Pop corn, pop corn, pop corn.
Per anni (anni!) qualche piccolo editore più a contatto con la realtà rispetto ad altri a contatto, invece, col sistema, ha denunciato i molti difetti (ha anche pregi) del format “Più Libri Più Liberi”.
E per anni i conniventi che grazie a quel sistema fatturavano, continuavano a ripetere che, se in una fiera che fa i pienoni e per di più sotto Natale non riesci nemmeno a rientrare delle folli spese, la colpa non può che essere tua e della tua offerta editoriale.
L’editore a contatto con la realtà, allora, ha in effetti dovuto abbandonare in parte l’idealismo, la qualità e l’offerta culturale “alta” (ancorché scomoda) per mera sopravvivenza.
Oggi però che quel format “Più Libri Più Liberi” ha smesso di premiare i suoi figli prediletti, il problema non è diventata più l’offerta culturale di chi ci rimette, ma il sistema stesso.
Ed è stato sdoganato il parricidio.
Alcuni esempi:
1) Il costo degli stand. È folle, com’è sempre stato folle, in rapporto ai metri quadri a disposizione.
2) La presenza presso la Fiera della piccola e media editoria di editori né piccoli né medi.
È folle, com’è sempre stato folle, equiparare nella stessa categoria chi fattura 100mila e chi fattura 10milioni. Figuriamoci chi fattura di più ma ottiene la deroga dal sistema.
3) Il pascolo di classi scolastiche che gonfiano i numeri al botteghino e affollano i corridoi per almeno 3 giorni di fiera. Gli scolari non traggono nessun valore aggiunto dall’esperienza né si avvicinano alla lettura. Anzi. È folle, com’è sempre stato folle, che passi il messaggio che una gita per saltare le lezioni possa essere utile alla promozione del libro. Solo che, fino a quando la Regione (a guida Pd) regalava i buoni libro da 10 euro che i bambini/ragazzi spendevano a casaccio senza percepirne il reale valore facendo ingrossare le casse degli editori che sfornavano appositamente prodotti-strenna, nessuno si interrogava sulla “bolla infantile” in giro per la Fiera. Oggi che manca il grano in cassa è lecito evidenziare la demagogia di queste iniziative.
4) La tutela delle librerie.
Annoso problema fuori di testa. I librai romani da anni lamentano la presenza di una Fiera che sotto Natale gli sottrae lettori, ma non è vero. Primo perché appunto viste le bolle che si creano all’Eur molti dei lettori che vanno alla Nuvola non andrebbero comunque nelle loro librerie. Secondo perché molti degli editori che espongono lì (compresi noi di Idrovolante edizioni ) sono sostanzialmente esclusi dal sistema distributivo che regola il 95% delle librerie, anche di quelle che si lamentano. Quindi i nostri libri non li trovereste comunque da loro perché nel migliore dei casi ci ignorano, nel peggiore ci boicottano.
Però di nuovo, ora che si può gettare fango sulla Fiera le istanze dei librai, inascoltate per anni (dal mio punto di vista giustamente), sembrano diventate sensate.
5) Il costo del biglietto.
Far pagare l’ingresso per una Fiera l’ammontare del costo di un libro, nonostante i contributi di tutte le istituzioni pubbliche, dei privati e degli editori partecipanti, è demenziale. Specie perché il biglietto non dà diritto a nulla. Molti editori non fanno nemmeno più sconti perché troppo preoccupati di dover rientrare dei costi incredibili dello stand. Quindi praticamente lo stesso libro ti costa di più in Fiera che su Amazon.
Problema da sempre sottolineato ma mai preso sul serio perché la barca andava e nessuno voleva sentir parlare di “ristrutturazione dei budget” in modo da non gravare sui lettori. Che vivaddio esistono ancora e se si continua a vessarli scompariranno del tutto.
6) Il politically correct.
Finché le istanze arcobaleno permettevano di fatturare (e di escludere dal dibattito chi le respingeva) il presidio culturale illuminato a governo della Nuvola era considerato il volto buono del Paese e il baluardo contro il ritorno del fascismo. Ora che i progressisti si cannibalizzano da soli, si insultano da soli, si incolpano da soli e il lettore moderato stufo del circo woke non va in fiera a spendere la tredicesima, è diventato lecito interrogarsi sull’eccesso di politically correct.
Potete prendervela con l’attuale direzione artistica quanto volete (c’è persino chi accusa Chiara Valerio di “tradimento”) ma la verità è che se la fiera vi è andata male il problema siete voi.
Perché quel sistema l’avete creato voi.