Dal 29 ottobre gli abitanti della regione di Valencia vivono un inferno. In poche ore erano piovuti 400/500 litri d’acqua per metro quadrato: quasi le precipitazioni abituali di un anno.
Molti hanno perduto beni, case, soprattutto parenti, travolti dal mostruoso torrente, di una potenza inimmaginabile alle nostre latitudini. Conseguenze del dissesto idrogeologici ancor peggiori che quelle in Italia.
L’ultimo bilancio del diluvio spagnolo è di 223 morti. E potrà solo salire. Sui social gli appelli ai testimoni per ritrovare i dispersi – ancora 77 – lasciavano poco alla volta il posto a carte di identità che spezzavano il cuore: un nome, un volto e la menzione “localizzato” e “senza vita”.
Dal 29 ottobre questi uomini, queste donne, questi bambini, aiutati da volontari dallo straordinario slancio, si sono battuti a mani nude per rimuovere il fango, sopravvivere, ritrovare i morti, sentendosi abbandonati dai poteri pubblici, soverchiati dalle dimensioni della catastrofe.
Sebbene disponibile, il soccorso aveva avuto grandi difficoltà ad arrivare fino ai sinistrati. Ponti distrutti, strade interrotte, reti elettriche e acquedotti devastati, centinaia di auto impilate le une sulle altre, che bloccavano le persone negli edifici e rendevano sempre più complessi i rifornimenti, non bastavano a spiegare i ritardi degli aiuti e dell’esercito. Era dunque una popolazione stremata che la coppia dei sovrani è andata a incontrare.
Il re Felipe e la regina Letizia accompagnavano il primo ministro, Pedro Sánchez, e il presidente della regione, Carlo Mazón, a Paiporta, epicentro della catastrofe. “Andatevene! Assassini!”.
Le immagini del corteo delle personalità, che procedeva tra insulti e il lancio di oggetti, sono eloquenti. Mentre il primo ministro e il presidente della regione venivano allontanati, il re e la regina erano rimasti, per tentare di recare alla popolazione furente e in lutto la compassione attesa da cinque giorni. Tra invettive e rimproveri che presto si mutavano in lacrime di disperazione, i sovrani ascoltavano, stringevano le mani tese, abbracciavano le vittime prostrate. Sui loro volti la gravità del momento. Colpita da sofferenze e disperazione che la circondavano, la regina era in lacrime.
Dopo questi incidenti, che hanno costretto i sovrani a rinunciare alla seconda visita in una località vicina, il re ha detto di aver “compreso la collera” delle vittime, ha esortato a “dar loro la speranza e garantire che lo Stato sarà presente nella sua pienezza”.
Un appello tanto più urgente perché, la sera stessa della visita, un allarme rosso era diffuso tra gli abitanti, già così provati, della regione.
Point de Vue n. 3977
Ma che cosa c’entra il re? Che se la prendessero con quell’immondo socialistoide corrotto di Sánchez, el sepulturero…