Se avete amato il detective Marlowe interpretato al cinema da Humphrey Bogart – cappello, impermeabile, aria da duro e sigaretta tra le labbra – be’ allora tenetevi stretto il ricordo. Sono in circolazione nuovi Marlowe che hanno ben poco in comune con il personaggio creato negli anni Quaranta dalla penna elegante Raymond Chandler. A cominciare dall’epoca di ambientazione, visto che i nuovi investigatori privati si muovono in un passato falsato o nella Los Angeles contemporanea, tra auto giapponesi, smartphone, Gps e nuovi dogmi imposti dal politically correct: poco alcol, pochissimo fumo e niente più femmes fatales.
Anche se in letteratura il fenomeno dei romanzi apocrifi è sempre esistito (si pensi a quante nuove versioni di Sherlock Holmes siano state pubblicate), è però sconcertante apprendere che lo scorso anno sul mercato americano è uscito un romanzo con protagonista un Philip Marlowe che indaga nella California del XXI secolo: The Goodbye Coast, scritto dall’autore nippo-americano Joe Ide.
Non solo. Pochi mesi dopo è stata pubblicata un’altra opera, The Second Murderer, della scrittrice scozzese Denise Mina, nella quale il detective di Chandler è sì collocato nella giusta epoca, ma è stato “sterilizzato” in base ai dettami culturali odierni, perciò lavora con un’investigatrice donna ed esprime opinioni molto “gay friendly”, per essere un uomo di ottant’anni fa. Riferendosi a un travestito, l’autrice britannica fa esclamare a Marlowe: «Ogni volta che incontro Jimmy mi sento più a mio agio con la vita!». Tanto che Maureen Corrigan, critica letteraria del Washington Post, ha ironizzato sostenendo che il personaggio di Chandler abbia abbandonato il genere hard-boiled (cioè duro) per il soft-boiled (vale a dire moscio).
Il romanzo della Mina (in foto), prima donna a confrontarsi con una riedizione di Marlowe, si è attirato un bel po’ di critiche anche per il fatto che l’autrice non è di Los Angeles, conosce poco la città e reinventa la metropoli negli anni Quaranta lavorando di pura fantasia. «Ho fatto incazzare un sacco di gente» ha ammesso nell’intervista con un reporter del Los Angeles Times. Eppure la trama è sufficientemente chandleriana: l’investigatore viene convocato a Beverly Hills da un magnate del petrolio e l’incarico che gli è affidato è quello di ritrovare la figlia ribelle, Chrissie, che ha mollato il fidanzato ricco ma sessualmente poco interessante ed è andata in cerca di avventura. Nell’indagine, tuttavia, Marlowe è affiancato da Anne Riordan, donna brillante che gestisce un’agenzia investigativa tutta al femminile. Tra i due sono scintille, ma alla fine, ovviamente, si intendono.
«La trama di The Second Murderer non ha molto senso – ha scritto il Washington Post – ma del resto non ce l’hanno nemmeno le trame dei romanzi di Chandler». Il punto forte dell’uomo che ha rivoluzionato il noir americano non è infatti l’intreccio giallo, caso mai il profilo psicologico dei personaggi, i dialoghi, l’ambientazione sociale e lo stile letterario che ha saputo traghettare il genere al di fuori delle secche della narrativa di serie B. Come ha sottolineato con un pizzico di cattiveria il migliore dei suoi eredi, James Ellroy: «Chandler scriveva trame poco plausibili, che spesso non tornavano. Era più che altro concentrato sullo stile. Scriveva dell’uomo che avrebbe voluto essere. Hammett invece scriveva dell’uomo che aveva paura di essere».
Il Marlowe di Joe Ide è invece del tutto calato nella Los Angeles contemporanea. Il sessantacinquenne scrittore nippo-californiano (in foto), noto per la fortunata serie di cinque romanzi sull’investigatore privato di colore Isaiah Quintabe, detto IQ, ha ammesso di avere avuto qualche difficoltà ad avvicinarsi al gigante Chandler: «All’inizio ero elettrizzato, come lo sarebbe stato qualsiasi scrittore di gialli. Poi, andando avanti, mi sono spaventato». Il detective di Ide vive a Santa Monica, fa videochiamate ai clienti, guida una Mustang GT del 2008, veste in giacca e cravatta ma con un tono più sportivo del suo predecessore degli anni Quaranta. Beve e fuma con moderazione ed è sempre sensibile al fascino femminile, tuttavia non incontra più sul suo cammino quelle “bambole” sexy descritte nei sette romanzi originali, scritti fra il 1939 e il 1958. Fra l’altro, a livello stilistico, Joe Ide opta per una più distaccata narrazione in terza persona, rispetto alla coinvolgente prima persona di Chandler.
Anche in questo caso la trama del romanzo è in linea con la tradizione: Marlowe viene chiamato da un’attrice di secondo piano di Hollywood per investigare sulla scomparsa della figliastra, che si è allontanata dopo la morte del padre; ma le indagini ben presto si intrecciano con un’altra storia, quella di una professoressa di letteratura che assomiglia a «una giovane Charlotte Rampling» (è una citazione del film del 1975 interpretato da Robert Mitchum) che incarica Marlowe di ritrovare il figlio, forse rapito dall’ex marito.
Il risultato, stando alla critica americana, non è molto soddisfacente. Sempre sul Washington Post, Maureen Corrigan ha commentato: «A parte il titolo allusivo e un protagonista chiamato Philip Marlowe, il rapporto fra The Goodbye Coast e i romanzi di Chandler è lo stesso che esiste tra Roma, la capitale italiana, e Rome, cittadina nello Stato di New York».
Dietro queste operazioni editoriali non c’è soltanto l’ambizione di autori che osano sfidare il mito, ma anche un vorticoso giro di interessi gestito dagli eredi del celebre scrittore, che già nel 1989 autorizzarono Robert B. Parker a completare Poodle Springs, romanzo rimasto incompiuto al momento della morte di Chandler nel 1959. In seguito Parker scrisse un altro libro di Marlowe nel 1991 e nel 2014 John Banville pubblicò The Black-Eyed Blonde con lo pseudonimo di Benjamin Black, opera tradotta anche in Italia, da Guanda, con il titolo La bionda dagli occhi neri. «Tutte queste pubblicazioni sono il segnale di una nuova e più aggressiva mercificazione di Chandler», osserva Nate Rogers sul Los Angeles Times.