Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo l’introduzione al saggio “Oro contro lavoro” di Claude G. Bower
Jefferson versus Hamilton: l’eterno duello
Claude Gernade Bowers (1939-1958) è stato un apprezzato commentatore della storia americana, di cui fu anche un importante protagonista: giornalista, scrittore ed esponente politico del Partito Democratico, egli ha anche ricoperto l’incarico di ambasciatore degli Stati Uniti d’America: prima in Spagna, durante gli infuocati anni della guerra civile, e poi in Cile; in entrambi i casi nominato personalmente dal Presidente F.D.Roosevelt, di cui era caro amico e fidato collaboratore.
Jeffersoniano di ferro, sopportò diplomaticamente il tradimento degli ideali del New Deal e il coinvolgimento americano nella Seconda guerra mondiale, e, pur non essendo un diplomatico di formazione né di professione, venne apprezzato come uno dei migliori e più popolari rappresentanti del governo statunitense in America Latina, nonostante non sapesse neppure parlare spagnolo.
Di umili origini, non poté permettersi di frequentare il college, ma ovviò al deficit di studi regolari come autodidatta, con una irrefrenabile passione per la lettura e una innata capacità dialettica, che lo facilitò sia nella carriera giornalistica sia in quella politica. Oratore brillante, fu anche, e forse soprattutto, uno scrittore prolifico e molto apprezzato, specialmente al di fuori della cerchia degli specialisti e delle università.
Questo saggio su Jefferson e Hamilton, per esempio, fu oggetto dell’unica recensione mai scritta – ovviamente elogiativa- dal Presidente Roosevelt, e fu tradotto in molte lingue, diventando un vero e proprio best-seller mondiale. Lontano da ogni velleità accademica, Bowers fu un autore popolare, che nei suoi libri di storia racconta fatti e personaggi con uno stile divulgativo e accattivante, senza però mai allontanarsi dalla pura e semplice verità. La sua visione della storia americana, come ricorda nella premessa a questo volume, è “plutarchiana”, ovvero è la storia degli uomini e delle loro personalità, descritti in un contesto di crisi: l’emancipazione delle colonie e la nascita della Repubblica, lo scontro tra popolo e nobili nell’era di Jackson e la immane tragedia della guerra civile, gravida di conseguenze per gli U.S.A., come verrà dettagliatamente raccontato in un altro best-seller di Bowers, The Tragic Era. The Revolution after Lincoln (1929).
Lo stile accattivante, la non appartenenza alla casta degli accademici, e soprattutto la dichiarata simpatia per il presidente Jefferson, gli attirarono, tra gli altri, anche le simpatie di Ezra Pound, che consiglia i libri di Bowers ai suoi corrispondenti, e lo cita nei Cantos, all’inizio dell’LXXXI, riportando un suo giudizio sulla sanguinosa Guerra civile spagnola: “but such hatred I had never conceived such” (“non avevo mai immaginato un tale profondo odio”).
La rivalità tra Jefferson e Hamilton, qui descritta in modo esauriente e chiaro, è uno dei temi che stanno più a cuore a Pound, per il quale “la lotta fra finanza e popolo si rinnovò nella battaglia tra Jefferson e Hamilton, e più chiaramente quando il popolo fu capeggiato da Jackson e van Buren”. Lungi dall’essere un’affermazione di una voce eccentrica e isolata, questa opinione viene ripresa, anni dopo, da un altro intellettuale brillante e raffinato: Gore Vidal. Nella sua storia delle origini degli Stati Uniti d’America, egli riassume così le divisioni della politica americana:
“Si può sostenere che la grande divisione della vita politica americana sia stata quella fra i federalisti delle origini e i repubblicani (…). Le due personalità che rappresentano questi poli opposti -per chi ama personalizzare l’astratto- sono Hamilton e Jefferson. Secondo Hamilton: << il debito nazionale, se non è eccessivo, sarà per noi una benedizione nazionale>>. Jefferson era di parere opposto, schierandosi contro <<lo spirito di indebitamento, che, dopo la teoria moderna della perpetuazione del debito, ha inzuppato la terra di sangue e schiaccia gli uomini sotto pesi in continuo accrescimento>>”
Rileggere, adesso, della rivalità tra due indiscutibili giganti, come furono Thomas Jefferson e Alexander Hamilton, a prescindere da chi dei due riscuota o meno le nostre simpatie, non può che riconciliarci con la storia e la politica degli Stati Uniti, considerato il fatto che, oggi, la contrapposizione tra i due partiti Democratico e Repubblicano è purtroppo affidata a due leader quanto meno “discutibili”, che dimostrano quanto siamo lontani dagli ideali dei Padri fondatori che seppero fare una vera Rivoluzione e costruire una nuova Nazione.