Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che il romanziere francese Jules Verne (1828-1905), è stato uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, un fuoriclasse della narrativa, il padre assieme a H. G. Wells della fantascienza contemporanea.
I suoi romanzi, ben più numerosi degli anni che visse, hanno avuto decine di trasposizioni teatrali, fumettistiche e perfino cinematografiche: dal Viaggio nella Luna del 1902 al Viaggio nell’isola misteriosa del 2012.
Tra le onorificenze ricordiamo solo la gloriosa Legion d’Onore, conseguita nel 1870 e la nomina di un cratere Jules Verne sulla Luna nel 1995. Bene.
Per i 200 anni dalla nascita, nel 2028, il sindaco di Nantes Johanna Rolland, socialista ma poco al passo coi tempi del macronismo woke, ha pensato di creare un gran museo Verne “all’interno della Città dell’immaginazione”, uno spazio concepito proprio per commemorare l’immenso bretone.
Ma l’idea non piace ai decostruzionisti fluidi i quali hanno formato un gruppo social, chiamato «La Comune de Chantenay» La Commune de Chantenay | Facebook che vorrebbe impedire, a suon di insulti, ricostruzioni storiche farlocche e minacce, il progetto in corso. «È difficile trovare», recita un comunicato del gruppo, «uno solo dei suoi 82 romanzi che non rechi tracce indelebili di ideologia sessista, razzista e colonialista». Verne infatti «venera le macchine e il progresso del capitalismo predatorio del XIX secolo». Un mostro, insomma, quasi un mezzo Hitler.
Probabilmente chi fa sfoggio di questo fraseggio inetto gli 82 romanzi di Verne neppure li ha sfogliati, e forse neppure 8 o 2. Ma una cosa è comunque strana.
Se l’autore è così pesantemente ideologico, oscuro e violento, come mai per tutta la sua vita non se ne è accorto nessuno, neppure a sinistra? Se una visione così reazionaria, becera e squallida emergerebbe da tutti i suoi scritti, come mai nessuno, fino a ieri, ha avuto nulla da ridire sul successo mondiale, in libreria e al cinema, dei celebri Giro del mondo in 80 giorni, Ventimila leghe sotto i mari o Viaggio al centro della terra?
Addirittura secondo l’illuminato collettivo, i testi di Verne costituirebbero una «eredità tossica», costituita dalla «invenzione di una fake cultura, basata su un esotismo di paccottiglia e una visione letteraria colonialista».
«La città di Nantes» proseguono i puristi, farebbe meglio «a dare spazio ad altre figure della storia locale» invece che a «questo scrittore bianco e borghese, dai testi problematici, che era sia razzista che antisemita». Beh, se era pure bianco e borghese.
In pratica, per i nuovi moralisti Verne era una sorta di proto-nazista: cosa esprime meglio in effetti, in un solo termine di sintesi, tutti gli aggettivi elencati: razzista, antisemita, colonialista e sessista?
In ambiente conservatore e moderato, ma non moralista, si usa dire che «non bisogna leggere il passato, con le lenti del presente». Il che non fa una piega.
Ma stavolta vorremmo sottolineare altro. Verne piace a milioni di francesi, di europei, di abitanti del pianeta: bambini e anziani, ricchi e poveri, uomini e donne. E’ piaciuto ai nostri padri e ai nostri nonni e, se non sarà proibito da Macron o peggio da Mélanchon, piacerà a molti dei nostri figli e nipoti.
Quindi, cari anti colonialisti, anti razzisti, anti sessisti, vi rendete conto di quello che state facendo? Se un immenso letterato, capace di diventare un classico e un immortale della letteratura già da vivo, era un proto o cripto o semi nazista, allora alcuni potrebbero dirsi che il nazismo, seguendo la vostra logica, non era poi così male.
Hitlerizzando o nazificando tutti coloro che non vi vanno a genio al 100%, da Gandhi a Churchill, da Cristoforo Colombo a Indro Montanelli – per nominare solo alcuni dei personaggi di cui infangate la memoria e danneggiate le statue – siete proprio voi, ideologi del nulla e moralisti senza morale, a dare una dignità postuma all’hitlerismo, all’Ur-Faschismus (Eco) e a tutto ciò che dite di non amare.
Ma la gente si è stufata di essere presa in giro in nome del politicamente corretto, e al gran clown Macron, preferisce l’italo-francese, realista e sovranista, Jordan Bardella.