Quasi tutta di fede cattolica, l’immigrazione italiana negli Stati Uniti significa – per Hollywood – film su delinquenti. Anche per reagire alla diffamazione a mezzo immagini, Sergio Leone girò C’era una volta in America, dove la “cupola” della malavita risultava di altra etnia e altra fede.
Per raccontare – diversamente dalla vulgata – l’immigrazione italiana c’è voluto un produttore e regista messicano e cattolico, Alejandro Monteverde. E’ lui a ricostruire con Francesca Cabrini (in originale: Cabrini) il periodo 1889-1903 nella vita della religiosa lodigiana, che coincise col papato di Leone XIII (Giancarlo Giannini).
Dopo i rifiuti in serie della curia romana, sarà proprio il papa a permettere alla Cabrini ciò che vuole, con un accomodamento: non si occuperà degli orfani in Cina (vasto programma), come lei voleva, ma degli orfanelli italiani a New York.
Ne esce un film severo coi cardinali, edificante, femminista, talora commovente, che raffigura la lotta di classe con durezza simile a quella dei Cancelli del cielo di Michael Cimino. Con sprezzo del pericolo per gli incassi: il pubblico americano non ama vedersi raccontato così.
Già un secolo e mezzo fa, infatti, aManhattanvigevala ferocia del capitalismo maturo, come l’ha raffigurato Martin Scorsese in Gangs of New York, ambientato nel 1861. Per essere sopravvissuta fino al 1917, avendo salvato generazioni di innocenti, la Cabrini sarà la prima santa d’America, dal 1946, grazie a Pio XII.
Cristiana Dell’Anna è la febbrile, instancabile Cabrini, personaggio ubiquo, che emargina gli altri. Peccato che, nella versione italiana, il suo accento non suoni lodigiano.
Francesca Cabrinidi Alejandro Monteverde, con Cristiana Dell’Anna, David Morse, John Lithgow, Giancarlo Giannini, 142′.
Dopo le imminenti anteprime nelle maggiori città, il film sarà nei cinema il 13, 14, 15 ottobre.
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