Mercoledì primo luglio 1992 moriva in una clinica diMontecarlo, a seguito di un intervento chirurgico, a 67anni, Franco Cristaldi, sceneggiatore e produttore cinematografico, nato a Torino cento anni fa, il 3 ottobre 1924. Titolare della Cristaldifilm, compagnia di produzione e distribuzione fondata nel 1946, fino al 1980 Vides Cinematografica. Tra le pellicole prodotte, i tre Premi Oscar a Divorzio all’Italiana di Pietro Germi, Amarcord di Federico Fellini, Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Franco Cristaldi fu uno dei maggioriproduttori, un fine conoscitore della Settima Arte. Al cui impegno si devono alcune tra le migliori storie del cinema italiano, al momento del suo massimo splendore, da I soliti ignoti a Salvatore Giuliano, da I Compagni a Sedotta e abbandonata, da Le Notti bianche a Il Caso Mattei, Vaghe stelle dell’Orsa, L’uomo di paglia, Amori Miei, Cafè Express, La tenda rossa, La Cina è vicina, Ratataplan, Il Nome della Rosa e le succitate. Oltre 100 pellicole, buona parte della storia della cinematografia nazionale. Nel 1967 Cristaldi era stato eletto Presidente dell’Unione Nazionale Produttori Film, carica che terrà fino al ‘77, per assumere il più alto incarico nel settore: Presidente della Federazione Internazionale Produttori. Chi dei giovani si ricorda di lui?
Eppure, Franco Cristaldi ha contribuito non marginalmente alla magia del cinema, quel grande rituale che ci ha lasciato il ‘900: il condividere con sconosciuti una sala oscura, durante 2-3 ore. Sedersi di fronte ad uno schermo bianco e, quindi, dimenticarsi della propria vita per immergersi in una storia estranea. Come poeticamente farà Woody Allen ne La rosa purpura del Cairo, un film del 1985 con Mia Farrow: negli anni della grande depressione, Cecilia, una donna giovane che vive in una cittadina di provincia del New Jersey, per evadere dalla sua vita monotona e dal deludente matrimonio, si rifugia nella fantasia dei film proiettati nel cinema della città. Dopo aver assistito alla proiezione del film La rosa purpurea del Cairo, ne rimane talmente affascinata da rivederlo più volte fino al punto che il suo personaggio preferito, Tom Baxter, esce materialmente dallo schermo, prendendo vita autonoma nel mondo reale, e propone alla donna di fuggire. Mix di realtà e fantasia, che traduce e massimalizza l’incantesimo del movie.
Quando i pionieri del cinema cominciarono a esplorare il potenziale della nuova tecnologia, si resero conto che dovevano creare un nuovo idioma, non solo raccontare delle storie, utilizzare tutto il linguaggio delle immagini per forme inedite di narrazione. Lo fecero con il linguaggio ideato dai Griffith, DeMille, John Ford, Chaplin, Fellini, Ingmar Bergman, Stanley Kubrick, Hitchcock, Orson Welles, Renoir, Vidor, Francis Ford Coppola, Akira Kurosawa, Scorsese, Visconti, Frank Capra, Buñuel, John Huston, David Lynch ed altri… Gli esseri umani sempre sono stati attratti dalle storie in quanto attraverso di loro cercano di spiegare la vita. Narrazioni con una base reale o di immaginazione che si trasformano in universali, oltre tutte le frontiere.
Scrivendo di filosofia del cinema e di Cristaldi è inevitabile accennare a Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, del 1988, prodotto da Cristaldifilm, definito un ritratto sentimentale dell’Italia del post–guerra, una dichiarazione di affetto sviscerato per il cinema; un poema visuale che ricrea ed amplia le emozioni che solo esso può far scaturire, far crogiolare l’anima di coloro che lo amano in quanto plasma sullo schermo tutte le espressioni estetiche, letteratura, musica, interpretazione, arti plastiche ed assieme allestimenti, costumi, fotografia, direzione artistica, trucco, vestuario, effetti speciali, editing. Nuovo Cinema Paradiso ci conduce a vivere la magia del movie, i ricordi intessuti nei luoghi, la suggestione, l’incantesimo, il miracolo ricreato in ogni fotogramma, con affetto trasognato e nostalgia.Protagonista un fenomenale Philippe Noiret; la colonna sonora eccelsa di Ennio Morricone. I 173 minutiselezionati dal direttore, poi i 155 della versione originale ufficiale, non riuscirono a far apprezzare subito l’opera. Fu la volontà decisa del produttore Cristaldi a convertire il fiasco, al momento della sua presentazione, in un Oscar, uno dei grandi film universali di ogni tempo, riducendolo, con tagli intelligenti, a 124 minuti. (Franco Cristaldi e il suo cinema Paradiso, documentario di Massimo Spano, 2009).
