Mi spiace non concordare come vorrei, con Sandro Marano e con gli ecologisti famosi da lui citati sulla questione della sovra-popolazione come determinante del disastro ecologico.
Ammesso e non concesso che il Club di Roma – nel documento sui limiti dello sviluppo – avesse fatto un’analisi comparata del peso ecologico dei popoli tecnologici e ricchi a confronto con quelli poveri, si tratta di un lavoro di oltre mezzo secolo fa.
Se allora un cane da passeggio americano pesava sulla terra più di venti indiani, oggi lo sviluppo abnorme dell’elettronica e la diffusione del mercato globale, che ha sparpagliato ovunque l’industrializzazione inquinante e aumentato il vallo fra ricchi e poveri in tutti i paesi, rendono la ricchezza/benessere, causa di disastro ecologico incomparabilmente più di allora.
La vera causa della perdita di limiti nella crescita delle popolazioni nei paesi svantaggiati e sfruttati, gli unici dove la popolazione cresce davvero, è la deruralizzazione, la sottrazione delle terre ai contadini per coltivarle industrialmente e in genere la sottrazione delle risorse naturali alle popolazioni perché non abbiano più un’economia e una cultura autonoma. Il tipico modello è il taglio della foresta amazzonica per denaro da legname e/o da grandi allevamenti o monocolture, scacciandone gli indios che vivendoci l’hanno conservata vitale per millenni.
È l’economia industriale di saccheggio delle ricchezze della terra, per trasformarle in denaro, la causa vera dei danni devastanti, del sovra-consumo e della sovra-popolazione.
La cultura, i pensieri e le abitudini, che nascono dal possedere un rapporto diretto coi limiti naturali, sono essenziali all’economia fondata sull’ecologia. Prendiamo l’energia: finché dipendiamo da produttori di energia diversi da noi o lontani, la crescita dei consumi tende a essere inarrestabile. Se invece, come comunità famigliari o di vicinato, produciamo l’energia che ci serve e ne controlliamo i limiti, cercheremo di limitarci, perché l’economia relativa smette di essere solo monetaria.
I popoli, che hanno vissuto dei prodotti del proprio lavoro sulla propria terra, hanno sviluppato tutti dei modi propri di controllo delle nascite. Il fatto è che nessuna delle popolazioni indigene o contadine hanno mai avuto problemi di sovra-popolazione. Oltretutto, secondo i dati della FAO, il 70% dei prodotti alimentari del mondo vengono dall’agricoltura contadina e artigiana, non da quella inquinante tecnologico/industriale.
Interessante articolo con cui mi trovo d’accordo