Franco Trabattoni, noto studioso di Platone, è docente di Storia della filosofia antica alla Statale di Milano. È nelle librerie, per i tipi di Carocci, un suo studio davvero rilevante. Ci riferiamo a, Eros antico. Un percorso filosofico e letterario (pp. 154, euro 16,00). Ne consigliamo vivamente la lettura in quanto l’autore, nelle sue pagine, entra con pertinenza argomentativa, analizzando criticamente una messe di testimonianze filosofico-letterarie assai vasta, il senso che all’eros fu attribuito nel mondo antico, in particolare in Grecia. Scopo del saggio è: «squadernare, dipanare e sviluppare, seguendo la traccia di alcuni autori antichi, le potenzialità dirompenti celate nella nozione di eros» (p. 13). La potenza erotica, infatti, è destabilizzante, s-determina, proprio come l’arte autentica, le identità costituite. Ne ebbe contezza in epoca moderna, nota Trabattoni, Leopardi, che fu, non casualmente, accorto lettore di Platone. Il grande recanatese comprese riflettendo sugli innamoramenti da lui stesso vissuti in prima persona, che la forza dell’amore pone in relazione, in modalità a volte ambigua, particolare e universale, uno e molti, la nuda esistenza e il suo bisogno d’assoluto, sempre vago eindeterminato.
L’incipit del volume ha al proprio centro alcune figure omeriche e accentra l’attenzione su Paride ed Elena, soggiogati dall’amore. Nel primo, se abbiamo ben compreso, l’autore individua una chiara messa in discussione dell’etica areteica, fondata sui valori virili propri dei guerrieri e dell’aristocrazia ellenica cantata da Omero nell’Iliade. Elena, felicemente coniugata con Menelao, incarnazione di tale visione del mondo: «lo ha lasciato per unirsi con un uomo (Paride) che non è un uomo» (p. 25). Paride, infatti, è un uomo che si sottrae al conflitto, alla battaglia. L’etica areteica per lui è mera finzione. Egli, e la stessa Elena, sono latori di una bellezza divina, ammagliante, la quale, sensibilmente, attraverso gli occhi e la vista, affascina. Paride si sottrae al giudizio degli anziani consiglieri di Priamo, ieraticamente assisi presso le porte Scee. Questi sanno che: «la divina bellezza di Elena è potente e meravigliosa e al tempo stesso terrificante, minacciosa, pericolosa» (p. 28). Il nostro anti-eroe, nonostante ciò, non vuole combattere, il valore virile al tempo condiviso dai suoi pari dirango, non fa presa sul suo cuore, è messo in discussione da eros, da cui è perdutamente preso. Non conosce la vergogna del disonore: «non conosce il coraggio e dunque non sa che cos’è la virtù» (p. 42). La sua è una diversa concezione della vita, non espressa a parole, ma manifestata dai sui atti condizionati dalla potenza erotica. Il suo dire, nel colloquiare con il fratello Ettore, trasforma il desiderio del piacere erotico nel suo contrario, nellosfogo di un dolore. Il suo è un modo di rapportarsi alla vita di tipo femmineo, per questo è biasimato. Di contro, come sosterrà Gorgia, Elena in quanto donna, è per natura soggetta alla volubilità e, per questo, è innocente. Il sentimento in lei travolge il nous.
All’amore, del resto, soggiacciono gli stessi dèi. Eros scioglie le membra, è abbandono all’altro, mancamento corporeo, che tanto assomiglia al venir meno del corpo al momento della morte. È mania, a volte violenta. Nell’eros avviene: «un incontro immediato di causa ed effetto […] tra un elemento fisico esterno […] e un elemento psichico/interno» (p. 58), che tutto travolge.All’amore è consustanziale l’idea di pharmakon che, al medesimo tempo, ferisce, fa “ammalare”, ma può anche guarire, trasformarsi in medicina. É potenza riconnetteva che ci ri-conduce all’uno.Platone ha colto in modalità paradigmatica l’ambiguità di eros. Gli amanti, nel Simposio, spiega Trabattoni, paiono aver contezza che l’appagamento sessuale allude: «sempre a una dimensione ulteriore che va al di là della pura sessualità, a una pienezza che la completa e la ingloba» (p. 93), all’androgine, all’eidos. Ogni esistenza si è generata dalla scomposizione dell’unità originaria, per cui: «il moto a ritroso che tende a recuperare l’unità perduta […] sembra non solo del tutto naturale, ma in linea di principio anche sempre possibile» (p. 95). Ciò significa che al centro del desiderio d’amore non vi è un oggetto esterno ma: «una parte del nostro stesso essere che ora ci manca» (p. 96). Siamo esseri divisi, sessuati, che, a differenza dei nostri progenitori asessuati, veniamosospinti da una tensione, proprio dell’intera physis, che ci induce a sopravvivere, individuando nell’atto sessuale uno strumento di perpetuazione di noi stessi. Una coazione inerziale a tenere in vita la vita, attraverso l’amore.
A ben guardare, nel Simposio, il discorso di Diotima configura due possibilità, l’una afferente ai “Piccoli misteri”, l’altra riguardante i “Grandi misteri”. Nei primi, l’eros si presenta quale desiderio d’immortalità, in un contesto nel quale Platone sembra non far riferimento all’immortalità dell’anima. La tensione erotica ha qui funzione meramente surrogativa. I secondi, invece, pongono l’accento sulla “qualità” dell’oggetto erotico, in un graduale processo di elevazione spirituale: «ciò che più si avvicina a conseguire lo scopo del’eros sarà quella cosa […] che più e meglio “profuma” di eterno […] l’immortalità ideale generata dalla procreazione dei figli e dal ricordo che gli uomini possono lasciare di sé con le loro opere» (p. 121). Dalla bellezza dei corpi, alla fine del discorso di Diotima, si passa alla bellezza in sé, all’universale. Solo quando si sia giunti a tanto, i “Piccoli misteri” possono venir messi da parte. Diversa la situazione del Fedro, dialogo nel quale Platone reintroduce il tema dell’immortalità dell’anima. Nel secondo discorso di Socrate: «al posto dell’astratta staticità di una contemplazione […] Platone non esita a ricavare le conseguenze implicite nel fatto che eros è desiderio di possedere le cose per sempre» (p. 134). L’unica soluzione sta nell’immortalità dell’anima e nella metempsicosi, in particolare dei filosofi, capaci, attraverso l’anamnesi, di conseguire il ritorno epistrofico al Bene-Bello. A questa via auspicabile, ma non garantita, Platone affianca una via secondaria, surrogatoria, che guarda, comunque, al modello androginico,paradigma regolativo dell’agire umano: può anch’essa indurre felicità. La dimensione eidetica è garanzia del “successo” della seconda via, che muove dal molteplice della physis, proprio come, in ambito politico, la Repubblica ideale deve fungere da guida per la costruzione degli Stati reali.
Eros antico è testo da tenere in seria considerazione poiché immette il lettore nelle vive cose della cultura ellenica.