Alla Roma è più facile diventare simboli che vincere qualcosa. È bastata una trattativa fallita perché Paulo Dybala diventasse l’ennesimo Core de ‘sta città. Ai Friedkin, gli unici americani impegnati nello sport a cui non interessa vincere, va di lusso. Tanto a Roma, anzi alla Roma, basta tenersi in panchina Daniele De Rossi che è quello che è in virtù dei meriti e degli onori mietuti da calciatore. Una mandrakata. Che fa il paio con quello che fu il “colpo” Mou. Bastò il suo nome e le sue intemerate a garantire stadi pieni ed entusiasmo alle stelle. Tanto rumore per partorire la vittoria della Conference League. Che, per carità, sarà anche un titulo ma mica è la Champions. O, più modestamente, il campionato.
Diventare Re di Roma, anzi della Roma, è diventato fin troppo facile. Oggi è Dybala e, a proposito, Libero racconta che dietro il passaggio (saltato) dell’argentino in Arabia Saudita c’è una banale storiella di calciomercato piuttosto che una grande storia d’amore. Fino a ieri ha rischiato di diventarlo Soulé che è forte, per carità, ma che deve crescere ancora giusto un po’ prima di poter ambire a tanto onore (già) tributatogli. E poi ci fu, l’altro ieri, Romelu Lukaku il cui arrivo a Ciampino scatenò scene di panico di cui fece le spese la povera proprietaria di una Fiat Panda.
Tutto ciò a chi ha una minima cultura calcistica può sembrare incomprensibile. A Roma ci sono stati fior di campioni e capitani veri, autentici Re di Roma, come Francesco Totti. Ecco, forse questa è una traccia possibile: tanto manca, un fuoriclasse attaccato alla maglia come lui, che i tifosi giallorossi ne vedono ovunque la reincarnazione finendo per credere a ogni falso Dimitrij che si presenti a Trigoria. Ma questa è solo metà del ragionamento. La Roma sta tornando la Rometta che fu. E il declino calcistico è lampante. Come quello di una città retta da un sindaco la cui preoccupazione principale è divenuta chiedere ai romani cosa ne pensino del gesto di Dybala. Con un sondaggio pubblico. Roba da matti. Oppure roba da innamorati persi. Che non si rassegnano a una realtà prosaica. E’ più facile diventare simboli, alla Roma, che vincere qualcosa.
I romani, alla Roberto D’Agostino, pare di essere saggi, furbi, scafati, superiori solo perchè possono guardare distrattamente, dal finestrno, le rovine degli Antichi Romani. Quelli di oggi vengono tutti da fuori Roma… Destino di una città provinciale, con passato, ma senza presente e futuro, presa al Papa nel 1870. Potevamo loasciargliela, pagare (come facciamo, del resto, anche oggi) purchè se la tenesse per sempre…
Uno dei tanti motivi, del perché vincono 1 scudetto ogni 40 anni, a Roma come a Napoli i tifosi mettono troppa pressione, facili all ottimismo più sfrenato, ma anche pessimismo più nero alle prime difficoltà