Nel 1970 lo scrittore tedesco Hans M. Enzensberger nel suo libro “Politica e Terrore” racconta la storia di un soldato americano disertore, Edward Donald Slovik.
E. D. Slovik è passato per le armi il 31 gennaio 1945 , a Sainte-Marie-aux-Mines, nei Vosgi. Le istruzioni: un muro parapallottole con il delinquente in piedi. Un palo al quale sarà legato il delinquente in modo che non cada in avanti. Un cappuccio nero di stoffa opaca. I membri del plotone dovranno sparare mirando al cuore.
Eddie Slovik: “Voi non mi uccidete perché sono un disertore, sono migliaia i disertori. Mi uccidete perché da ragazzo ho commesso qualche furto”. Questa la sua ripetuta difesa.
È l’unico disertore fucilato durante tutta la guerra. La moglie: “Era molto sfortunato. Una calamita per le sciagure”. Il vecchio direttore del carcere: “Non tollerava la violenza, questo può essere stato il suo peccato”. Il giudizio su Slovik giovane: timoroso, un irresoluto. Un comportamento da furfante.
Nel 1942 viene congedato perché nella categoria 4F, indegno di combattere. Trova un lavoro e sposa Antoinette. Appartamento, automobile, cinema e birreria. Hamburger e coca cola. Una vita tranquilla e per loro felice. Nel novembre del 1943 l’acquisto e la consegna del nuovo arredamento della casa. Lo stesso giorno riceve una lettera il cui sunto dice che dalla categoria F4 può essere trasferito alla A 1 (idoneo servizio armato) e deve presentarsi alla commissione di leva. Antoinette piange. Era un addio al loro misero sogno. Il sogno dell’american way of life. La cartolina precetto susseguente all’esame lo ritiene idoneo e lo manda al reclutamento. Antoinette aspetta un bimbo e Eddie parte per il Texas.
Nelle sue lettere dall’addestramento: “Qui è come una prigione. Amore mio, al poligono ho tirato a vuoto. Non volevo sparare, mi hanno costretto”. Ancora: “Fanno dei fantocci di giapponesi, dobbiamo infilzarli con la baionetta. Non mi piace.” Scriveva: “Sono un idiota di polacco. Non ho mai imparato niente. Ah amore mio, perché non ci lasciano in pace?”
Il 7 agosto 1944 con la nave Aquitania da New York raggiunge un porto della Scozia. Fa amicizia con un altro polacco, John Tankey. Poi Edimburgo e il 20 agosto è in Normandia, a Omaha Beach. Dopo qualche miglia di marcia lo scontro con i tedeschi, il combattimento a Elbeuf che Tankey racconta.
Gran fuoco di artiglieria, viene dato l’ordine di scavare delle trincee personali. Per questo il gruppo si divide, si sparpaglia. Arrivano dei carri armati, sono canadesi. Slovik e Tankey che sono rimasti soli si uniscono a loro. Si premurano di scrivere al reggimento che erano rimasti bloccati. Eddie getta le munizioni e le sostituisce con carta da lettere, per la sua Antoinette. Dei contadini catturano un pilota tedesco, lo picchiano. Eddie lo protegge e gli offre sigarette, per lui non è un nemico. Non sa cosa vuol dire.
Slovik e Tankey ricevono l’ordine di ricongiungersi al loro Battaglione e lo eseguono. Come si presentano Eddie posa il fucile e se ne va. L’amico lo rincorre, lo prega di tornare ma Eddie insiste: “So quello che faccio”. Tankey viene mandato al fronte, è ferito da uno shrapnell a una gamba. Finisce in ospedale, non ha mai più visto Slovik.
