Per i liberali del nostro tempo—universalisti, razionalisti,individualisti—la Russia è irrimedia-bilmente anti-Occidente e,anzi, è la capofila di quelle medie e grandi autocrazie che vorrebbero cancellare il nostro modello di vita. E’ una tesi per lo meno stupefacente se si pensa al contributo fondamentale che la letteratura, l’arte, la musica, la scienza russe hanno dato alla formazione culturale e all’educazione sentimentale dell’Europa. Sennonché, ci si chiede, ma che cos’è poi l’Occidente e quali valori lo definiscono? In realtà, Occidente è tutto ciò che vi si è prodotto: San Francesco e i roghi dell’Inquisizione, le rivoluzioni atlantiche e le reazioni aristocratiche, Voltaire e Joseph de Maistre(il grande teorico controrivoluzionario definito il Voltaire della Reazione), l’assolutismo e il costituzionalismo, Ludwig van Beethoven–autore dell’Inno alla gioia, scelto come inno dell’Unione Europea– e Richard Wagner—la cui Cavalcata delle Walkirie in Woody Allen ingenerava l’impulso a invadere la Polonia—, Bertrand Russell e Friedrich Nietzsche, Mussolini e Lenin, Hitler e Leon Blum.. Quando si parla di difesa dell’Occidente, ci si riferisce non a tutto l’Occidente ma all’ala del castello euro-atlantico in cui sono sorte la democrazia liberale e il costituzionalismo, la limitazione della politica e la divisione dei poteri, la libertà di coscienza e la laicità. Si tratta di valori irrinunciabili, ad essere ottimisti, per un terzo del pianeta, ma indifferenti agli altri due terzi. In effetti, le democrazie non si esportano e negli stessi paesi che le hanno viste nascere versano, per riconoscimento unanime, in una crisi profonda. Vogliamo scoprirne le ragioni profonde o dobbiamo pensare a organizzarci per una crociata contro gli infedeli (autocrati e C.) e contro le loro ‘quinte colonne’ all’interno delle democrazie sotto assedio? Nel regime di anarchia internazionale, in cui vivono stati nazionali e imperi, sarebbe più saggio dividere quanti sono diversi da noi, non indurli a coalizzarsi sotto la minaccia della ‘guerra di civiltà’ che i nostalgici della guerra fredda vorrebbero scatenare; fingendo di ignorare che la guerra ora sarebbe non più fredda ma calda e atomica. (da Il Giornale)
Professore Emerito di Storia delle dottrine politiche Università degli Studi di Genova
La violenza che si sta diffondendo è frutto di un lavoro culturale preciso, svolto in tempi certi da persone note con tecniche e risultati conosciuti in università americane. Di queste elaborazioni si è nutrito per un po’ Gianroberto Casaleggio, ma non ne sono rimaste che rare citazioni mal capite, sempre a fini di carriera, nei nostri storici, in genere imbrancati a sinistra, ideologizzati, refrattari al dubbio metodico, comunque pavidi, forse ancora memori di 300 anni di assolutismo.
L’unica traccia nel discorso di Cofrancesco è la menzione Francesco d’Assisi, notoriamente un falso storico costruito a tavolino. Così università come la Normale di Pisa producono arcadi e non classe dirigente, come la Normale di Parigi.
Bisognerebbe indagare come e da chi è stato organizzato il Settecentenario dantesco, una oscena valanga di menzogne gratuite, ben riconoscibili se prese una per una, che tutte insieme danno l’impressione di una fiera o, per chi sa leggere, di una carnevalata con un “grande selvatico” da ammazzare più che da leggere o “celebrare”: Dante stesso. I 30 milioni donati ai soliti arcadi, quelli di cui parlava Salvemini, sono serviti a stendere sui veri temi una ulteriore coltre di fantasmi opachi e fuorvianti. Lavoro inutile e anche un po’ ridicolo perché previsto da Dante stesso.
Ma a noi italiani quelli stessi che hanno falsificato Francesco, per le medesime ragioni, proibiscono di sapere come e perché lo hanno fatto e continuano. Con questo precedente, immaginate i fioretti che saremo costretti a fare, con le buone o le cattive, per l’ottocentenario della morte del Poverello, così ben restituito da quella rompiscatole di Chiara Furgoni, scomparsa due anni fa, la cui tomba è stata presto chiusa ermeticamente dagli stessi arcadi/ignavi, ansiosi di liberarsi dalle sue fastidiose scoperte.