Rodano, Loira, Canal du Midi, Marna ma anche Epernay, Langres, Chaumont, Lione, Marsiglia, Sète, Chalon-sur-Saone e tanta parte della rete di fiumi, affluenti, canali esplorati da Georges Simenon nel 1928, a 25 anni di età, quando, stufo dalla vita mondana parigina, decide di partire per un viaggo – che dura sei mesi – con una barca grande quattro metri per uno e sessanta, chiamata Ginette, sospinta da un motore di tre cavalli. Parte in compagnia della moglie Tigy, della colf Boule (che presto divenne sua amante) e del mastodontico cane Olaf, un danese di circa sessanta chilogrammi. Non si trattò di una semplice scampagnata perché Simenon, come spiega nel libro appena pubblicato da Adelphi, Una Francia sconosciuta (il resoconto di questo viaggio), dovette affrontare diverse traversie: dormire sotto una pioggia torrenziale, gareggiare con le chiatte trainate dai cavalli per arrivare alle chiuse prima di loro, sguazzare nel fango, sfiorare rocce e pietre a pelo d’acqua. Insomma, non proprio una passeggiata.
Viaggio intrapreso per conoscere non la Francia delle cartoline, quella su misura per i turisti, ma la Francia alternativa, diremmo oggi. Con lo stupore nello scoprire paesini e cittadine che rivolgevano la parte anteriore verso il fiume. Simenon definisce questi paesi “la Francia sorridente” e gli dedica un capitolo apposito. Il libro è arricchito da 64 fotografie belle, a metà fra cronaca e ritratto. Sì, perché, due anni dopo, nel 1931, la rivista “Vu” gli commissionò un reportage sulla “Francia reale” e così il giovane Georges partì in auto, in compagnia di un fotografo di origine ceca, il diciannovenne Hans Oplatka, che scattò oltre duecento fotografie destinate a illustrare il testo del reportage, in seguito libro intitolato Una Francia sconosciuta o l’avventura fra due sponde. Non fu un viaggio di piacere, un passatempo, ma l’occasione per scoprire gli angoli seminascosti e interessanti della Francia, per poter conoscere uomini e donne, luoghi e sapori. Alla fine, assicurava che i reportage non li aveva mai scritti per i giornali dove erano stati pubblicati ma solo per sé stesso. E spesso nei suoi romanzi le ambientazioni, i personaggi, i particolari di certe situazioni erano tratti proprio dai reportage che aveva fatto e che gli avevano ispirato trame, dinamiche e situazioni di vita. Era il modo migliore per conoscere la Francia ma anche per conoscere sé stesso, i luoghi e la vita. E girare per i fiumi e canali della Francia non era mai un viaggio o un passatempo ma un lavoro come macchina per scrivere, macchina fotografica e risme di carta dimostravano. E tutto “trasudava gioia di vivere” osserva commentando le immagini che gli si paravano davanti, come le donne sul greto del fiume che lavavano i panni con allegria, la vita lenta e dolce che si viveva nei villaggi. In filigrana Simenon poteva leggere il rapporto fra uomo e ambiente, strettamente connesso.
Questo libro traccia il sentiero esperienziale del giovane Simenon che viene documentato con gli episodi che si susseguivano nei varii giorni. Non è solo un viaggio, ma un percorso metaforico che si trasformerà in una opportunità di crescita per lo scrittore belga che riflette sullo stretto legame fra passato e presente facendo di questo libro un’esperienza imperdibile per chi è alla ricerca di sé stesso e della comprensione di luoghi e persone.
Georges Simenon, Una Francia sconosciuta, Adelphi ed., (trad. di Maria Laura Vanorio, con una nota di Ena Marchi); pagg. 187 di cui 64 f.t., euro 16