o navi, con attacchi di panico, respirazione e battito cardiaco affannosi. Che non è scomparso col tempo ed ancor oggi, se sono invitato al ‘Restaurant Club Piso 40′ di Montevideo (WTC, Torre IV), dove io vivo, recente, quadrata come una delle Torri Gemelle di New York, provo fastidio e timore sui rapidi ascensori, l’idea dell’enorme vuoto sotto ai miei piedi e la sensazione strana che una volta arrivato in cima all’edificio di 40 piani, dove c’è il ristorante, io possa perdere il controllo di me stesso e scaraventato giù da un impulso irrefrenabile. Peraltro tutto è protetto da vetri ermetici! Preventivamente ingoio un ansiolitico, ad ogni buon fine...
Assai prima delle terrificanti immagini delle Twin Towers, dell’11 settembre 2001, commisi l’errore di andare a vedere L’inferno di cristallo, un film catastrofico del 1974 diretto da Irwin Allen e John Guillermin, situato aSan Francisco. Con un cast d’eccezione: Steve McQueen,Paul Newman, William Holden, Faye Dunaway, Fred Astaire, Susan Blakely, Robert Wagner, Susan Flannery ecc. Straordinario, ma popolò per un pezzo i miei incubi notturni. Magari fossi rimasto ai grattacieli, pur sconvolgenti, di Metropolis di Fritz Lang (1927), cult filmmuto, ambientato nel 2026 distopicamente, habitat della classe ricca ed intellettuale che detiene con cinismo il potere, mentre i poveri ed ignoranti lavorano duramente sottoterra…
Lo sviluppo edilizio delle grandi città statunitensi è parallelo ad Hollywood. Il grattacielo diventa così luogo fulcro della vicenda del movie; con le sue forme quasi irreali rafforza le scene di maggior drammaticità. Il colosso di vetro e acciaio non simboleggia tranquillità e serenità, trasmette pericolo, angoscia, come già in Metropolis. Skyscraper è un muto del 1928, diretto da Howard Higgin. Nel 1933 l’Empire State diventa interprete della scena principale di King Kong, paradigmadella lotta fra uomo e natura. Il Chrysler Building è usato nel cinema di fantascienza per le sue linee ornamentali art déco, somma di eccessività e mistero: in Armageddon(1998), ove la guglia è abbattuta da un meteorite; in Godzilla (1998), ove i missili, lanciati per uccidere la bestia, finiscono per distruggere il Chrysler stesso; nei fumetti de I Fantastici 4 ed altri. Ne La fonte meravigliosadi King Vidor (1949), un grattacielo è protagonista assoluto, oggetto del carattere visionario, tenace dell’architetto Howard Roark, impersonato da un grandeGary Cooper.
(Cfr. Architetture per il cinema: il grattacielo di Francesca Puleo, 2015, in www.thewalkman.it)
La Torre Littoria, ‘dito del duce’
La Torre Littoria, il più antico grattacielo di Torino, si erge in Via Viotti, incombente su Piazza Castello, 21 piani, 87 m. di altezza. Venne progettata nel 1933 e costruita, in pochi mesi, lavorando pure la notte, conpotenti riflettori dell’Esercito, ad uso uffici e residenze di prestigio, per la Società Reale Mutua Assicurazioni. Si disse anche per essere la sede, mai installata, della Casa Littoria. La Torre è il segno manifesto, pedagogico, del rinnovamento urbano segnato dalla totale ricostruzione di Via Roma ed isolati adiacenti, un’opera colossale. Nasce, tra molte critiche – soprannominata il ‘dito del duce’, anche se, pare, non particolarmente apprezzata dal medesimo – come un’icona modernista (linee curve, cotto, cemento,vetri) intrisa di richiami alla Bauhaus, all’espressionismo tedesco, che male si armonizza con la struttura edilizia barocca circostante.
Rappresentò, per l’epoca, un concentrato di innovazione tecnologica, dato il largo uso di materiali come vetrocemento, clinker, linoleum. Fuanche il primo edificio in Italia ad essere stato realizzato con struttura portante metallica elettrosaldata. Uno dei simboli del nostro razionalismo, dovuto alla collaborazione tra l’architetto sardo Armando Melis de Villa e l’ingegner Giovanni Bernocco.
