Egna, simpatico borgo a sud di Bolzano, mistilingue sin dall’epoca asburgica, ha dato i natali a Camillo Zancani (1820 – 1888), nato come Kamillus Thomas Joseph Zancan, così è scritto negli atti parrocchiali. Il nostro Camillo sarebbe divenuto un garibaldino dei Mille, l’unico nato in Alto Adige, ma non l’unico altoatesino ad aver partecipato al Risorgimento (nel corso delle mie ricerche ne ho trovati almeno una diecina, non pochissimi, vista la particolare situazione geopolitica di quella terra nell’Ottocento). Lo Zancani parteciperà anche a tutte e tre le guerre di indipendenza combattendo con valore e raccogliendo prestigiose decorazioni, finendo, dopo il 1866, quando in Trentino verrà letteralmente travolto da un drappello della cavalleria austriaca, grande invalido di guerra.
Una consigliera comunale di Egna, la dottoressa Rosa Valenti, di Fratelli d’Italia, che tempo fa si vide bocciata una mozione affinché venissero ricordate le vittime delle foibe, con la motivazione che le foibe nulla c’entrano con Egna (che sensibilità, che argomentazione di peso!) ha avuto l’idea di proporre che il borgo natio ricordasse con una targa sulla casa natale il vecchio combattente. Apriti cielo! La mozione è stata bocciata con il voto contrario anche degli esponenti del cosiddetto centro-destra (la maggioranza ad Egna è costituita da SVP e postcomunisti).
Del fatto storico posso parlare con cognizione di causa, in quanto nel 1988 ero il segretario del Comitato Onoranze al garibaldino, Comitato costituitosi con il fervido augurio dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e cui diedero la propria adesione importanti personalità nazionali, trentine ed altoatesine, e sul personaggio qualche competenza ce l’ho pure, essendone il biografo.
Vi è da dire che, probabilmente, ad Egna esiste una lobby, assolutamente trasversale ed interlinguistica, che ha giurato odio mortale a tutto ciò che possa rimandare al Risorgimento italiano. I precedenti non mancano: in una frazione del simpatico borgo si volle togliere l’intitolazione di una piazza a Giovanni Prati, poi ripristinata – fortunatamente – a furor di popolo. Ebbene, Giovanni Prati, (1814 – 1884), trentino naturalizzato sardo, poi italiano, fu colui che scrisse molte poesie patriottiche, tra cui quell’ ode a Carlo Alberto in cui vi sono i versi: “Alza la mano al Brennero/ Che qua tant’odii ha scarchi, / Grave intimando all’ospite, / Che in pace lo rivarchi;”. Per me, fautore convinto della massima libertà di espressione e grande nemico dei cosiddetti “reati d’opinione” (inconcepibili, per esempio, secondo il diritto anglosassone), è perfettamente legittimo che uno possa odiare il Risorgimento e l’Irredentismo, però deve avere, almeno, il coraggio di dirlo apertamente, non è saggio nascondersi dietro poche rozze argomentazioni, totalmente infondate, che inducono chi le ascolta a pensare all’espressione di un basso livello culturale unito ad un’alfabetizzazione piuttosto recente e, forse, non del tutto completa. Quando poi determinati argomenti vengono fuori da italiani, allora sì che torna d’attualità la frase del grande Massimo d’Azeglio, il quale sosteneva che non gli facevano paura i tedeschi, bensì certi italiani…
La prima accusa è che Zancani pagherebbe lo scotto di essere stato “riscoperto” dal Senatore Ettore Tolomei, in Alto Adige accusato di ogni nequizia, l’epiteto più gentile che gli si rivolge è “becchino del Sudtirolo tedesco”; in realtà, con Zancani, Tolomei c’entra assai poco, il suo primo biografo è stato lo storico trentino Antonio Zieger, il quale, tanto per la cronaca, combatté la prima guerra mondiale con l’uniforme di ufficiale dell’esercito austro-ungarico. Non è vero, poi, che lasciò definitivamente Egna a 17 anni, come qualcuno afferma, ma a 27. Si dice, inoltre, che non abbia amato la borgata, ma ciò è smentito da una testimonianza scritta, dove affermava di voler far riposare le proprie ossa nel paesello natio. Se sono state raccolte testimonianze in contrasto, allora vanno prodotte, purché non provenienti da sedute spiritiche…
