Come si è già avuto occasione di accennare in precedenti occasioni ogni innovazione tecnologica porta delle modifiche nella vita pratica delle persone, una cosa ovvia ma che si deve sottolineare altrimenti non si capirebbero alcuni fenomeni recenti. Si pensi non dico ai telai meccanici all’inizio della rivoluzione industriale, ma ad esempio all’automobile, all’aeroplano, ma anche a oggetti ormai di uso comune come può essere il telefono: tutte invenzioni che hanno abbreviato le distanze fisiche avvicinando popoli e nazioni le une alle altre velocizzando i rapporti e i collegamenti, modificando in sostanza la nostra vita e i rapporti personali.
Ora noi abbiamo tra le mani un oggetto che si chiama smartphone e che si potrebbe tradurre alla lettera come “telefono intelligente”, vale a dire un oggetto che riunisce le caratteristiche del vecchio cellulare e quelle del computer che può ricevere la posta elettronica ma anche messaggi vocali, con cui si possono fare ricerche su Internet, che è fornito di un localizzatore personale, che insomma può permettere di essere rintracciati ovunque tramite il GPS e così via. Tutto questo lo mettevo in evidenza già quasi dieci anni fa nel mio Come sopravvivere alla modernità (Idrovolante, 2016). E per il sottoscritto è un fatto inquietante essere privato della tanto osannata… privacy, ma come si è visto da quanto è successo in Medio Oriente il 17 settembre scorso, può costituire anche un pericolo mortale considerato quel che i servizi segreti israeliani sono stati capaci di fare manipolando con un complesso lavoro di anni i cosiddetti cerca-persone e i walkie-talkie facendoli esplodere tutti in una volta e causando una strage fra gli esponenti di Hamas. Un qualcosa mai avvenuto prima.
Con lo smartphone possiamo fare moltissime cose oltre che telefonare, fra cui fare ricerche nella Retee. Ecco perché è tanto amato dagli studenti che se ne servono in classe per risolvere molti problemi di fronte ai quali si trovano, ed ecco il motivo per cui il Ministro della Istruzione (e del Merito) ha deciso di vietarli nel modo più assoluto a scuola nemmeno come ausilio didattico. Purtroppo però una cosa è la scuola dove certe regole si possono imporre obbligatoriamente, e una cosa è la famiglia dove i ragazzi e soprattutto i ragazzini lo hanno a portata di mano in qualsiasi momento e persino la notte e dove dovrebbe essere compito dei genitori fare in modo che lo usino in maniera appropriata e responsabile, magari anche decidendo in certi momenti e in certi orari di privarli di questo gadget. Non per nulla una ricerca di psichiatri e psicologi ha dimostrato gli effetti deleteri del marchingegno nei ragazzi e hanno lanciato un appello perché il loro uso venga contingentato se non addirittura proibito.
Il fenomeno dell’uso sempre più pervasivo di cellulare/smartphone (che su queste pagine si è segnalato varie volte) ha indotto di recente l’Ordine degli Psicologi della Emilia-Romagna a intervenire con una preoccupata analisi della situazione in cui si afferma fra l’altro:
“Sono segnali di un uso potenzialmente patologico la spiccata preferenza della comunicazione via smartphone all’interazione diretta, l’uso compulsivo del dispositivo e l’incapacità di rimanere sconnessi dal contatto con la rete. Si tratta della cosiddetta ‘nomofobia’, la paura da assenza di cellulare (dall’inglese no mobile phobia). Si tende a utilizzare il cellulare come strumento rassicurante e consolatorio, preferendo la comunicazione telefonica all’interazione diretta e ricercando compulsivamente notifiche che veicolino contatti virtuali. La mancanza di questa connessione procura al nomofobico uno stato di ansia, impazienza ed insicurezza, portandolo a manifestare sintomi simili a quelli che caratterizzano l’attacco di panico: mancanza di respiro, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico e nausea.”
Non mi pare proprio che una innovazione tecnologica del passato abbia mai avuto effetti patologici del genere sugli utenti che ne fossero privati, un vero scombussolamento psicologico. Si vede che il rapporto utente-smartphpone è adesso talmente interiorizzato da provocare certi effetti negativi e di dar origine ad una sindrome particolare, appunto la nomofobia, una evidente moderna sindrome psichica prima inesistente, come se un tempo fosse sorta la patologia di assenza di tv che pure era maggiormente interattiva del cinema.
La situazione è giunta al punto che un noto opinionista e commentatore come Massimo Gramellini, che non dovrebbe essere certo un “oscurantista” nei confronti delle innovazioni, si è talmente allarmato da scrivere nella sua rubrica quotidiana sul Corriere della Sera: “Chiediamo al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni” (11 settembre 2024).
Nonostante il suo inossidabile politicamente corretto (i “nostri ragazzi” e of course le “nostre ragazze” è d’obbligo specificarlo, perbacco!) il maitre a penser si rende purtroppo conto che si tratta di una “causa persa”, come senza mezzi termini scrive, semplicemente perché si pensa di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Si è andati troppo oltre, non ci si è accorti subito dei pericoli della innovazione e a chi li indicava si diceva “sei contro il progresso”. Lo smartphone è in mano a tutti e serve a tutti per mille cose futili ma anche importantissime di lavoro, e contingentare o proibire il Telefono Intelligente (a parte i casi scolastici di cui si è detto, o in chiesa, teatro, cinema, conferenze ecc.) sarebbe come se si volesse proibire l’aeroplano, cioè lo spostamento fisico…
Ci si doveva pensare a tempo debito, non fare l’apologia aprioristica di ogni novità tecnologica immessa sul mercato dalle multinazionali. Quindi ora tutto dipende da noi stessi, dalla soluzione di ogni singolo: come usare o non usare l’aggeggio che tutti o quasi hanno in tasca o in mano praticamente sempre e a volte per obbligo lavorativo. Regolare il proprio rapporto con esso, fare in modo di usarlo e non esserne usati. Semplice? Non lo so, ma so quale è la responsabilità dei genitori in casa propria, dato che almeno a scuola una soluzione drastica la si è trovata…
Gramellini è un comunistoide tifoso del bovini granata. Il peggio del peggio….