I grattacieli ‘cosiddetti tascabili’ voluti dalle sinistre
Fino agli anni ’60, quando fu eretto il Grattacielo Rai, degli architetti Domenico Morelli e Aldo Morbelli, in Via Cernaia 33, 72 m., 20 piani, Torino non ebbe altri veri grattacieli.
Durante la WWII la città soffrì dagli Alleati reiteratibombardamenti terroristici sulla popolazione civile, tra l’11 giugno 1940 ed il 4 aprile 1945 (pur essendo il Regno del Sud cobelligerante dal ’43). I morti furono 2.199. Su 217.562 abitazioni esistenti nel 1940: 15.925 completamente distrutte (7,32% del totale); 66.169 danneggiate gravemente e rese inabitabili (30,41%). Nel centro cittadino (assolutamente privo di obiettivi militari), le distruzioni colpirono il 58% delle abitazioni, i vani messi fuori uso furono ben 160.000. I bombardamenti sono poi stati marginalizzati dalla memoria, dalla narrativa nazionale ufficiale. Alle Elezioni Amministrative del novembre ‘46 il Partito Comunista risultò il più votato con 104.844 voti (33,24 %). Secondo fu il Partito Socialista di Unità Proletaria, con 85.363 voti (27,07 %) che costituì una maggioranza col PCI, con 49 seggi su 80. Dal 28.4.1945 al ‘51 si susseguirono tre sindaci comunisti, Giovanni Roveda, Celeste Negarville, Domenico Coggiola. La situazione abitativa era grave anche a causa dei molti sfollati di ritorno.
Fu varato il Regolamento Edilizio nel 1947, con Assessore all’Edilizia il socialista on. Guido Casalini. E lì inizia una vicenda che si prestò a critiche, a varie letture (si parlò di ‘favori personalizzati‘), cioè le deroghe a detto Regolamento per edificare, su aree bombardate: 1. Una costruzione all’angolo tra Via XX Settembre e Via Santa Teresa (Torre XX Settembre) di 15 piani; 2. Un edificio nella spina di Piazza Solferino, all’angolo di Via Pietro Micca (Torre Solferino), di 15 piani; 3. Un grattacielo all’incrocio di Via XX Settembre e Corso Matteotti, (Casa Saiba), di 14 piani, sede del cinema Reposi, il maggiore della città.
Il dottor Casalini (era medico) rispose in Consigliocomunale, un po’ semplicisticamente:
‘Le regole elaborate non sono per costruire grattacieli. Si è voluto soltanto regolamentare la costruzione dei grattacieli cosiddetti tascabili. Si tratta difatti di piccoli grattacieli che difficilmente potranno superare i 15 piani e non di grattacieli di 50-80 piani‘.
(Cfr. Politecnico di Torino, La ricostruzione del centro storico di Torino dopo la seconda guerra mondiale. Il dibattito e le scelte del Consiglio Comunale 1945-1959 di Simone Licco, 2018.https://webthesis.biblio.polito.it/8578/1/tesi.pdf).
Quello che è certo, è che furono edificati tre ‘orrori’,tre ‘grattacieli tascabili’ che ripudiavano persino alla mia sensibilità di bambino-adolescente (congetture maliziose sulle deroghe a parte, naturalmente) per gli inadeguatiaccostamenti con chiese barocche e costruzioni di volumi contenuti, per l’assoluta insensibilità architettonico-ambientale, per lo sfregio, chissà, che i social-comunisti vollero infliggere alla ‘parte borghese’ della città (in Corso Giacomo Matteotti, già Oporto, aveva la sua residenza anche la famiglia del defunto Edoardo Agnelli, figlio del fondatore della Fiat, e vi abitò poi, a lungo, l’avvocato Gianni Agnelli).
Parlando di ‘cose brutte’, come dimenticare la Torre BBPR? Un edificio di 15 piani ubicato in Piazza Statuto e Corso Francia. Realizzato per la Reale Mutua Assicurazioni tra il 1959 e il 1961 su progetto dello Studio BBPR (già autore della celebre Torre Velasca), che rappresenta un raro esempio italiano di architettura post-razionalista, brutalista, neoliberty, di scuola milanese.