Per me quel film, visto più volte, è stato veramente una sorta di ritorno emotivo all’infanzia, negli anni ’50, nella stessa città di Franco Cristaldi. In locali diversi da quello di Giancaldo, ma simili. Ove sarei tornato qualche anno dopo, non più bambino, non tanto per entusiasmarmi a storie ingegnose, ma, più prosaicamente, per lunghi baci con la morosa. Vabbè, non nelle sale dei salesiani o del Dopolavoro Fiat sul Po...Torino ha da sempre un rapporto privilegiato con il cinema: è stata una delle prime città italiane ad accogliere la straordinaria invenzione dei fratelli Lumière: alla fine del XIX secolo erano tanti i setcinematografici e le sale. Ancora oggi la città ha un forte legame con la Settima Arte, simbolizzata dal Museo Nazionale del Cinema nella Mole Antonelliana. Pochi giorni prima della fine del 1895, a Parigi avvenne la prima esibizione del cinématographe dei fratelli Auguste e Louis Lumière, al Gran Cafè del Boulevard des Capucines.
Nel marzo 1896, a Torino, viene proiettato il primo spettacolo a pagamento d’Italia tra lo sgomento e la curiosità dei presenti. Lì sono presto nati i primi teatri di posa e sale. Ad inizio Novecento Torino fu in effetti la capitale del cinema italiano. Un periodo breve, tranciato dalla esperienza eroica e tragica della Grande Guerra. Grugliasco era considerata la piccola Hollywood italiana, con set e attrezzature da ripresa. Torino era poi salita agli onori del cinema internazionale il 18 aprile 1914, quando al teatro Vittorio Emanuele II di via Rossini si esibì la creazione del regista astigiano Giovanni Pastrone, Cabiria, con Gabriele D’Annunzio co–sceneggiatore. Cabiria fu un grande successo, un kolossal, un antesignano dei peplum, il più famoso film italiano del muto, uno dei più celebri lungometraggi del periodo prebellico a livello internazionale. Giovanni Pastrone innovò i metodi di ripresa, introducendo il primo piano ed il carrello (brevettato nel 1912). Pur alquanto barocco, convulso, drammatizzato all’eccesso (ma era una modalità diffusa del tempo), Cabiria segnò un punto di svolta nella storia del cinema, tenuto pure conto della sua ragguardevole lunghezza, di ben 187 minuti (versione originale). Quando le pellicole ne duravano 30, in genere! Per l’attrice torinese Lidia Quaranta fu un trionfo personale.
(https://torinocronaca.it/news/amarcord/235723/torino-e-capitale-del-cinema-grazie-al-colossal-cabiria)
Torino ed il cinema: una storia d’amore che ha radici profonde, come accennato, m’induce a un breve tour della memoria sull’infanzia ed adolescenza e sulle vecchie sale di I visione, in massima parte chiuse, o convertite in multisala – per la rivoluzione del settore in termini di produzione, distribuzione, digitalizzazione, TV via cavo, grandi television broadcastings, pay–Tv, Netflix, Disney+ ecc. – Ambrosio, Lux, Reposi, Ariston, Cristallo, Nuovo Romano, Corso, Doria, Vittoria, Ideal, Astor, Capitol, Augustus, Metropol… Come non ricordare altresì i cinema-teatri Maffei e Alcione, con la rivista variété, l’avanspettacolo, che vide brillare per decenni, tra gli altri, l’amatissimo capocomico Mario Ferrero ed alcuni artisti che poi divennero famosi, come Ric e Gian; sul tipo delVolturno ed Ambra Jovinelli di Roma, che conobbi prossimi al tramonto, negli anni ’70, quando mi trasferii nella capitale. Poi c’erano dignitose sale di II visione (ricordo il Colosseo, il Piemonte, l’Eliseo) e III visione, accessibili a tutti, le poche sale aperte al mattino per chi marinava la scuola (il Torino), i matinée della domenica per i ragazzini, i cinema dei ‘preti’. Ed infine alcuni che era meglio non frequentare mai, a rischio pederasti e pidocchi, anche per il gran numero di militari, i bajét, in libera uscita, nelle brutte uniformi kaki che ci aveva lasciato l’occupazione americana, assieme al DDT. Non c’era il trasnoche rioplatense del sabato…E non c’erano ancora le ‘sale a luci rosse’; per i cineforum e cinema d’essai occorrerà aspettare il ’68.
