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Olimpiadi. Assolo d’oro di Remco Evenepoel, il Belgio trionfa nel ciclismo

In Francia, la squadra belga non sbaglia nulla, traendone il massimo profitto. Poco brillante l’Italia

by Lorenzo Proietti
6 Agosto 2024
in Sport/identità/passioni
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Il ciclismo in linea olimpico rinnova i legami tra la disciplina e la Francia, visto che, tra l’altro, il Tour de France 2024 non si è concluso a Parigi per questioni logistiche, legate agli ultimi preparativi.

Il percorso, di 273 km, con partenza e arrivo al Trocadéro ha portato i corridori a confrontarsi lungo un dislivello di 2800 metri, nel contesto di diverse difficoltà.

Complice soprattutto l’altimetria ondulata e i numerosi tratti col pavé, l’accento era posto sulla salitella di Montmartre: 1 km al 6.5%, da ripetere tre volte, l’ultima delle quali a 9000 metri dall’arrivo.

Dopo una prima parte di andata, verso un anello con sette salitelle o côtés, il ritorno a Parigi – nel circuito conclusivo – è caratterizzato per l’appunto dallo strappo di Montmartre.

In totale, tredici le salite previste, lunghe tra i 900 metri e i 2 km, con pendenze mai oltre il 6.5%.

 

I partenti

Oltre alle variabili altimetriche e planimetriche, sin dalla vigilia gli addetti ai lavori hanno insistito sull’impossibilità di controllare l’andamento della competizione, attraverso il lavoro di squadra.

Ogni nazionale, infatti, ha potuto schierare fino ad un massimo di quattro atleti – le prime cinque del Ranking dell’UCI – scendendo via via sulla base della graduatoria.

Nello specifico, con quattro sportivi cadauna, si sono presentate le compagini di Belgio, Slovenia, Danimarca, Francia e Gran Bretagna

L’Italia, così come gli Stati Uniti, i Paesi Bassi e la Spagna, ha potuto invece contare su tre atleti, convocando Elia Viviani, Luca Mozzato e Alberto Bettiol.

 

La gara

Proprio Viviani è emerso come uno dei primi protagonisti, essendosi l’italiano inserito in una delle controfughe che hanno inizialmente animato la gara.

Dietro, gli oneri principali sono andati soprattutto ai belgi e in misura minore agli olandesi, sempre senza strafare e tenendo conto della limitatezza dei contingenti.

Un’accelerazione del transalpino Valentin Madouas – a poco più di 90 km dalla fine – ha dato il via ad una serie di movimenti, legittimando la risposta di Ben Healy (Irlanda) e Aleksej Lutsenko (Kazakhstan).

L’irlandese e il kazako si riportano su Mullen – che in testa era rimasto solo con Viviani, poi a sua volta ripreso – mentre leggermente prima, all’incirca ai meno 76 km, Tiesj Benoot, per il Belgio, aveva provato a rilanciare l’andatura in salita, portandosi alla ruota il compagno Remco Evenepoel.

Quando ci sono da percorrere ancora una settantina di km, Mullen non ne ha più e così a dar man forte a Lutsenko resta unicamente Healy; nel gruppo, Evenepoel cerca di forzare in altre due occasioni, condizionando la struttura del plotone principale che si allunga notevolmente.

Si fanno vedere anche l’atleta della Mongolia Jambaljamts Sainbayar, Nils Pollit (Germania) e Michael Woods (Canada), Fred Wright (Gran Bretagna), Madouas, Stefan Küng (Svizzera) e Marco Haller (Austria).

I sette prendono margine, si associano e implementano un principio di organizzazione, riuscendo – ai meno 53 km dall’arrivo – a raggiungere il minuto di vantaggio sui più diretti inseguitori.

Intanto – ai meno 52 – il danese Mads Pedersen deve cambiare il tubolare anteriore per un problema meccanico: rientrerà senza affanni, così da non sprecare il lungo lavoro del compagno Mikkel Bjerg, spesso usato per fare ritmo.

