Presentare a Genova L’invenzione dell’antifascismo di Pietro Cappellari (Passaggio al bosco Editore) ha dato il pretesto a contestazioni di piazza. Dino Cofrancesco, docente emerito di Storia delle dottrine politiche, colpito dal silenzio degli intellettuali liberali, si chiede se esistono ancora esistano. Uno dei superstiti, Mauro della Porta Raffo, evoca qui le “sue” elezioni.
Marzo 1972: il presidente della Repubblica Giovanni Leone scioglie anticipatamente le Camere e indice per il maggio le elezioni nazionali. Responsabile da un paio d’anni del Partito liberale a Varese e vice segretario provinciale, con Piero Chiara – leader del Pli varesino, che aveva incarichi politici locali e nazionali, ma li celava perché professionalmente nocivi – e pochi altri, mi trovai organizzatore e poi protagonista della campagna elettorale. Prima incombenza: trovare i 7 candidati della Provincia per la Camera dei Deputati, da aggiungere (il Collegio era formato dalle Province di Como, Sondrio e Varese) a 8 comaschi e 4 valtellinesi.
Onorevole uscente vuol rientrare
I candidati dovevano essere rappresentativi, ma non porre in dubbio la rielezione del lariano Piero Serrentino, che – essendo l’elezione di un solo onorevole del Pli certa nella Circoscrizione – voleva esserne sicuro. Di più: i 7 candidati non avrebbero dovuto minare la seconda piazza,ambita dal gallaratese avv. Victor Nicoletti. I due concorrenti di Varese finirono per essere Enzo Alioli – commerciante di acque minerali relativamente giovane, che così si metteva in luce per le amministrative del triennio dopo – e il sottoscritto. Compii 28 anni in quella campagna e ciò faceva di me il più giovane in lizza.
Giorni indimenticabili
La conquista dei voti di lista e soprattutto delle preferenze durava 45 giorni, nei quali non si dormiva, non si lavorava, si dimenticavano mogli e figli e si spendevano fiumi di energie e di denaro, raccolto quest’ultimo in ogni modo e per ogni dove, con perorazioni, richieste a volte talora umilianti e promesse, delle quali già ci si dimenticava, mentre, con un assegno in tasca, ci si allontanava verso altre incombenze.
Andare in piazza
Impossibilitato a fare di più dagli accordi intercorsi coi comaschi e da non superabili ristrettezze economiche, condussi la mia campagna soprattutto nel vero Varesotto: la verde plaga che dal capoluogo si spinge verso il lago Maggiore e la Svizzera (Lavenese, quindi, Valcuvia e Luinese da una parte, Valceresio e Viggiutese dall’altra). A volte solo, più spesso a rimorchio dell’avvocato Nicoletti e di Alioli, mi toccavano visite ‘pastorali’ nelle sezioni del Pli della zona or ora indicata e comizi su palchi in ogni piazza centrale dei paesi.
“E’ il tono che fa la canzone!”
Improvvisatore nato, trovavo leggermente ridicolo che Victor Nicoletti proponesse di luogo in luogo e, diceva lui, proprio perché di fronte a sempre diversi ascoltatori, il medesimo discorso che in pochi giorni avevo finito per imparare a mia volta a memoria. Dopo oltre 50 anni sento ancora la sua forte e tuonante voce chiedere voto per il Pli e preferenza per noi 3: uomini, garantiva, in grado di costruire un futuro migliore per tutti. “Lo so”, aggiungeva, “è una musica non nuova alle vostre orecchie. Molte altre volte vi hanno fatto consimili promesse. Ma il nostro tono è diverso ed è il tono che fa la canzone!”
Comizi in solitaria
Capitava, poi, per senso del dovere, parlare dove si raccattavano pochissimi voti. Rammento allucinanti comizi serali in piazze deserte, con quel “manigoldo” di Piero Chiara che, guardandosi bene dal fare altrettanto, ci spronava a salire sul palco e a parlare, perché qualcuno ci avrebbe senz’altro ascoltato da dietro le tapparelle e le persiane chiuse delle case circostanti!
Ingrassato (non si potevano rifiutare inviti a pranzo o a cena – a volte, due di seguito – di “amici” liberali), distrutto dalla fatica, ma strafelice e ‘gasatissimo’, come Dio volle, arrivai in fondo a quella vera e propria maratona.
Serrentino tornò alla Camera; Nicoletti, che per qualche giorno aveva sperato di più, arrivò secondo. Io presi circa un migliaio di voti di preferenza. Ne fui soddisfatto quasi quanto di essermi trovato il sul palco di un comizio a Varese nientedimeno che con Giovanni Malagodi, il nostro mitico Segretario nazionale.
Consigliere provinciale
Quando il Pli ancora ‘teneva’, nel 1975, fui eletto consigliere della Amministrazione Provinciale di Varese. Ma i giochi volgevano al termine. Di li a poco, obbligato dagli incarichi di politico e di pubblico amministratore, a candidarmi nuovamente per la Camera, in una congerie negativa, pur ancora sostenuto da un consistente numero di elettori, fui coinvolto in una delle peggiori débâcle del Pli.
Presto, fra un po’ si chiude
Era il 1976, finiva lì (me ne sarei reso conto solo un paio di anni dopo) la mia vita “politica” e cominciava in quel momento ad allentarsi l’ultraquindicennale sodalizio con Piero Chiara, col quale sempre più raramente mi sarei scontrato, carte in mano, a scopa d’assi nella sede del Pli di via Bernascone. Non molto tempo ancora e in città il caffè Centrale e il bar Pini – laddove ci eravamo affrontati e, come si conviene tra avversari, pesantemente insultati con le stecche da biliardo in mano – avrebbero chiuso i battenti.
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