A modo nostro, eravamo precoci o sfacciaticonnaisseurs. Discettavamo di attori e registi.
Più grandicelli apprendemmo anche i nomi di produttori(quelli che mettono i soldi per tutto il baraccone e sono superbi ed onnipotenti, per dirla con mia madre), quelli che fornivano, appunto,a mamme, zie, vicine (casalinghe frustrate) dalle pagine patinate di Oggi, Gente, Grazia, Novella, Annabella, Amica, Confidenze, materiale per chiacchiere su uomini noti, di potere, spesso sposati, o conviventi more uxorio – in un‘Italia alquanto bigotta e senza divorzio– con attrici sensuali, sognate: Carlo Ponti con la Loren, Dino De Laurentiis con la Mangano, Alfredo Bini con Rosanna Schiaffino, Moris Ergas con la Pampanini e poi Sandra Milo, Franco Cristaldi con la Cardinale. C’erano una volta, appunto, Carlo Ponti, Dino De Laurentiis, Goffredo Lombardo (figlio di Gustavo Lombardo, fondatore della Titanus, prima casa cinematografica italiana), Angelo Rizzoli con la Cineriz, Mario Cecchi Gori (inizialmente autista di Dino De Laurentiis e Vittorio De Sica), il poliedrico Riccardo Gualino e Valentino Brosio con la Lux, fondata prima della WWII dal finanziere e mecenate biellese, la contessa Marina Cicogna, Alfredo Bini, Peppino Amato, Alberto Grimaldi, Silvio Clementelli, il greco Moris Ergas e qualche altro, con strepitose ville, mogli ed amanti, Ferrari, Jaguar e Maserati. Silvio Berlusconi e la Medusa dovevano arrivare...
Fu una grande stagione, quella di Cinecittà e della Dolce Vita, del Neorealismo e della Commedia all’Italiana, del Cinema d’Autore, della creatività quasi inesauribile, dei prìncipi romani che perdevano la testa per le attrici frequentando Via Veneto, di quando il cinema italiano non solo forniva comparse a basso costo ai peplum americani, ma se la giocava alla pari non solo con quello francese, ma con quello statunitense (cooperando intelligentemente in molti progetti e co–produzioni); dei grandi e famosi registi, dei ‘mattatori‘ alla Gassman, Sordi, Mastroianni, De Sica, Manfredi e di tanti eccellenti attori formatisi nel nostro ottimo teatro. Delle bellissime (o assai brave Anna Magnani e Franca Valeri) attrici: Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Marisa Allasio, Silvana Mangano, Valentina Cortese, Lucia Bosè, Anna Maria Ferrero, Virna Lisi, Sylva Koscina, Monica Vitti, Rossella Falk, Silvana Pampanini, Rosanna Schiaffino (che ebbe una storia proprio con Cristaldi), Eleonora Rossi Drago, Gianna Maria Canale, Isa Barzizza, Maria Grazia Buccella, Rosanna Podestà ed Alida Valli, l’unica vera diva, dalla aristocratica bellezza, che ‘transita’ dallo star system del fascismo al dopoguerra. Prima della commedia sexy all’italiana e di quella trash degli anni ’70, anticamere della crisi degli ’80.