La prima delle tre scalate di Montmartre ridefinisce la gara: mancano circa 46 km alla fine e in testa Healy allunga, rimanendo da solo, visto che il compagno di fuga non riesce a tenerne le ruote.

Nel gruppo principale, invece, quando ormai l’ascesa è quasi ultimata, scatta l’olandese Mathieu van der Poel ma Wout van Aert lo copre immediatamente, seguendolo.

Con loro, il francese Julian Alaphilippe – che avrebbe pure Madouas più avanti – lo statunitense Matteo Jorgenson e il lettone Toms Skujins.

Né Mozzato, né Bettiol si muovono, per quanto il tentativo di van der Poel si arresti a poco meno di 38 km.

Non si fa in tempo a constatare il ricongiungimento che, in un contiguo tratto meno ostico, è Evenepoel che se ne va, fino a riprendere i sette davanti a lui, mettendosi con loro all’inseguimento del capofila Healy.

Il numero 6 belga è generosissimo, visto che si impegna in prima persona tirando e assumendosi praticamente da solo l’impegno di ricucire sull’irlandese al comando.

Effettivamente ripreso Healy, con il belga e lo stesso irlandese restano i soli Madouas, Küng e Haller; gli altri, tutti ripresi.

La seconda scalata a Montmartre serve a Evenepoel per aumentare i giri, far staccare l’austriaco, lo svizzero e poi anche Healy: quarantaquattro secondi più indietro, van der Poel riallunga di nuovo, ma in duecento metri, van Aert è su di lui.

Il numero 8 si limita a seguire l’olandese, disponendo il Belgio di Evenepoel nel duo di testa.

Dietro si fanno strada altri atleti, in particolare Jorgenson e Christophe Laporte.

Il filo conduttore comunque non cambia: è soprattutto il fiammingo a tirare, visto che il francese predilige rimanere in scia, per consumare anche meno energie.

Così, ai meno 15, sull’ennesimo aumento delle pendenze, Evenepoel si alza sui pedali e si toglie dal tubolare posteriore Madouas, cominciando di fatto una lunga cronometro individuale.

Con il numero 25 all’inseguimento, cercano un loro spazio anche Laporte, Jorgenson e proprio Healy che vanno a comporre il virtuale Gruppo 3.

L’assolo meraviglioso dell’atleta belga si proietta verso orizzonti aurei con la terza e ultima ascesa del Montmartre, da cui scollina con un vantaggio di oltre cinquanta secondi sul francese; un margine, che in pochi chilometri va a superare il minuto.

Tuttavia, ai meno 3.8 km, proprio nei pressi della Piramide del Louvre, il capofila patisce una foratura: buon per lui che il vantaggio costruito, superiore al minuto, aveva consentito all’ammiraglia belga di essere al suo seguito.

Nonostante la concitazione, Evenepoel può cambiare la bicicletta e in pieno vento contrario, riprende un discorso soltanto parzialmente interrotto.

Con la Torre Eiffel sullo sfondo, Remco Evenepoel transita in solitaria sotto lo striscione del traguardo e vince, regalando al Belgio – in 6h 19’34” – la medaglia d’oro della prova in linea di ciclismo alle Olimpiadi.

Per il passista-scalatore di Aalst si tratta di un bis, dato che aveva ottenuto l’oro anche nella prova a cronometro.

Medaglia d’argento per Valentin Madouas, nel tripudio della folla, mentre Cristophe Laporte regola il gruppettino di cui faceva parte e regala alla Francia anche il bronzo.

Quarto l’ungherese Attila Valter, poi Skujins, Haller, Jan Tratnik per la Slovenia, Jorgenson e il sempre attivo Healy.

Undicesimo Julian Alaphilippe, migliore di una posizione rispetto a Mathieu van der Poel, dodicesimo, certamente deluso in quanto l’olandese era tra i favoriti della vigilia.

Il migliore degli italiani è stato Alberto Bettiol, ventitreesimo – distante 2’20” dal vertice – in una giornata nella quale l’Italia, materialmente, non è mai stata in lizza neanche per un piazzamento tra i primi dieci.

Lorenzo Proietti

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