La top ten (orribile anglicismo!) dei grattacieli torinesi
Al netto del mio scarsissimo amore per il verticalismo edilizio (adoro le ‘città piatte‘, ammetto qualche campanile e torre medioevale), propongo, per una sorta di pura pignoleria masochisteggiante, una scorsa ai restanti 7,oltre la Mole, la Torre Littoria, il Grattacielo RAI:
Torre Lancia. Borgo San Paolo. Sede uffici, ispirata al‘Pirellone‘ milanese di Giò Ponti, nel 1953 disegnata dall’architetto Nino Rosani, con 16 piani ed un’altezza di 65 mt. Contribuì alla crisi finanziaria della Casa automobilistica, alla sua cessione nel ’56 al cementiere Pesenti (infine alla Fiat nel ’69 per un’altra più grave crisi). Al di sotto passa via Vincenzo Lancia, il geniale fondatore.
Grattacielo Intesa Sanpaolo. Corso Inghilterra 3, Porta Susa. Al terzo posto degli edifici più alti spicca oggi, con i suoi 167,25 m. di altezza (25 cm. meno della Mole), 38 piani, quello progettato da Renzo Piano (2011–‘14). Ai150 m. una gran serra bioclimatica aiuta a regolare la temperatura interna in modo naturale. Ci sono: un ambiente espositivo ‘Spazio Trentacinque‘; un rinomato ristorante, ‘Piano 35‘, il più alto d’Italia; un lounge bar dal panorama spettacolare. Un edificio all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità ambientale, dicono, con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e 1.600 mq.di pannelli fotovoltaici installati sulla facciata sud. L’acqua piovana viene raccolta ed usata per innaffiare la serra ed il sistema di illuminazione si autoregola in base alla quantità di luce naturale ed ai fruitori presenti...
Torri Michelin Nord. Uno dei due ‘Villaggi Media‘costruiti per le Olimpiadi di Torino 2006. Gli edifici, del 2005, sono compresi nel quadrilatero Corso Mortara, vieOrvieto, Mondrone, Tesso. La torre est è alta 74 m. ed è stata progettata dallo studio AI, con la parte di isolato che si affaccia sul parco; la torre centrale, alta 78 m., è stata disegnata dallo studio Picco, insieme all’edificio posto in prossimità dell’angolo nord-est dell’isolato; la torre ovest,alta 72 m., dall’architetto Giorgio Rosenthal, unitamenteagli edifici su Via Orvieto.
Torre Cselt. Con i suoi 75 m. di altezza c’è la Torre Cselt. Progettata dall’architetto Nino Rosani per il Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni (CSELT), in Via Reiss Romoli, 274. La sottile costruzione, ed il resto del complesso, è stata edificata nel 1965 come sede di laboratorio di misure per la radio–propagazione delle antenne, rielaborazione funzionale delle torri piezometriche.
Residenza La Torre. Progettata dallo Studio Picco,completata nel 2006, la torre, di 19 piani, è nota anche come Torre Valdocco. Costruita nel rione Spina 3, dove sorgono le Torri Michelin Nord, la Residenza La Torre spicca per i suoi 66 m. di altezza nell’area che un tempo ospitava l’omonimo stabilimento. Fronteggia il parco scientifico e tecnologico ‘Environment Park‘.
Case-Torri Di Vittorio. Le costruzioni sorgono sull’area una volta occupata dal dazio nord nel quartiere di Pietra Alta. Altezza di circa 70 metri. Rappresentano un esempio di edilizia pubblica
innovativa, realizzate utilizzando la tecnologia coffrage tunnel in cemento armato, già usata in Francia. Gli edifici si compongono di due moduli doppi di torri di 21 piani,nel triangolo compreso fra i Corsi Vercelli, Corso Giulio Cesare e Via Stefano Tempia. Progetto: Cooperativa Polithema.
