Avvocati di guerra di Gennaro Grimolizzi
Nella vasta bibliografia sulla guerra in Ucraina, dominata da cronache geopolitiche e analisi militari, “Avvocati di guerra”, di Gennaro Grimolizzi, si distingue per un approccio tanto originale quanto illuminante. Il libro consiste in una galleria di ritratti umani, in cui la figura dell’avvocato diventa protagonista di una lotta tanto silenziosa quanto essenziale. Grimolizzi ci conduce in un viaggio doloroso e complesso, che attraversa i tribunali di Kiev e le carceri di Mosca, offrendo uno spaccato drammaticamente attuale del ruolo della giustizia in tempo di guerra. Il volume, che sin dalle prime pagine si impone per rigore giornalistico, è strutturato in due sezioni speculari: la prima dedicata agli avvocati ucraini, la seconda a quelli russi. È offerta una prospettiva inedita sulla guerra, assolutamente interessante, a prescindere dalle posizioni che si possono legittimamente portare avanti sul difficile conflitto russo-ucraino in atto. Gli avvocati, qui, non sono semplici spettatori o vittime collaterali, ma veri e propri combattenti, spesso costretti a lasciare le aule di tribunale per imbracciare le armi. È il caso di Ivan Mishchenko, giudice della Corte Suprema ucraina, che diventa il “Giudice Dredd” quando decide di difendere Kiev con il kalashnikov in mano. O di Anna Kuharchuk, avvocata di Kiev, che vede il suo studio legale ridotto in macerie e, nonostante tutto, continua a raccogliere prove per incriminare Putin davanti ai tribunali internazionali. Le storie che Grimolizzi racconta sono un intreccio di dolore e coraggio. C’è anche l’impegno degli avvocati dell’Ukrainian Bar Association, che tra un bombardamento e l’altro si dedicano alla raccolta di prove sui crimini di guerra.
Ma il libro non si ferma qui. La seconda parte ci porta dall’altra parte del fronte, in una Russia dove la giustizia è spesso -va riconosciuto- un’arma di repressione. Grimolizzi racconta le storie di avvocati come Dmitry Talantov, incarcerato per aver osato criticare l’invasione, o Stanislav Markelov, assassinato per il suo impegno contro le violazioni dei diritti umani.
Il merito di Grimolizzi è quello di restituire umanità a figure spesso percepite come fredde e distanti: l’avvocato come simbolo di resistenza civile, storie fatte di scelte difficili, paure e sacrifici. Si pensi ad Anna Kuharchuk, madre single che lotta per garantire un futuro a suo figlio o ad Ivan Mishchenko, uomo che sente il peso della responsabilità verso il proprio paese.
Grimolizzi entra nella psicologia dei protagonisti, ne esplora le contraddizioni e le fragilità. Il quadro è complesso e la giustizia un principio che si scontra con la dura realtà della guerra. Eppure, val forse la pena difendersi e difendere certi principi, anche quando tutto sembra perduto.
Un altro tema centrale del libro è quello della giustizia internazionale. Grimolizzi dedica ampio spazio alle iniziative legali intraprese dall’Ucraina per incriminare la Russia davanti alla Corte penale internazionale. Viene sottolineata l’importanza della raccolta di prove, della documentazione dei crimini di guerra, della necessità di non lasciare impuniti i responsabili. L’autore non si fa illusioni: sa bene che la strada della giustizia è lunga e tortuosa. Le parole di Gyunduz Mamedov, ex viceprocuratore generale dell’Ucraina, sono emblematiche: “Putin sarà giudicato, ma ci vorrà tempo. La giustizia non è mai immediata.”
E qui emerge un’altra riflessione, forse la più amara: la guerra come fallimento della giustizia. Quando gli avvocati devono lasciare i tribunali per andare al fronte, significa che qualcosa di fondamentale si è spezzato.
Ecco che Grimolizzi ci ricorda che il diritto è un presidio che deve restare e resistere sempre, anche sotto le bombe, un’effettiva ‘battaglia’ per mantenere vivi i valori che sosteniamo di difendere. Il tutto con uno stile lucido e coinvolgente, che alterna rigore giornalistico e passione civile.
Come può, insomma, la giustizia sopravvivere in tempo di guerra? Qual è il ruolo degli avvocati quando lo stato di diritto vacilla? Solo alcune delle domande cruciali che l’autore sottopone a lettori e larga comunità dei ‘responsabili’, ai più vari livelli.