“Parthenope” di Sorrentino nasce dal mare sotto gli occhi estasiati di Achille Lauro 

Liberato dopo l'epurazione, l'armatore è il padrino della Napoli  tra ricostruzione e contestazione

Il manifesto di Parthenope, il nuovo film di Paolo Sorrentino

A Milano, Firenze, Bologna, Napoli, Casoria, Marcianise, Torino, Palermo anteprime di Parthenope, scritto, diretto e co-prodotto da Paolo Sorrentino, che saluterà il pubblico delle proiezioni di Milano oggi, 20 settembre, ai cinema Anteo (h. 23,30) e Beltrade (h. 0,15); a Napoli domani ai cinema Filangieri (h. 23, 30) e Modernissimo (h. 0,00). Solo il 24 ottobre il film uscirà nelle sale, per poi passare su Netflix.

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“Certo che è enorme la vita. Ti ci perdi dappertutto”. Firmato: Louis-Ferdinand Céline, autore caro a Paolo Sorrentino, che lo cita in ex ergo del film Parthenope, dal nome che i Cumani danno alla città nell’VIII secolo prima della nostra era.
Ma c’è una seconda nascita per Parthenope, intesa come Dea (Celeste Dalla Porta). Il parto avviene nel 1950, nelle acque di Posillipo, in corrispondenza della spiaggia privata del “Comandante”, alias Achille Lauro, armatore, editore, produttore, politico.
Parthenope ha l’incanto della semplicità e la complessità di chi di bellezza vive. Piace a tutti. Piace anche al coetaneo Sandrino (Dario Aita), socialmente inferiore a lei (è l’alter ego di Sorrentino: un frammento struggente di questo ricordo era già nella parte di memoria nella Grande bellezza).
Ua foto di Gianni Fiorito del film Parthenope

Con le sue gambe che misurano Napoli come compassi fin dal 1968, Parthenope si presenta nel 1970 all’esame di antropologia culturale. Cita un continuatore di Mircea Eliade, Ioan Culianu, un voluto anacronismo: Culianu – reale studioso dalla fine tragica e misteriosa – era nato come Parthenope nel 1950, ma in Romania e nei primi anni ’70 studiava all’Università di Perugia.

Oltre che Dea, Parthenope è prima della classe. Affascina anche il fratello maggiore e, per leggerezza, lo illude, con esito tragico; illude un industriale (Gianni Agnelli) che la corteggia – letteralmente – dal cielo; si concede senza un perché a un capo della camorra, che la fa scorrazzare su una Kawasaki; abortisce; cede, sempre senza un perché, al cardinale arcivescovo (Peppe Lanzetta) deluso da San Gennaro, restio a sciogliere il suo sangue in ampolla.
In mezzo a questo – molta roba – ci sono altre avventure e disavventure, ma nessuna scontata. Sorrentino non scrive un dialogo o una scena prevedibili. Lancia Celeste Della Porta come  star (non c’è quasi momento del film senza di lei). La fotografia di Daria D’Antonio le rende assidui omaggi.
Le canzoni d’epoca – specie quella, bissata, di Riccardo Cocciante – enfatizzano Parthenope/personaggio quanto Parthenope/Napoli, santuario maradoniano. Napoletani e napolisti preparino i fazzoletti.
Parthenope di Paolo Sorrentino, con Celeste Dalla Porta, Silvio Orlando, Gary Oldman, Isabella Ferrari, Luisa Ranieri, Stefania Sandrelli, 136′
Nicola Caricola

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