Eddie alcuni giorni dopo si presenta alla mensa del quartier generale e chiede da mangiare. Consegna un foglio al cuoco che lo passa ai suoi superiori. Il pezzo di carta stropicciato contiene la confessione di Slovik di essere un disertore. Si conclude con: “Io ricomincerò a scappare se mi manderanno al fronte”, la sua firma. Perché di sua spontanea volontà si condannava a morte? L’articolo 58 del codice penale militare per questo reato prevedeva la morte. Forse confidava in un atto di clemenza molto usato con altri. Non immaginava che sarebbe stato l’unico disertore fucilato contro i 40.000 accertati, senza contare il milione di imboscati. Inoltre quelli con le lesioni volontarie e altri imbrogli messi in atto per evitare il servizio militare.
Eddie è imprigionato. Il suo guardiano: “Era un ragazzo docile. Scopava e lavava i pavimenti, aiutava in cucina. Altri ragazzi erano già passati alla corte marziale. Gli avevano dato vent’anni ma sapevano che alla fine della guerra sarebbero stati rilasciati”. Eddie lo aveva sentito ed era tranquillo. Un colonnello cerca di portarlo alla ragione: “Torni alla sua unità e cercheremo di coprire tutto”. Eddie: “No, non posso sparare”. Non recede dal suo comportamento.
Il 12 novembre 1944 il tribunale militare si raccoglie. L’udienza dura poco più di un’ora e nel verdetto l’imputato è colpevole. La sentenza: “… condannato ad essere espulso dall’esercito, con perdita di paga e passato per le armi”.
Il presidente della corte marziale: “Non conoscevamo i precedenti penali, pertanto non hanno influito. Ho fatto ripetere la votazione tre volte. Provocava l’autorità dello Stato, era giusto punirlo. Ma non pensavo che sarebbe stato giustiziato, nessuno di noi. Quando l’ho saputo sono rimasto sorpreso, sbigottito”. Quasi a scusarsi.
Nei successivi passaggi giudiziari non ci sono tentativi di modificare la pena. Subentra la necessità di dare un forte esempio, esemplare! Oltretutto allegano il suo passato di detenuto, cinque anni di prigione. Un macigno che grava sulle decisioni, sui pareri. Eddie diventa una cosa astratta. Ormai non è più una persona, è un valore negativo da colpire. Da estirpare.
Slovik scrive al Generale Dwigt D. Eisenhower storpiandone il nome, spiega la sua storia. Non voleva disertare aveva solo paura, anche a causa della sua nevrosi. Chiede la grazia per la moglie che lo aspetta a casa. E inneggia alla vittoria. Il generale non ha mai ricevuto la lettera comunque controfirma che la sentenza è confermata ma l’esecuzione sospesa per l’articolo 50 1/2. Questo prevedeva di controllare tutta la procedura e se consigliare o meno l’uso del diritto di grazia. Una proforma senza significato. Si cita la fedina penale, Eddie non è cambiato e non è degno dell’indulgenza dei giudici. Non merita alcuna attenuante. La litania di Svolik: “Mi fucilano perché a dodici anni ho rubato del chewing-gum e del pane”.
Il 24 gennaio 1945 arriva l’ordine dall’alto comando che dispone l’adempimento del giudizio, specifica chi deve eseguirlo. Un componente del plotone: “L’ho visto che aveva già il cappuccio. Dopo è stato letto un rapporto che motivava l’uccisione ed eravamo tutti d’accordo. Io avrei voluto fucilarli tutti i disertori!”.
Il cappellano ai componenti il plotone: “La responsabilità della morte del poveretto ricade sull’autorità, voi dovete fare il vostro dovere“. Eddie si confessa e riceve la comunione. Mentre si dirigevano al posto prescelto Eddie recitava delle preghiere a voce sommessa.
“Fuoco”. Eddie si piega in avanti, il suo corpo ha come un tremito. Il dottor Reugelot: “I tiratori avevano fatto un cattivo lavoro. Il cuore non era stato colpito. Respirava ancora”. I militari ricaricano i moschetti. Il dottore: “Il soldato Svolik è morto”. Si risparmiano così la seconda scarica prevista dal regolamento.
Un messaggio urgente e segreto con il consueto gergo magro asettico conferma l’avvenuto. Il dossier Slovik è chiuso con la sua Passione. Ancora una volta gli uomini hanno liberato Barabba.