Un capolavoro d’ involontario umorismo proviene da chi si è scagliato contro il processo dell’unità nazionale italiana che si sarebbe compiuta a danno di altri stati europei: l’Italia, divisa in tanti piccoli stati, quasi tutti sotto soggezione straniera, era l’unica nazione che non si sarebbe dovuta unire. E, magari, alcuni sostenitori di questa tesi, a dir poco peregrina, hanno il coraggio di definirsi “progressisti” ed “europeisti”! Alla faccia del progressismo e dell’europeismo…
L’odio per il Risorgimento, che prospera così rigoglioso ad Egna, è sconosciuto, per esempio, a Vienna. Anni fa, feci approntare, dalle Poste Austriache, un francobollo personalizzato con l’effigie dello Zancani. Mi telefonò una gentile signora da Vienna, che doveva approvare la produzione del francobollo, chiedendomi chi questo Zancani fosse. Glielo spiegai e lei concluse: “Ah, un combattente per la libertà, allora… Approvato!”. Ogni commento è superfluo, ma voglio ricordare un altro aneddoto. Nel 1866, il primo drappello garibaldino che giunse al confine di Ponte Caffaro, era guidato dal friulano Cella, anche lui uno dei Mille. Si batté a duello con un ufficiale austriaco originario della Moravia e vinse. Terminata la guerra tutti e due gli ufficiali abbandonarono l’uniforme e svolsero la professione di agenti di commercio. Il Cella entrò in un ristorante a Trieste ancora austriaca e da un tavolo si alzò un signore che lo invitò a mangiare con lui: era l’ufficiale austriaco del 1866 che si disse onorato di essersi battuto a duello con uno dei Mille e pranzarono assieme, chiacchierando come i vecchi commilitoni che, in effetti, erano, anche se avevano indossato uniformi diverse…
Qualche spiritosone ha affermato che lo Zancani è stato “un soldato qualsiasi”, ma anche questo non è vero: egli fu sempre volontario, pluridecorato (pur essendo repubblicano, venne insignito del prestigioso Ordine Militare di Savoia), e, volontariamente, si costituì alle autorità di polizia austriache, professando le proprie idee irredentiste e sciroppandosi, quindi, la sua brava galera. Quanti, oggi, hanno il coraggio di affrontare il carcere pur di difendere le proprie idee? Io ne vedo gran pochi, vedo invece tanti leoni da tastiera che sparano corbellerie a raffica!
Sentire poi, che Zancani, anche lui tirolese, ha fatto la guerra ai tirolesi, farebbe rizzare i capelli in testa anche al tenente Kojak! Egli fece la guerra all’Impero austriaco (non a quello austro-ungarico, nato solo nel 1867, un anno dopo che lo Zancani, grande invalido di guerra, smettesse l’uniforme). Il termine “Trentino”, prese veramente piede solo nella seconda metà dell’Ottocento (Alto Adige, toponimo di origine napoleonica, venne ripreso solo alla fine del XIX secolo) e, ancora nel 1866, Garibaldi si rivolge ai trentini chiamandoli “tirolesi”, infatti quella terra era allora nota come “Tirolo italiano”, “Tirolo cisalpino”, “Tirolo meridionale”.
Spero che qualcuno organizzi, prima o poi, un serio convegno storico su Zancani e gli altri altoatesini che parteciparono al Risorgimento. Sarò lieto, se invitato, di parteciparvi e di confrontarmi con studiosi di opinioni differenti dalle mie, purché siano persone serie, però, non con pagliacci in malafede che, per quanto mi compete, stanno bene solo al circo e nell’omonima opera di Ruggero Leoncavallo.
*Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – Istituto Internazionale di Studi Giuseppe Garibaldi