Possiamo dire oggi, alla luce delle abbondanti ricerche storiche e con piena sicurtà di coscienza che il comunismo, che l’Autore chiamava Bolscevismo negli anni ’40 del secolo scorso, sia stata l’ideologia più mortifera e criminale dell’intera storia moderna. E che nessun regime al mondo ha eguagliato i misfatti, le violenze, le torture e le uccisioni dei paesi in cui la falce e martello si è impossessata del potere (Urss, Cina, Corea del Nord, Cuba, Europa dell’est, etc.).
Aldo G. Ricci introduce il testo proponendo una breve ed interessante biografia del Manacorda (1879-1965), giornalista, letterato e studioso, certamente sconosciuto ai più. Guido Manacorda, toscano tutto d’un pezzo, è stato un dotto germanista, specializzatosi alla Normale di Pisa e poi in Germania, il quale tradurrà in italiano opere letterarie complesse come il Faust di Goethe e i libretti musicali di Wagner.
Dopo aver partecipato come volontario alla prima guerra mondiale, insegna a Napoli e poi nell’amata Firenze, approdando ad un fiero cattolicesimo, a seguito dei vulcanici letterati Papini e Bargellini, coi quali darà vita alla celebre rivista Frontespizio. Durante gli anni del fascismo, e anche grazie al suo rapporto diretto con Mussolini, Manacorda si impegnerà per la pacificazione nazionale, sancita dal Concordato del ’29 e dalla Conciliazione definitiva tra lo Stato italiano e la Chiesa di Roma. Per tutto il ventennio il Nostro scriverà su giornali di primo piano come Il Corriere della Sera e La Nazione e pubblicherà saggi letterari, storici, religiosi, e perfino un’opera teatrale sulla figura di san Paolo.
Proprio per sostenere la «crociata mondiale» contro il comunismo ateo, Manacorda farà degli studi approfonditi sull’ideologia marxista e nel 1940 farà uscire il poderoso volume presente, il quale come nota il Ricci fu «un grande successo editoriale» (p. V) e sarà ampliato e ristampato più volte. Quella che il lettore ha in mano è l’edizione del 1942, con vari dettagli sulla guerra in corso.
Il saggio di Manacorda è quasi enciclopedico e si divide in 4 parti, distinte e ben articolate tra loro, in modo da fornire una completezza di informazione e di analisi, che può dirsi sufficiente ed abbondante per capire quale flagello sia stato il comunismo per l’umanità.
Dopo 5 medaglioni dedicati ai principali esponenti del comunismo e del marx-leninismo (Marx, Engels, Lenin, Stalin e Trotzki), di cui Manacorda descrive con onestà vizi e virtù, l’Autore si diffonde con maestria e competenza nei gangli non facili della dottrina marxista, mostrando finemente tutte le contraddizioni logiche e politiche connesse coi dogmi socialisti: la lotta di classe (peccato originale del comunismo), la miserabile dittatura del proletariato (con cui si vogliono liberare i popoli), le cosiddette «sovrastrutture», il mito quasi teologico dell’uomo nuovo, la giustificazione della violenza rivoluzionaria, etc.
Di sorprendente attualità i 2 capitoli dedicati all’ateismo marxista, che non fu mai un mero accidente in quell’oscura ideologia, ed al rapporto storico-filosofico tra comunismo e cristianesimo (pp. 57-72 e 73-83). Le prove che porta l’Autore sulla «antireligiosità integrale» e sull’«irriducibile anticristianesimo» (p. 62) sono numerose, vagliate sui testi e convergenti.
Ad esempio, nel Manuale del materialismo dialettico (1934), «testo ufficiale e obbligatorio per l’insegnamento» si dice che qualunque tolleranza della religione è estranea al marxismo. Ma già il Programma del partito nel 1919 dichiarava «il completo progressivo annientamento di ogni pregiudizio religioso» (p. 59).
La seconda parte del testo indaga la morale, la politica e l’economia messa in atto in Urss, seguendo-tradendo i principi di Marx. Nella terza parte si tratta con meticolosità e mille esempi della letteratura, dell’arte e della propaganda socialista, gli ambiti in cui storicamente eccelsero i militanti rossi e le loro quinte colonne diffuse nella società civile (dagli «intellettuali organici» al servizio del partito sino agli idioti utili).
Una quarta parte conclusiva raccoglie alcuni documenti sovietici oggi quasi irreperibili (discorsi di Stalin, brani della Costituzione dell’Urss, le «letture sovietiche per le scuole infantili», le Istruzioni per gli organizzatori dei senza-Dio, etc.) oltre a vari testi anticomunisti.
Seguono delle tabelle con l’ordinamento (politico, amministrativo e giudiziario) dell’Urss, la struttura interna del partito, i salari e i prezzi nel «paradiso socialista», etc. Chiude il volume, che comporta anche numerose fotografie d’epoca, un prezioso indice dei nomi e delle cose citate, di quasi 20 pagine, e una bibliografia, datata ma sempre valida come fonte storica, di oltre 60 autori che trattano del comunismo.
Indagando il dna del comunismo sovietico, Manacorda mostra quale sia l’essenza profonda e costitutiva dell’ideologia socialista: e questa non è certo la «solidarietà con i poveri» o la denuncia della «ingiustizia borghese», elementi che sono stati solo l’occasione storica per la nascita del comunismo. Anche perché questi ideali, di schietto sapore evangelico, sono così condizionati dai tempi, dai luoghi e dalle circostanze che non è mai esistita una ricetta economica unica ed immutabile per aiutare chi è meno abbiente o marginale nella società.
I cardini fissi del comunismo sono altri e hanno a che fare con la filosofia. L’ideologia del comunismo, secondo la sintesi del Manacorda (che ha potuto leggere in lingua originale i fondatori Marx ed Engels), è il materialismo assoluto e il parallelo rifiuto di ogni visione spirituale, trascendente e religiosa dell’esistenza, specie quando questa è strutturata in una organizzazione visibile o Chiesa universale. Questo è il cuore dell’ideologia.
Il cuore della prassi invece, pur nelle variazioni storiche tra comunismo e comunismo, da Lenin a Mao, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, è la legittimazione politica della violenza. Questo tema risulta oggi abbandonato dai progressisti filo marxisti (al contrario del materialismo), mentre ancora negli anni 70 e 80 del secolo scorso era rivendicato apertamente, e non solo dalle Br.
E cosa ci insegna il manuale del Manacorda per il presente? Ci insegna che lo spirito residuo del comunismo, che può esistere anche senza l’Urss e Pol Pot, si confonde e si invera nello spirito più liberal del capitalismo e del globalismo. Uguale la visione materialista e nichilista di fondo, identica l’idea del dover a tutti i costi vivere in un «paradiso in terra», stesso disprezzo per gli antichi ed eterni ideali della religione, della tradizione, del patriottismo e della famiglia, educatrice, unita e fedele. L’uomo senza Dio di oggi, esattamente come l’uomo forgiato da Marx, essendo come è normale «assettato di gioia», ma «confondendo la felicità con lo statico materiale benessere», «viene per l’appunto ad abbeverarsi alla fonte stessa del dolore» (p. 326).
L’Autore, che ancora nel 1956 il gesuita Domenico Mondrone ricordava sulla «Civiltà cattolica» (cf. Solitudine di un combattente: Guido Manacorda, vol. 3, quaderno 2548), ha scritto più per il XXI che per il XX secolo.
Guido Manacorda, Il Bolscevismo, Oaks, 2024 [1940], pagine 504, euro 28,