Pochi giorni ancora e, martedì 17 dicembre, secondo legge, Donald Trump sarà per la seconda volta – non consecutivamente ma ad otto anni di distanza come in precedenza solo una volta era accaduto nell’intera storia americana sul declinare dell’Ottocento al democratico Grover Cleveland – nominato, primo repubblicano in grado di compiere l’impresa, Presidente degli Stati Uniti dal Collegio Elettorale i cui cinquecento trentotto componenti (trecento dodici dei quali a lui favorevoli) sono stati eletti Stato per Stato, distribuiti proporzionalmente al numero degli abitanti quali risultano dall’ultimo Censimento decennale datato 2020, il trascorso martedì 5 novembre.
Nominato, ma in qualche misura non definitivamente.
La pressoché interminabile maratona coincidente con i bisestili a cadenza quadriennale, dapprima elettorale e poi successiva alla chiusura dei seggi, non avrà a quel punto ancora termine.
Ricevuti infatti i verbali delle votazioni collegiali dai singoli Stati, sarà il rinnovato (anch’esso il 5 novembre, totalmente quanto alla Camera e parzialmente rispetto al Senato) Congresso che si riunirà a Washington il prossimo 3 gennaio (sotto la direzione della Vicepresidente Kamala Harris chiamata in questa evenienza, come accaduto in precedenza a Richard Nixon nel 1961 e ad Al Gore nel 2001, a certificare la propria sconfitta) a ratificare tre giorni dopo l’elezione del tycoon il cui Insediamento è in programma a mezzogiorno dell’ancora seguente 20 gennaio 2025.
Solo al momento nel quale avrà giurato nelle mani del Chief della Corte Suprema John Roberts Donald Trump sarà effettivamente il quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Quarantasettesimo dopo esserne stato, come sopra detto, il quarantacinquesimo.
Ove si pensi al fatto che la straordinaria (pensando alle difficoltà affrontate, agli attacchi politici e giudiziari subiti, alla pressoché totale contrarietà dei media la cui efficacia si è dimostrata nei seggi pressoché nulla, alle falsificazioni sondaggistiche continue, alla forsennata e alla fine ridicola avversione di star di ogni e qualsiasi tipo di spettacolo, ai due Impeachment superati, agli attentati ai quali è scampato, nel primo caso davvero miracolosamente) avventura che a quel punto verrà portata a termine ha avuto inizio nella più diffusa incredulità e derisione nel giugno del 2015, quasi impossibile, prescindendo dalla appartenenza o preferenza politica, non provare stupore e meraviglia.
Impegnato con la solita veemenza, in qualche caso inciampando (un paio di scelte poco felici e rientrate, altresì in quanto di difficile approvazione dal pur amico Senato), nella composizione della squadra di governo che dovrà affiancarlo che naturalmente vuole a lui più che vicina, dovendo comunque tenere nel necessario debito conto la permanenza a White House di Joe Biden e le difficoltà conseguenti, Donald Trump ripete pubblicamente che intende portare avanti e appena possibile (in non pochi casi “il giorno stesso dell’Insediamento”) tutti i propri progetti, riguardino questi la politica interna (l’immigrazione clandestina, le tematiche sociali, l’opposizione al dilagante politically correct in ogni sua eticamente discutibile espressione) e soprattutto, considerati i conflitti in corso (il Russia/Ucraina in prima battuta senza dimenticare, per carità, Gaza), quella internazionale.
E non è forse proprio dare conseguenza alle promesse elettorali che i più votando hanno apprezzato la massima dimostrazione di democraticità?
In maggiormente lontana prospettiva, sarà Trump il 4 luglio 2026 a presiedere le celebrazioni del duecentocinquantesimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza.
Grandi, certamente, allora i festeggiamenti.
A ben guardare, però, non entusiasmanti i precedenti storici.
I Presidenti sotto il cui mandato si sono svolte le manifestazioni relative a cinquantesimo, centesimo, centocinquantesimo e duecentesimo non sono annoverati tra i grandi.
John Quincy Adams, Ulysses Grant, Calvin Coolidge e Gerald Ford, nell’ordine, non brillano.
Saprà il tycoon, al cui fianco vediamo la scintillante Melania, fare di più e meglio?
Lo vedremo, per il bene comune fortemente augurandocelo!