La profonda religiosità de La stanza accanto di Pedro Almodòvar, Leone d’oro all’ultima Mostra di Venezia, è nel rapporto della personaggio principale con la natura, nel ruolo di “madre, sorella e compagna”. Accarezzare gli alberi ricarica le pile dei nostri cuori.
Memore delle raccomandazioni di Carmelo Bene a chi stava per ascoltare la sua versione dei Canti Orfici di Dino Campana, a chi vedrà La stanza accanto suggerisco di essere digiuni, per percepire meglio le “farfalle nello stomaco” che agitano i pensieri.
La stanza accanto è un film didattico, da proiettare nelle scuole, come buon compendio di letteratura, architettura, arredamento, paesaggistica e meteorologia (nevica a fine aprile); è un film liturgico, perché celebra, con delicatezza, i passaggi per l’ultimo reportage; è un film terapeutico, perché, oltre a non considerare le persone “sommatoria di organi” (Umberto Galimberti), mostra le meravigliose visioni racchiuse in una scheggia di vetro (diamante dei poveri, che si trova nelle discariche dei lunotti); è un film luccicoso, perché si sta sempre con gli occhi lucidi, dove le lacrime sono il silenzioso nutrimento “dell’intelligenza del cuore” (cfr. Eugenio Borgna, scomparso a 94 anni la settimana scorsa, grande maestro della lettura del silenzio).
Ma, oltre al digiuno prima di entrare in sala, c’è un’altra raccomandazione, forse più importante: avere qualcuno vicino, per non essere soli nella discesa dantesca.
La stanza accanto di Pedro Almodòvar, con Julianne Moore, Tilda Swinton, John Turturro, Alessandro Nivola, 107′
Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Se continui nella navigazione acconsenti all'uso dei cookie.OkLeggi di più