Parallelamente, negli Usa, seguiva il dominio produttivo e distributivo delle Majors che non sembrava attraversare crisi: un numero ridotto di studi cinematografici che dal tempo della loro fondazione (tra 1910 e 1920) dominavano l‘industria statunitense del settore, essenzialmente dalla californiana Hollywood. I Big Five Studios divennero presto poderosi conglomerati di compagnie di produzione e distribuzione delle pellicole, con investimenti massicci, strategici e diversificati nei vari segmenti produttivi e commerciali dell’entertainment. La storia delle Big Five Majors crebbe con la cosiddettaHollywood’s Golden Age (con l’avvento del sonoro). L’età d’oro del cinema, un periodo che dura dalla fine degli anni ’20 agli anni ’60, considerato l’apice del cinema e dello star system. Durante quell’era, l’industria cinematografica ha subito un aumento della creatività e dell’espressione artistica, portando alla produzione di alcune delle pellicolepiù iconiche della storia. Dai classici senza tempo Gone with the Wind (Via col Vento, 238 minuti, a colori!) e Casablanca, agli innovativi Citizen Kane (Quarto Potere),The Wizard of Oz (Il mago di Oz), la Golden age ha lasciato un segno indelebile nel mondo del movie. Warner Bros. e Paramount già formavano parte dei 5 maggiori studios. Seguivano Columbia ed Universal. Il quinto, Walt Disney Studios era una Casa di produzione di cartoni animati, in forte espansione dal 1937 con l’immenso successo di Snow White and the Seven Dwarfs(Biancaneve). I Big Five diventarono The Big Eights: Columbia, 20th Century-Fox, Warner Bros., Universal, Paramount, Metro–Goldwyn–Mayer, United Artists, RKO Radio Pictures.
Per riassumere ed attualizzare, nel 2023, dopo crisi, cessioni ed acquisizioni, erano attive pienamente, un’altra volta, The Big Five Majors –Universal Pictures, Paramount, Warner Bros., Walt Disney Studios, Sony Pictures (Columbia e Tristar) – più o meno come durante la Golden Age. Pur con l’avvento della televisione, prima, e dellostreaming, dopo il 2000.
La mia generazione si rammenta bene dei logotipi che precedevano le proiezioni dei lungometraggi, ideati per consolidare un istintivo collegamento psicologico: il leone ruggente della MGM, la statua della Libertà della Columbia, il globo della Universal, lo scudo azzurro della Warner, i fasci di luce della Fox, il castello di Magic Kingdom della Disney e, almeno per me, la gran suggestione della montagna innevata al tramonto della Paramount. La cima di Artesonraju, a Huaraz, nelle Ande peruviane, che trasmette una poderosa fiducia (stabilità e longevità) e fantasia (l’atmosfera magica definita da alti picchi imbiancati, stelle, nubi policrome).
A tanto potere, enormemente accresciuto dalla guerra vinta, che cosa poteva opporre l’Italietta del dopoguerra, povera da sempre, per giunta brutalmente ridimensionata nelle sue illusioni o velleità, se non la ancestrale vitalità, l’impegno, la cocciuta ed insieme duttile volontà di competere, la creatività autentica, non velleitaria o puramente immaginosa, anche nel mondo della celluloide? La gran maggioranza dei film visti da ragazzi era statunitense, come gli attori ed attrici più noti.Trascinante il dinamismo di quella filmografia. Rivisitare la parabola di Cristaldi può contribuire a questa lettura.Franco Cristaldi nasce a Torino il 3 ottobre 1924:
“Il padre Giuseppe è negli anni Venti un affermato avvocato noto per le sue ideea ntifasciste, che mettono a rischio l’esercizio della professione con la minaccia di radiazione dall’albo. Anche il giovane Cristaldi si segnala per le sue posizioni contrarie al regime; dopo aver preso la licenza superiore da privatista, si iscrive alla facoltà di Medicina a Padova, ma interrompe gli studi per unirsi alle brigate partigiane di Asiago; passa in Piemonte e dalla Francia raggiunge Napoli, dove si arruola nella Divisione Cremona; arriva così a Roma. Cristaldi frequenta il mondo del cinema, segue la lavorazione di ‘Roma città aperta‘ di Roberto Rossellini. Tornato a Torino, nel ‘46 fonda, insieme a Vittorio De Santis, la Vides; abbandona Medicina e si iscrive a Legge, laureandosi in breve tempo. Dal 1946 al ‘54 la Vides realizza centinaia di servizi d’attualità per ‘La Settimana Incom‘. La Vides produrrà film innovativi nel linguaggio e nei contenuti, ‘Omicron‘ (1963) di Ugo Gregoretti, o di taglio storico-politico, ‘Salvatore Giuliano‘ (1962), ‘Il caso Mattei‘ (1972) di Rosi. Considerati a volte troppo impegnati, i film Vides hanno un marchio di qualità che li rende redditizi sul lungo periodo“.