Grattacielo Regione Piemonte. Via Nizza 330. Al primo posto degli edifici più alti il progetto di Massimiliano Fuksas, la nuova sede della Regione Piemonte, un’altezza di 209 metri, 42 piani. I lavori si sono discostati dal progetto originario dell’architetto, che ha disconosciuto la paternità dell’opera. All’inizio del 2000 la Regione Piemonte decide di accorpare in un’unica sede tutti gli uffici. A vincere il concorso è il progetto dell’architettoFuksas: un vetrato parallelepipedo, alto 100 m. da costruirsi in Borgo San Paolo. La successiva Giunta Regionale cambia idea sulla collocazione, scegliendo il quartiere Nizza–Millefonti, per riqualificare l’area giàindustriale. Nel 2007 Fuksas presenta un nuovo piano perun edificio alto il doppio (!), 200 m. I lavori partono nel 2011, tuttavia, sorge una lunga vicenda giudiziaria sull’appalto, le spese sostenute ecc. Ritardi su ritardi, anche intoppi di tipo tecnico; undici anni dopo l’inaugurazione, mentre il trasferimento degli uffici è completato nel ‘23. Il ‘Piemonte‘ è il terzo più alto in Italia, dopo la Torre UniCredit, di 231 m. e la Torre Isozaki (Allianz) di 209,20 m., a Milano. Considerato da alcuni un modello di innovazione tecnologica per la messa in sicurezza, riduzione dei consumi, efficienza energetica.
Un monumento protervo alla cattiva burocrazia trionfante?
Fin dove utile o necessario? Lasciamo stare il ‘bello‘,credo finito ad inizio ‘900 o con l’art déco. Ho la non–originale sensazione che la politica (di ogni colore) e la burocrazia, collusa con frange imprenditoriali, si sostengano vicendevolmente con la finalità della propria sussistenza e crescita, a livello locale, nazionale ed europeo. Per creare ovvi profitti e ‘posti di lavoro’ (che bloccano iniziative seriamente utili, infrastrutture, non lefavoriscono), moltiplicano appalti, spese iperboliche – ognuna genera congrue commissioni e tangenti – per l’autoreferenziale necessità di avanzare, occupare ‘spazi‘. Collocare en passant parenti, amanti, amici, le comparse dell’infinito mondo della sottopolitica, dei finti esperti, dei consiglieri fasulli, dei media compiacenti. E ripartire deiquattrini, soprattutto in vista di votazioni (o subito dopo), alle clientele elettorali, sindacali, di categoria. E che dire (in tema di contra legem triumphi) dei pletorici apparati di difesa, sicurezza, pubblici e privati(zzati), delle avide corporazioni; della micro-macro criminalità e narcotrafficoin aumento, nel disinteresse pratico delle istituzioni, anzi, condizionandole? Senza dimenticare chiese, agenzie supernazionali, ONG, ONLUS, entità di assistenza, supporto, integrazione (le variegate ‘foglie di fico‘ dell’ ‘industria della povertà’ e dell’immigrazione Lumpen, senza requisiti eppur fomentata), intermediari furbacchionifruitori di contributi, in nome della inclusione o di nuovi‘diritti‘ creati dal giustificazionismo sociologico o arcobaleno, dal lassismo: soldi, in piccola parte veicolati abisognosi, frutto di tasse, balzelli, succhiati al cittadino (a quello che non può evadere) dai poteri pubblici efinanziati, infine, da un debito mostruoso, crescente...
Come scrisse Guglielmo Giannini (tra l’altro regista del film Grattacieli, 1943, non eccelso, girato in una falsa New York) nel numero inaugurale del suo Uomo Qualunque, il 27.12.1944:
‘L’uomo qualunque che sta pagando da seimila anni le colpe e gli errori dei suoi capi, diffida di tutti i Capi, passati, presenti e futuri. È stato trascinato, contro la sua volontà, in guerre inutili e stupide, in agitazioni sociali animose e improduttive; e tutto e solo per l’idiozia, l’egoismo, l’arrivismo dei Capi, Sottocapi e Aspiranti Capi in lotta fra loro per decidere chi dovesse tosare il gregge e vendersi la lana‘.
Corollario-antagonista del famoso ‘furbo’ di Prezzolini, in Codice della vita italiana, del 1921. Il popolo bue,sempre fregato, al quale è stato sottratto, di fatto, il welfareresiduale, neppure confida nella protesta o la sa organizzare – ma quale ‘Stato di diritto, democrazia, sovranità popolare‘ (!), mugugna più che urlare –disprezzato dai media ‘progressisti‘ e dai sindacati. L’Uomo Qualunque (virtuoso), sostituito da un pessimo M5S, ha dato alla furberia poltrona una sorta di decenza politica (e quattrini che al tempo di Giannini non c’erano, neppure virtuali). O, guardando o meno il ‘Piemonte’(l’epitome del peggior magna-magna italico, il regionalismo tronfio, vacuo, pernicioso), non va più a votare, impotente, amareggiato, scettico... Giannini docebat!