Giovinetto – da poco smessi i calzoni corti – mi iscrissi al Partito liberale italiano.
Aveva, all’epoca, il Pli di Varese sede nella centralissima via Bernascone, al numero uno e al primo piano, salvo di lì a pochissimo trasferirsi, non so perché, al quarto.
E’ di questa seconda collocazione che vale parlare.
Imperava il ciclostile
Un lungo corridoio, in fondo al quale si apriva la porta che conduceva al vero e proprio ufficio, nel quale trovavano posto due vecchie scrivanie, una delle quali dotata di macchina da scrivere, un paio di scassatissime poltrone, addossate alle pareti a destra e a manca, qualche seggiola, una cadente libreria, il tutto illuminato da finestre, dalle quali si godeva la vista della Banca d’Italia, di Palazzo Estense, di parte dei Giardini Pubblici e della via Sacco.
Sparsi e con l’accesso sul detto corridoio, uno stanzone con un tavolo giallo e una trentina di sedie per le riunioni degli iscritti, una dipendenza dove imperava il ciclostile, il bagno.
Tramontati che furono gli anni ’50, segretario provinciale e vero patron del partito diventò lo scrittore Piero Chiara, il quale, proprio in quegli stessi anni, veniva baciato dalla gloria letteraria.
La splendida Gigliola
Con lui (che faceva uso di parte dei descritti locali per la sua attività e divideva col Pli la splendida ed efficientissima segretaria Gigliola), per molto tempo quotidianamente in sede, Bruno Lauzi, già noto come cantautore, sul punto di spiccare il volo e comunque ancora impegnato come correttore di bozze e collaboratore senza stipendio del periodico L’Altolombardo, organo del Partito a livello locale.
Responsabile cittadino della Gioventù liberale, dedito quasi esclusivamente al gentil sesso, al biliardo e alle carte e per il resto nullafacente o pressappoco, mi ritrovai assiduo frequentatore della sede, terzo “tra cotanto senno”.
“Ecco il quarto!”
Narra Indro Montanelli che allorquando gli venne idea di aderire al Pli romano, arrivato nelle storiche stanze di via Frattina, fu accolto da tre all’epoca autorevolissimi esponenti nazionali del partito – niente meno che Augusto Guerriero, Manlio Lupinacci e Panfilo Gentile – al festante grido di “Ecco il quarto”, per essere di poi coinvolto in una serie infinita di partite a scopone senza che della sua iscrizione si parlasse più.
Ecco, quanti ebbero per tutti gli anni ’60 e larga parte dei ’70 modo di frequentare gli uffici di via Bernascone, per quanto mai obbligati a partecipare, si trovarono ogni volta ad assistere a vere e proprie maratone di scopa d’assi a due, alle quali, partito verso altri lidi Lauzi, davamo vita Piero Chiara ed io.
Lavorare stanca
Furono per me quelli – per quanto incredibile ciò possa apparire ai poveri di spirito – anni di intenso apprendistato.
Nessuno, apparentemente, lavorava.
Tutti avremmo lasciato invece di noi grande traccia.