(https://imprese.san.beniculturali.it/web/imprese/protagonisti/scheda-protagonista.24633)
Di Cristaldi sono le uniche immagini esistenti del disastro aereo del maggio 1949, a Superga, nel quale persero la vita tutti componenti della squadra di calcio del Torino. Nel ‘53, Cristaldi produce il lungometraggio La pattuglia sperduta, con regista esordiente Piero Nelli ed attori non professionisti. La pattuglia sperduta attira l’attenzione di Riccardo Gualino e del musicologo Guido Gatti della Lux Film. Grazie anche all’intervento di Suso Cecchi D’Amico, Cristaldi sigla un contratto fra la Vides e la Lux: una collaborazione che durerà fino al 1964.
Non ho mai avuto il piacere d’incontrare Franco Cristaldi. Alla luce di quanto già sapevo gli avrei forse domandato se avesse frequentato un probabile conoscente del padre, Manlio Brosio, pure lui avvocato, liberale, che fu Ambasciatore ‘politico’ a Mosca, Londra, Washington, Parigi, Segretario Generale della NATO dal 1964 al ’71, che volle a Mosca con sé, in Ambasciata, Franco Venturi, aderente a Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli, poi resistente, storico del populismo russo e dell’illuminismo, azionista, figlio di Lionello Venturi, critico d’arte, a sua volta amico e consigliere del gran finanziere Riccardo Gualino, uno dei pochi accademici a non giurare fedeltà al regime nel 1931. Mussolini, per rispetto al vecchio (poi alla memoria) senatore Adolfo Venturi, ordinò di ‘non far male’ al suo nipote Franco… I Gualino, i Brosio, i Venturi, forse i Cristaldi. Un intreccio discreto e solido. Esponenti di quell’antifascismo torinese liberale, monarchico o gobettiano–azionista, che non si poteva riconoscere nel fascismo subalpino del quadrumviro Cesare Maria de Vecchi, un ‘Capitan Fracassa’ ruvido e litigioso, detestato dallo stesso Mussolini.
Per gli imprenditori subalpini il fascismo era, invece, una sorta di ‘scelta obbligata’. Come sosteneva il senatore Agnelli: la Fiat è sempre filogovernativa… L’aristocrazia e la borghesia piemontese, invece (per non dire dei lavoratori), quasi mai furono fasciste nell’intimo, fino a dar vita alla ‘Vandea italiana’, come constaterà Mussolini al tempo della RSI. A volte con un senso giacobino di superiorità morale e politica poco simpatico. Certamente Franco conobbe lo scrittore-giornalista, produttore,Valentino Brosio, cugino di Manlio, laureato anch’egli in Giurisprudenza a Torino, che concorse assai, dagli anni ’30, all’affermazione della Lux Film, con il trasferimento a Roma della società di Gualino, della quale fu organizzatore generale e direttore della produzione.Renato Gualino, figlio di Riccardo, comunista militante(poi incarcerato nella Spagna franchista), fu anch’egli Presidente dell’Unione Nazionale dei Produttori.
“Trasferita la Vides a Roma, Cristaldi si afferma come il più originale e impegnato tra i nuovi produttori. A metà degli anni ‘50, mentre il cinema italiano scade nel bozzettismo e nella ripetitività, egli lancia una sfida al torpore imponendo film di qualità, nuovi registi e nuovi attori e soprattutto un nuovo stile, basato sull’assoluta libertà di espressione tematica degli autori. Dell’inizio degli anni ‘60 sono i primi film di Rosi, Pontecorvo, Petri, Loy; alcune tra le opere migliori di Monicelli e Germi: Il sodalizio con Visconti inizia con una formula di produzione associata tra produttore, autori ed attori. La Vides si consolida, costruisce teatri di posa, crea una scuola per attori ed insiste in una politica di qualità“.
