Brigitte Bardot e il cinema italiano, ovvero brevi incontri, occasioni mancate, numerose coproduzioni. Se l’esordio avviene in patria con Le Trou normand (1952) di Jean Boyer, due anni e cinque film dopo la troviamo nel cast del melodramma di produzione italiana Tradita (1954) di Mario Bonnard. Una coproduzione italo-francese è invece Mio figlio Nerone (1956) di Steno, in cui B.B. rappresenta la quota francese, Gloria Swanson la quota hollywoodiana e Alberto Sordi (l’eroe eponimo), Vittorio De Sica e una miriade di aspiranti divette e solidi caratteristi (in primis Mario e Memmo Carotenuto) la quota italiana.
Per Lucio Fulci, “Mio figlio Nerone fu un’operazione tragica […]”. Una follia di [Franco] Cristaldi e [Goffredo] Lombardo con Sordi e Gloria Swanson. Cristaldi chiamò un certo Bonetti, un suo direttore commerciale, e gli fece la famosa battuta: ‘Senti un po’, senti un po’, tu tra la Ekberg e questa qui’ e gli mostrò una foto della Bardot, che allora non aveva fatto ancora niente, ‘chi piglieresti?’. ‘Ma… io, questa Bardot’. E allora fui mandato in Francia a prendere questa sconosciuta. Lei disse: ‘Vengo a una condizione, che faccia l’aiuto regista mio marito’. Che era poi [Roger] Vadim. Così io feci l’aiuto regista, Gigi Vanzi l’assistente, Vadim l’assistente francese, uno che si divertiva a mostrare il suo membro alla troupe! Per il film fu riesumata Gloria Swanson, che riuscì a far cambiare la sceneggiatura. C’era anche [Vittorio] De Sica, che faceva la parte di Seneca, e diceva: ‘Cosa fa l’ibernata, rovina ancora, rovina ancora?’. Solo quello diceva… e c’erano continue polemiche tra Lombardo e Cristaldi. In tutto questo, la Swanson tormentava come poteva la Bardot, continuamente, continuamente”.
A parte una breve epifania (rubata) nel film documentario “spogliarellistico”Tentazioni proibite (1963) di Osvaldo Civirani, la carriera di B.B. contempla un intenso ventennio di coproduzioni minoritarie con l’Italia. Dietro la macchina da presa spesso ci sono grandi registi come René Clair (Grandi manovre, 1955), Claude Autant-Lara (La ragazza del peccato, 1958), il primo marito Roger Vadim (Gli amanti del chiaro di luna, 1958, A briglia sciolta, 1961, Il riposo del guerriero, 1962, Una donna come me, 1973), Henri-Georges Clouzot (La verità, 1961), Louis Malle (Vita privata, 1962, Viva Maria!, 1966, Tre passi nel delirio – episodio William Wilson, 1968) Jean-Luc Godard (Il disprezzo, 1963); e talvolta validi mestieranti come Michel Boisrond (Una parigina, 1957, Sexy Girl, 1960, Amori celebri, 1961), Edouard Molinaro (Una adorabile idiota, 1964), Jean Aurel (Les Femmes, 1970), Guy Casaril (Le novizie, 1971), Robert Enrico (La via del rhum, 1972), Christian-Jaque (Le pistolere, 1972). Persino il suo ultimo film, Colinot l’alzasottane (1973) di Nina Companeez, è una coproduzione franco-italiana.
Non manca, infine, una sua partecipazione al kolossal di coproduzione americano-italiana, Elena di Troia (1956) di Robert Wise (tra le comparse Lando Buzzanca).
Le occasioni mancate sono due, una nota, l’altra ignota.
Nel 1952, il regista Michelangelo Antonioni prepara un film a episodi, I vinti, dedicato alle inquietudini che attraversano la gioventù di tre nazioni europee (Francia, Italia e Inghilterra). Per l’episodio francese, racconta lo stesso Antonioni, “fra centinaia di ragazze ne scelsi tre: una era Brigitte Bardot, aveva fatto solamente un provino per Marc Allégret; una era Jeanne Moreau; la terza, Etchika Choreau. Interpretò lei il film, ma lasciò presto il cinema per sposare il re del Marocco”.
Più paradossale la seconda occasione mancata, secondo le parole del regista (allora aiuto-regista) Guido Zurli: “Incontrai Sergio Grieco e Lello Luzi, che poi mi fecero partecipare alla sceneggiatura del film che stavano preparando, Il pirata dello Sparviero Nero [1958]. Il film era prodotto da due fratelli genovesi, i Pescino, e dalla società di Luzi, la ‘Elle Film’. In più, esisteva una coproduzione con i francesi [la società C.F.P.C. di Parigi], i quali ci proposero, per il ruolo della protagonista, una giovane attrice che, a sentir loro, sarebbe diventata presto famosa: Brigitte Bardot. Visto che i francesi non si potevano muovere e che Lello aveva dei problemi per volare, inviarono me a firmare un pre-contratto e a visionare questa attrice sconosciuta. La trasferta doveva durare solo due giorni, ma mi furono sufficienti per combinare il guaio… e che guaio! L’ufficio del produttore francese era in una traversa degli Champs–Élysées, mi sembra si chiamasse rue de Colosseum (ma potrei sbagliare). Quello che non posso sbagliare è il momento magico in cui incontrai l’attrice: fui immediatamente colpito non dalla Brigitte, ma dalla sorella Mijanou, che l’aveva accompagnata. Rendiamoci conto, il personaggio doveva essere quello di una nobildonna e Mijanou, bella, slanciata, portamento elegante, era proprio il tipo ideale che occorreva a noi, a scapito della sorella: tipo sbarazzino, scapestrato, più adatto a un film moderno. Telefonai le mie impressioni a Sergio, che mi autorizzò a cambiare attrice».
Per saperne di più
Franca Faldini e Goffredo Fofi, L’avventurosa storia del cinema italiano da Ladri di biciclette a La grande guerra, Cineteca di Bologna, 2011.
Guido Zurli, Autobiografia inedita
Io, ammiratore ovvio della Bardot da ragazzo, mi sono poi chiesto più volte, senza trovare una risposta, se il suo fascino fosse eminentemente sensuale o se, in fondo, fosse stata anche una brava attrice. Fu un fenomeno cinematografico per i suoi tempi (‘Et Dieu… créa la femme’, specialmente, cambiato in italia dai bigotti democristiani nello stupidissimo ‘Piace a troppi’), per talenti naturali, per sguardo, labbra, occhi, bellezza dirompente, insomma… ma in quanto ad attrice, mah, rimango con i miei dubbi. Non riuscì mai ad interpretare un personaggio realmente diverso da quello iniziale. Ciòè lei stessa…