Monde & Vie. Signor Alain de Benoist, lei è un caposcuola e uno dei migliori analisti politici di Parigi. L’esito del voto del 7 luglio l’ha sorpresa, come l’annuncio di uno sconvolgimento politico, o nello scrutinio ha scorto il semplice effetto di tettonica delle placche elettorali, in nome del redivivo imperativo antifascista?
Alain de Benoist. “Mi sono sorpreso, come tutti gli altri. Ma anche e soprattutto mi ha sgomentato constatare, nelle reazioni successive, come le emozioni prevalessero sull’analisi. Da un lato una sorta di afflizione disperata (“tutto sprecato!”), dall’altro un vile sollievo, accompagnato da vanteria (“abbiamo vinto!”). Guardando le cose un po’ più da vicino, nessuna di queste due reazioni spiega l’accaduto. Io constato due cose: il Rassemblement National (RN) cresce ancora e la Francia è diventata ingovernabile.
Sul primo punto le cifre numeri parlano chiaro. Nel 2017 il RN aveva solo 6 deputati nell’Assemblea nazionale. Nelle elezioni legislative del 2022 è balzato a 89 deputati (il che è stato giustamente considerato un successo straordinario). Il 7 luglio ne ottiene 143, l’esatto contrario di un fallimento (Bardella non ha torto dicendo che questa era “la svolta più importante nella storia” del suo partito)! Inoltre ha raccolto quasi 10 milioni di voti (nel 2022 ne aveva ottenuti solo 4,2 milioni), contro i 7,4 milioni del Nouveau Front Populaire e i 6,5 milioni dell’Ensemble, coalizione elettorale del centro macroniano. Quindi parlare di “ritirata del RN” è grottesco.
Certo, il RN non ha raggiunto la maggioranza assoluta (289 seggi su 577), contrariamente a quanto prospettavano gli ottimi risultati (più del 34% dei voti) alle ultime elezioni europee e al primo turno delle elezioni politiche, risultati che si spiegano soprattutto con il senso di espropriazione delle classi lavoratrici, che oggi si confrontano sempre più con insicurezza, immigrazione, inflazione, diminuzione del potere d’acquisto e precarietà.
Questo fallimento può essere spiegato con le particolarità del voto a maggioranza a due turni, che autorizza tra i due turni negoziati e contrattazioni che hanno la strana caratteristica di non favorire i vincitori del primo turno, ma la coalizione dei perdenti. In totale, 224 candidati della sinistra e del centro si sono ritirati o si sono ritirati col solo fine di impedire alla RN di ottenere la maggioranza che normalmente gli sarebbe spettata. Abbiamo poi assistito, col pretesto di “bloccare l’estrema destra”, e in un clima isterico mantenuto dai media mainstream, che presentavano l’arrivo della RN come la versione moderna dell’Apocalisse, una serie di alleanze innaturali – Jordan Bardella ha parlato di “alleanza del disonore” – tra personalità e partiti che si erano opposti solo il giorno prima, con l’unico scopo di privare il RN, molto spesso in testa al primo turno, della vittoria che avrebbe dovuto ottenere. Spettacolo incredibile di centristi che eleggono comunisti e di un’estrema sinistra isterica, che chiede di votare gli intermediari del potere del grande capitale!
Tali ritiri spiegano come il RN sia prevalso in soli 93 duelli al secondo turno, sui 353 cui partecipava. Questo sistema profondamente antidemocratico è una particolarità francese: coi metodi di voto in Gran Bretagna o in Germania, Bardella, che ha battuto ancora una volta il suo primato alle elezioni europee, ottenendo il 37% dei voti, oggi guiderebbe il governo!
Si comprende la delusione di chi, nel RN, si vedeva già “alle porte del potere”. Porte che in realtà erano forche caudine. Sono uno di quelli lieti che Bardella non abbia dovuto assumere l’incarico di primo ministro di un governo di coabitazione. La coabitazione è stata una trappola tesa molto abilmente da Macron per far sì che il presidente del RN, che avrebbe dovuto affrontare sia le trappole del Capo dello Stato, sia le manovre oblique della Corte Costituzionale, si scoprisse impotente, “apparendo come un incapace”. La coabitazione era come dargli le chiavi di un camion senza ruote né gasolio. Per Macron era il modo più sicuro per impedire al RN di vincere le elezioni presidenziali del 2027″.
M&V. Si può dire che Macron, imponendo di sciogliere il Parlamento, appena possibile dopo le elezioni europee, abbia sorpreso il RN, che rimane il primo partito per numero di voti, ma diventa l’ultimo dei tre blocchi per numero di seggi. Oltre alla barricata antifascista, sconta un radicamento locale modesto. E qualcos’altro?
AdB. “Il RN non fatto nessun errore grave, salvo vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. D’altro canto possiamo criticarlo per aver selezionato in fretta e male candidati, un quarto dei quali, se non un terzo, non ne aveva capacità né profilo. Gilles Pennelle, responsabile di questo lavoro, si è dimesso. È vero che lo scioglimento aveva sorpreso tutti, a cominciare da chi lo aveva gridato senza crederci, e che una campagna così breve rendeva difficile trovare uomini adatti in pochi giorni. Quanto al radicamento locale del movimento, è molto migliore che all’epoca del FN (Jean-Marie Le Pen se ne disinteressava), ma è ancora molto insufficiente. Sono cose che esigono tempo.