(https://www.cristaldifilm.com)
Cristaldi produce film con Visconti, Comencini, Maselli, Bellocchio, Ferreri, Fellini; finanzia ‘La Tenda Rossa‘, un kolossal, una coproduzione tra Italia e URSS, preceduta da ‘Russia sotto inchiesta’ (1963) di Leonardo Cortese e da ‘ Italiani brava gente’ (1964) di Giuseppe De Santis. La storia del dirigibile Italia è sponsorizzata dal PCI: il generale Umberto Nobile fu anche eletto alla Costituente nelle liste PCI. Franco Cristaldi vanta una produzione di oltre 100 film che han vinto i tre Oscar ricordati, tre Leoni di Venezia (Le Notti Bianche, Vaghe Stelle dell’Orsa, La Cina è vicina), quattro Palme d’Oro a Cannes (Divorzio all’Italiana, Sedotta e abbandonata, Il caso Mattei, Nuovo Cinema Paradiso), 48 nastri d’argento, 18 David di Donatello e svariati riconoscimenti in molti Festival. Negli anni ’80 egli allargò i suoi orizzonti verso la Tv, con Marco Polo di Giuliano Montaldo e Il Generale di Luigi Magni. Nel 1982 produce il suo secondo film con Federico Fellini E la Nave va. Nell’86 realizza un clamoroso successo con Il nome della Rosa di Jean-Jaques Annaud, dal romanzo di Umberto Eco. Sulle scelte produttive, dei contenuti, Cristaldi rimane fedele al principio: Il cinema è un’industria culturale, per cui realizzare dei film significa assumersi anche una responsabilità sociale e morale.
Ha scritto Gianluca Arcopinto, produttore e docente di Produzione cinematografica alla Sapienza di Roma sulla rivista Quinlan, ‘L’Eredità scomoda di Franco Cristaldi‘, il 13.5.2022:
“Franco Cristaldi è stato uno dei produttori fondamentali per lo sviluppo del cinema in Italia. In un pomeriggio del 1991 Domenico Procacci mi vuole parlare. Mi propone di lavorare al film ‘La corsa dell’innocente‘, coprodotto con Cristaldi. Avevo incontrato da lontano Cristaldi al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ci raccontò le alterne vicende di ‘Nuovo Cinema Paradiso‘, culminate nell’Oscar. Lui, con la sua eleganza che avevo già intuito, mi sorrise, mi strinse la mano e mi disse ‘questo deve essere solo l’inizio‘. Rimase il mio unico incontro. Negli anni di frequentazione quotidiana con Procacci lui mi raccontava di quello che aveva imparato da Cristaldi: ogni film è un prototipo, deve avere dentro un’unicità che ne giustifichi l’esistenza. Bisogna sempre inventare qualcosa di nuovo e di diverso“.
“E’ stato il produttore più serio dal punto di vista finanziario e organizzativo, il denaro arrivava puntuale”, ricordò Monicelli. È stato scritto che Cristaldi ‘è statol’unico produttore italiano a dare un fondamento ideologico coerente e consapevole alla sua politica di produzione d’autore, uno dei primi a capire che il film di qualità è un investimento’.
Cristaldi sposò in prime nozze Carla Simonetti, con la quale ebbe Massimo (1956-2022), divenuto anch’egli produttore cinematografico. Nel 1966 il matrimonio fu annullato dalla Sacra Rota e Franco poté sposare ad Atlanta Claudia Cardinale (Tunisi, 1938), adottandone poiil figlio
Patrick (nato a Londra nel ‘58). Nel ‘75 il divorzio. Nel 1983 le nuove nozze con Zeudi Araya. In due biografie (Claudia Cardinale e Anna Maria Mori, Io, Claudia – Tu, Claudia, Milano, 1995; Claudia Cardinale e Danièle Georget, Le stelle della mia vita, Casale Monferrato, 2006) e varie interviste, Claudia Cardinale ha svelenato a pallettoni, fino a negare che Cristaldi sia stato un ‘vero marito’, ma solo un cerbero controllatore, sospettoso, devoto al minuzioso ‘contratto all’americana’ che le aveva imposto. Dirà ad Emilia Costantini (Corriere della Sera) il 17.10.2015:‘Claudia Cardinale e l’orrore dello stupro. Ma nacque il mio Patrick’:
“Non ero più padrona né del mio corpo né dei miei pensieri. Persino ad un’amica era rischioso raccontare qualcosa che prendesse le distanze dalla mia immagine pubblica, perché poteva essere divulgato. Tutto era in mano alla Vides. Con lui ero praticamente un’impiegata, una subalterna che veniva pagata al mese per i quattro film l’anno che facevo: non lo chiamavo nemmeno per nome, ma per cognome. Mi sentivo in ostaggio. Si celebrò anche un matrimonio, che aveva deciso lui ed in gran segreto, senza dirmi nulla; io lo annullai (?)perché non ero innamorata, era lui ad esserlo di me“.
