Pensiamo proprio che prima o poi bisognerà farne un libro con tutte le castronerie, le falsità e le imprecisioni pubblicate su “Repubblica” nel vano tentativo di criminalizzare la storia della Destra italiana. E’ davvero un’ossessione.
Rimpiangiamo i tempi quando a “Repubblica” c’era la missinologa, poi aennologa, ovvero la giornalista che seguiva il Msi e poi An. Era Alessandra Longo e chiaramente non avrebbe mai scritto tante inesattezze che abbiamo letto da due anni a questa parte su “Repubblica” nel tentativo di criminalizzare la storia della Destra. Non le avrebbe scritte semplicemente perché era informata sul Msi, su An, ecc. e quindi da persona documentata avrebbe evitato certe figuracce.
Il pregiudizio
Un lungo elenco che comprende editorialisti e commentatori vari. L’Oscar del “peggiore” o del “migliore” a seconda del punto di vista va a Massimo Giannini che sulla strage di Bologna si è davvero superato. Infatti da giornalista informato dovrebbe sapere perfettamente che a sinistra non sono pochi gli innocentisti anche nel mondo giornalistico, soprattutto tra coloro che hanno letto le carte del processo.
Così per mistificare ha scritto che «“la pista palestinese” diventa la foglia di fico dell’estremismo nero. Nell’agosto del 1994 Bellini e Ciavardini la rilanciano, organizzando il primo Comitato Trasversale “E se fossero innocenti”, per insinuare dubbi sulla colpevolezza di Mambro e Fioravanti».
Parole incredibili poiché vorrebbe far credere che a organizzare il comitato siano stati due accusati processati e condannati come Ciavardini e Bellini (tra l’altro non c’è mai stato alcun legame fra di loro) mentre invece la realtà taciuta e negata da Giannini è ben diversa.
Il comitato trasversale
Come risulta sul sito dell’Associazione dei Familiari delle Vittime del Comitato sono stati promotori: la sen. Carla Rocchi dei Verdi, l’ex deputato radicale e leader di Lotta Continua Mimmo Pinto e l’ex terrorista di Prima Linea Sergio D’Elia (poi eletto deputato della Rosa nel Pugno nel 2006). Tra i firmatari padre Adolfo Bachelet (fratello di Vittorio l’ex vicepresidente del Csm ucciso dalle Brigate Rosse), la regista Liliana Cavani, mons. Luigi Di Liegro, direttore della Caritas e poi esponenti politici e non vicini al mondo radicale, dei Verdi (i senatori Luigi Manconi e Francesco Carella), della Rete (i senatori Francesco De Notaris, Pietro Cangelosi e Anna Maria Abramonte) e di Rifondazione Comunista (i senatori Ersilia Salvato, Angelo Dionisi, Leonardo Caponi), oltre ai deputati del Pds Franca Chiaromonte e Andrea De Simone, i socialisti Giacomo Mancini e Michele Sellitti; il fotografo Oliviero Toscani e tanti altri personaggi minori per finire poi con giornalisti come Giovanni Minoli, Letizia Paolozzi, Sandro Curzi, Sandro Provvisionato, Andrea Colombo e altri della redazione de “Il Manifesto”. Tra gli innocentisti anche Rossana Rossanda, Furio Colombo e Piero Sansonetti.
Tutti questi nomi naturalmente vengono ignorati da Giannini come pure da altri direttori e commentatori che parlano di “revisionismo di destra”. Così ecco spiegato lo squallido tentativo di Giannini per squalificare quel Comitato. Ma d’altronde tutti questi esponenti di sinistra non sono funzionali per il teorema che “Repubblica” e altri vorrebbero far credere, anzi lo smontano sin dall’inizio.