Il “fronte repubblicano” funziona ancora, ma sempre meno. La prova è che molti candidati del RN hanno perso di poco, con minime differenze di voto. Col tempo, la cultura “antifascista” apparirà solo come un simulacro. Ormai si sa che non si risolvono i problemi quotidiani evocando lo spettro degli “anni bui”, parlando del pétainismo o dell’imbianchino bavarese”.
M&V. Che cosa dovrebbe imparare dalla sconfitta Marine Le Pen?
AdB. “Dovrebbe riuscire a ridurre il Centro alla sua espressione più semplice: il “blocco borghese” deve essere il nemico principale. Poi dovrebbe privilegiare analisi e formazione, anziché affidarsi solo all’entusiasmo o all’indignazione. Dovrebbe capire che la ricomposizione politica, cominciata quindici anni fa, continua, ma un passo alla volta. L’unica colpa imperdonabile sarebbe deludere le classi popolari e medie, che hanno riposto e continuano a riporre in lei ogni speranza. Tutti i sondaggi mostrano che sui temi-chiave (insicurezza, potere d’acquisto e immigrazione), il 70% dei francesi concorda con lei”.
M&V. Quale futuro politico può ambire Eric Ciotti, dopo il suo “colpo di stato” tra “Les Républicains (LR)”?
AdB. “Il suo futuro politico si fonderà ora con quello del RN, ma avrà un ruolo significativo come ponte verso i membri di LR, che non hanno ancora fatto la sua stessa scelta”.
M&V. Nonostante le profezie, il partito presidenziale sembra aver salvato capra e cavoli e ormai far parte del panorama politico francese. Che cosa ne pensa?
AdB. “Non li salva affatto! Cercherà sicuramente di raggirare qualcuno dei LR, che non hanno seguito Ciotti, e qualche socialdemocratico moderato, ma dubito che questo gli farà molto bene. Lo vedo più come il grande perdente. Macron aveva giustificato lo scioglimento del Parlamento con una preoccupazione di “chiarimento”. Sul piano chiarificatore ha creato una situazione opaca e caotica. Quanto a sciogliere, ha sciolto la precedente maggioranza, ha sciolto il macronismo e, in un certo senso, ha sciolto se stesso.
In Parlamento coesisteranno tre grandi blocchi di dimensioni comparabili. Ma nessuno ha la maggioranza per governare. Con 168 deputati, Ensemble è lungi dal ritrovare i 250 deputati che Macron aveva nella legislatura precedente, per non parlare dei 350 deputati eletti nel 2017. Il Fronte della Nuova Sinistra, dal canto suo, con 182 deputati, è ancora al di sotto della soglia dei 250.
Inoltre, mentre il RN, con gli alleati repubblicani raggruppati attorno a Ciotti, forma un blocco relativamente unificato, i suoi due concorrenti sono tutt’altro che uniti. Si tratta di aggregati eterogenei, vale a dire coalizioni di circostanza. Stiamo entrando in un periodo di instabilità, rivalità incessanti e discussioni permanenti, in cui i governi che si susseguono rischiano di non durare più a lungo di quello della Quarta Repubblica, il tutto in un contesto di guerra in Ucraina e di tensioni internazionali di eccezionale gravità. In parlamento il gruppo Renaissance ha già cominciato a disgregarsi. I repubblicani sperimenteranno nuove divisioni prima di scomparire, Il Nuovo Fronte di Sinistra andrà in pezzi alla prima occasione”.
M&V. La LFI rimarrà il partito di estrema che i suoi nemici vogliono che sia? Non si fonderà invece nel panorama politico, diventando il ramo francese della sinistra americana?
AdB. “Non lo vedo fondersi nel panorama politico, né schierarsi attorno a una sinistra americana, già eminentemente rappresentata da Raphaël Glucksmann. La sera del secondo turno Mélenchon ha pronunciato un grande discorso lirico, dal quale è emerso che la LFI aveva vinto. In realtà, LFI è ora in minoranza all’interno del Nuovo Fronte di Sinistra, cosa che non era ai tempi del NUPES. Ma Mélenchon, meno cattivo stratega di quanto si creda, vede lontano. Probabilmente non ha torto.
Poiché si prevede che il Centro si eroderà gradualmente, se verrà attaccato sia dal RN che dalla LFI (su questo punto i loro interessi coincidono), la logica vorrebbe che, alle prossime elezioni presidenziali, Marine Le Pen (o Bardella) si ritrovi in testa al secondo turno contro un uomo come Mélenchon. Avrebbe tutte le possibilità di vincere un simile duello, soprattutto perché la situazione nel Paese sarà ulteriormente peggiorata, mentre la frustrazione e la rabbia dei suoi sostenitori continueranno ad aumentare. Fino ad allora, dobbiamo aspettarci la quasi totale paralisi istituzionale, l’instabilità e, senza dubbio, la violenza. La V Repubblica non aveva mai sperimentato qualcosa del genere. Questa situazione è senza precedenti”.