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mplacabile nelle argomentazioni dottrinarie e politiche, quanto nell’incredibile fisicità in campagna elettorale.
Un “fuori categoria”, negli anni ’60, nel panorama italiano, sebbene questo non fosse desolato.
Era così il carismatico segretario nazionale del Partito liberale italiano, Giovanni Malagodi.
Elefantini in (dis)ordine
Che avesse perfino lui qualche debolezza veniva sussurrato solo da chi – Piero Chiara in testa – narrava la maniacale cura nel disporre sul tavolo, nello studio di via Frattina a Roma, gli elefantini di cristallo nel tempo collezionati, la cui collocazione voleva inattaccabile, che, per innervosirlo, il senatore Aldo Bozzi, spesso in visita esclusivamente a questo fine, modificava.
“Vescica di ferro”
Nella polemica, Malagodi aveva ricorrenti espressioni, tra le quali, in sede di confronto e quando attaccato con argomentazioni adulterate, una formidabile: “Lei mente sapendo di mentire!”.
Usava a volte insulti alternativi, tipo “Suino verticale”.
Lasciò traccia un suo “Vescica di ferro” detto a un notissimo deputato, impegnato in un intervento/maratona in aula, per ritardare l’approvazione di una legge che riteneva iniqua.
Mai in bianco
Ottantenne, attaccato da un settimanale su differenti piani, Malagodi replicò per iscritto solo all’accusa di tingersi i capelli, che lui negava, vantando una resistenza alla canizie fuori dal comune.
Produttore di vino e olio in una bella tenuta presso Siena, lo colsi durante pranzi e cene intento a convincere il titolare del ristorante ad acquistare i suoi articoli, dei quali illustrava l’inimitabile qualità.
Uno sguardo dal palco
Al di là delle numerose occasioni di incontro con Malagodi – l’esordio in piazza del Garibaldino, a Varese, quando, davvero giovane, ebbi ad introdurlo sul palco al via di uno dei suoi eleganti ed argomentati comizi – quel che mi resta, purtroppo, è il rammarico nel suo sguardo, che colsi nell’ultima circostanza di dialogo, seguente l’abbandono da parte mia, nell’estate 1978, della politica.
Si sarebbe votato a giugno. Correvano i giorni conclusivi del maggio 1979.
Per la prima volta, dalla tornata elettorale comunale del 1960, invece di essergli in qualche modo a fianco, Malagodi orante in città, ne ero solamente, nel corrisposto dispiacere, un da lui, ovviamente riconosciuto, spettatore.