Io di Claudia Cardinale – e sue personali ragioni a parte – preferisco ricordare non il gossip, ma l‘esuberante Angelica de Il Gattopardo, la “bellezza in pari tempo solare e notturna, delicata e incisiva, enigmatica e inquietante” (Gian Piero Brunetta), quella donna definita dalla stampa, più volte, come ‘la più bella del mondo‘. Notò Alberto Moravia in una celebre intervista su Esquire: “Quando ride, i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti con qualche cosa di monellesco, di scatenato, di intenso, di meridionale”; quel ‘viso di cerva, di gatta’ per Fellini. Una ‘selvaggia‘, come si autodefinì, corteggiata ed amata, il cui carattere passionale, indomabile, impetuoso di siciliana d’Africa non poteva armonizzarsi con quello misurato, sobrio, razionale del subalpino Franco, di gran cultura e capacità imprenditoriale, alieno alle trasgressioni.
Con l’ombroso regista napoletano Pasquale Squitieri(1938-2017), ‘Nosferatu’ dagli occhi di ghiaccio, c’erano vitalità, eccessi, follia, la stessa età, una presenza virile, un po’ da guappo. Con lui la Cardinale non si sposò, ma ebbe la figlia Claudine ed una lunga convivenza. La relazione ha inizio nel 1973. Claudia parte per gli States raggiungendo Squitieri, realizzano un viaggio on the road:‘la riscoperta del piacere di vivere e della libertà‘, confesserà poi.
Peraltro, la terza moglie di Cristaldi, l’eritrea Zeudi Araya, darà del produttore un’immagine diversa, opposta. Zeudi Araya, figlia di un politico e nipote di un ambasciatore, nel 1969 fu Miss Eritrea. Divenne una attrice del nostro cinema erotico con La ragazza dalla pelle di luna, La ragazza fuoristrada ecc. Risponderà a: ‘Cristaldi era così possessivo e totalizzante come si dice?‘:
‘Per niente. Tutto quello che si è detto su di lui non corrisponde al vero. Era un galantuomo d’antica stoffa, ha sempre adorato e rispettato le donne. Si alzava alle sei del mattino, andava sui set, era una sorta di patriarca. Ho conosciuto tanta gente, uno come lui non l’ho mai incontrato. Ci sono stati dolori
fortissimi, ho perso un figlio dopo anni che Franco e io lo aspettavamo e Franco morì di lì a poco‘.(https://www.iodonna.it/personaggi/interviste-gallery/2015/08/28/zeudi-araya-quando).
C’è poco materiale visivo su Franco Cristaldi nel web. Il produttore è intervistato da Luigi Silori per la RAI, forse nel 1962. Cristaldi parla, tra l’altro, del suo prossimo film tratto da Gli indifferenti di Moravia. Appare un uomo non ancora quarantenne, dal fisico piuttosto minuto, affabile, raffinato, sicuro di sé, l’inappuntabile camicia bianca, il nodo perfetto della cravatta, la sigaretta accesa, che trasuda intelligenza, professionalità(https://www.youtube.com/watch?v=9A5u).
Venne sepolto nel cimitero Flaminio di Roma.
Bibliografia. F. Faldini e G. Fofi, L’avventurosa storia del cinema italiano, Milano,1979; L. Quaglietti, Storia economico-politica del cinema italiano (1945-1980), Roma, 1980; Cinema italiano 1930-1995. Le imprese di produzione, a cura di Aldo Bernardini, Roma, 2000; Barbara Corsi, Con qualche dollaro in meno. Storia economica del cinema italiano, Roma, 2001. Nel 1996 Zeudi Araya e Massimo Cristaldi hanno acquisito la Lux Film; la fusione con la Cristadifilm ha creato una importante library del cinema italiano: www.cristaldifilm.com. La Cineteca di Bologna è partner del progetto di ricerca ‘Produttori e modi di produzione nella storia del cinema italiano.1949-1975‘, coordinato dal prof.Stephen Gundle dell’Università di Warwick. È nato il Progetto Cristaldi, la prima esperienza di inventariazione ed apertura alla consultazione di documenti di una Casa di produzione (www.progettocristaldi.cinetecadibologna.it).
C’era una volta il cinema. Grazie a uomini come Cristaldi, che facevano cultura senza bisogno di piatire contributi pubblici.