Volga Blues – Viaggio nel cuore della Russia è un reportage, inchiesta di Marzio G. Mian noto per aver viaggiato in una cinquantina di Paesi del mondo. Nel 2023 ha ricevuto a Berna il True Story Award, un premio per il miglior reportage internazionale. Volga Blues è un bellissimo libro viaggio durato quattro settimane nelle quali l’ autore ha percorso ben seimila chilometri attraversando questo enorme Paese seguendo il corso del fiume Volga. A questo punto è utile spiegare quale è stata la molla, l’ occasione di questa impresa e Mian racconta che si trovava a Berna in compagnia di Daniel Bernet, direttore di “ Reportagen”, una rivista di giornalismo narrativo con cui collabora. Con loro c’era John Mac Arthur, editore di “ Harper’s Magazine”. Insieme commentavano un articolo della stessa rivista, un duro atto d’ accusa molto documentato sulle responsabilità della Nato sulla crisi ucraina e l’invasione russa, causata dalla politica dei democratici con Clinton già negli anni novanta. Anni nei quali la Russia, erede dell’Urss, viveva un periodo di grandi difficoltà e chiedeva che la Nato evitasse l’ allargamento nelle ex repubbliche, in particolare l’ Ucraina. Mian evidenzia il fatto che Mac Arthur fosse sorpreso che in un mondo ormai globalizzato si sapesse poco di quel Paese se non cronache derivanti dalla propaganda di regime.Non solo, Mac Arthur, accusava gli Usa e l’ Europa di ostracismo culturale che impediva d’aver maggiore conoscenza della Russia e della sua civiltà.
E’ nata così l’ idea coraggiosa, anzi, azzardata, d’ intraprendere il viaggio senza visto giornalistico rischiando l’ arresto. Il senso del viaggio proprio lungo il Volga in compagnia di due guide di fortuna, Vlad e Katja nomi di fantasia su un Van, sta nel significato che il fiume assume per i russi e anche per tutte la varie etnie che formano la Federazione. Se il Volga è il fiume, Mian ce lo spiega incontrando, prima di iniziare il viaggio, a San Pietroburgo, il direttore dell’ Ermitage, Michail Piotrovskij che dice: “ La Russia non esisterebbe senza il Volga. E’ stato tutto ed è ancora tutto. E’ l’ energia della patria. Totem e destino. E’ l’ autobiografia di un popolo”. Ecco perché l’ idea di seguire questo fiume e tutte le regioni che attraversa, significa raccontare la storia del Paese dalle origini ad oggi nel quale convissero popoli di nazionalità diverse, dagli ugro-finnici ai nomadi del sud, all’ islam, al cristianesimo ortodosso. Il direttore dell’ Ermitage fa capire a Mian e a noi che il vero multiculturalismo è il loro non quello dell’ Europa in cui, dice, “le città scoppiano d’ odio”. Aggiunge: “ Noi, senza chiacchiere, includiamo tutti perché siamo una civiltà imperiale”. Poi, cita Stalin che diceva: “ Sono russo di nazionalità georgiana”. Questo è già un primo assaggio di cosa sia stata ed è la Russia e come vede noi occidentali attraverso le parole del direttore del museo. Quindi viaggiare lungo il Volga ha il significato di ripercorrere secoli di storia succedutisi nella varie zone attraversate da Marzio Mian quali, ad es, da Pietroburgo ad Astrakan, Tver’, Dubna, Novgorod, seimila chilometri fino al mar Caspio sempre con la paura di essere intercettati dal Fsb, l’ ex Kgb. Il Volga, quindi, come Matuska, la Piccola Madre , cioè il cuore della fede e dell’ identità russe ed è anche il confine culturale anche se non geografico costituito dal fiume Ural ed è sul Volga che le vicende storiche indicano Europa ossia apertura od oriente chiusura. C’è una parola importante nella lingua russa ed è passionarnost , termine coniato dal figlio della grande poetessa Anna Achmatova non a caso ripreso da Putin secondo cui è “ l’energia interiore della nazione, la capacità di sacrificarsi per un bene comune superiore”.
Per capire quale sia la percezione, il giudizio che l’ occidente ha della Russia, Mian riporta ciò che disse il metropolita Tichon in un’ intervista citando l’ imperatore Alessandro III secondo cui “ l’ occidente ha paura della nostra vastità”. Sempre il metropolita si riferì a Cristoph von Munnich che nel 1700 si trasferì in Russia, che disse: “Lo stato russo ha un vantaggio rispetto agli altri, in quanto è governato da Nostro Signore Iddio. Sennò non si spiegherebbe come riesca a resistere”. Questo vuol dire che i russi hanno combattuto e combatteranno sempre ogni tentativo di aggressione e di imposizione esterna. In tutto il suo viaggio, all’ autore nei suoi vari incontri con persone di regioni diverse come anche di estrazione culturale diversa, gli è stato fatto capire che la Russia per la sua storia, la sua geografia, la sua religione si trova in una posizione autonoma fra Europa e Asia. In conclusione, dalla lettura di questo grande reportage, emerge un dato di fondo, inconfutabile e cioè che del passato sia nel bene che nel male rivoluzioni, stalinismo, ortodossia, sentimenti fascisti, nulla viene rinnegato perché facente parte della sua storia e che il sentimento patriottico, il senso di nazionalità prevaleva anche per fare un esempio sullo stalinismo il cui padre brindava al popolo russo più che al comunismo avendo sconfitto con più di 10 milioni di morti la Germania nazista.
La stessa era putiniana è vista dai russi come quella che li difende e che nella continuità ne assicura determinati valori che non sono quelli occidentali visti come corrotti nel senso culturale come ad es droga, lgbt, omosessualità. Putin ha il consenso della maggior parte dei popoli della federazione perchè ha risollevato le sorti del Paese dopo la crisi economica, sociale, culturale seguita al crollo dell’ Urss e alla fase caotica con la gestione di Eltsin. Putin difende la Russia e ne rivendica la diversità pur essendo anche europea dall’ occidente.
Bell’articolo, denso di verità normalmente sottaciute.