E’ una questione annosa, quella dei supereroi in salsa italiana, o comunque europea. Si possono fare, non si possono fare? Avrebbero successo? Non avrebbero successo? E soprattutto, come farli? Quale modello seguire?
Alla Sergio Bonelli, la più grande casa editrice italiana di fumetti, si fa qualcosa che potrebbe rimandare al concetto di supereroe, ma non nel modo in cui concetto viene sviluppato negli Usa. Tex Willer, Zagor, Nathan Never ecc. sono personaggi con poteri fuori dal comune, ma ricalcano un genere avventuroso classico, con storie che, con qualche aggiustamento, potremmo far risalire alla Hollywood in bianco e nero.
I supereroi sono un’altra cosa. Cozzolino, curatore di questo volume, sceglie una via particolare e che rivela una precisa presa di posizione nei confronti dell’argomento. Dall’introduzione al volume:
“Ed eccoci pronti per questo lungo viaggio tra “superuomini, superdonne e super botte” (titolo di un simpatico filmaccio peplum anni settanta). Sarà come leggere il numero uno dell’Uomo Ragno o rivedere un vecchio film in technicolor, pieno di agenti segreti, robot, ragazze in bikini, vampiri, alieni con le antenne e mostri giganteschi. Specchio di un mondo fantastico e un po’ surreale che ci pare così familiare senza capire il perché, e di cui vorremmo tanto essere parte.”
Quindi la scelta di Cozzolino (e dei suoi autori) è chiara. Non la Hollywood si serie A, quella dei grandi attori e grandi registi, ma semmai la Hollywood dei film di serie B, Roger Corman, Ed Wood, i mostri della Universal ecc. Il modello è quello naif e vintage, nostalgico, verso un cinema e una narrativa popolare e ingenua che oggi non si fa più. D’altra parte il libro si intitola non a caso “Vintageverse”. E nelle intenzioni dovrebbe dare il via ad un vero e proprio multiverso alternativo, legato a romanzi, graphic novel, eventualmente film ecc., popolato dai personaggi che prendono vita fra le pagine di questa raccolta germinale.
La scelta di Cozzolino e co. inoltre si lega ad un preciso modo di intendere il genere supereroistico. I supereroi americani si dividono infatti in due grandi modelli.
Partiamo dal secondo modello, il più recente (si fa per dire): il metodo della Marvel dei supereroi con super-problemi. I supereroi Marvel di Stan Lee, sia che percorrano sordidi vicoli di New York (Punisher, Devil ecc.) o attraversino in volo le galassie quantiche o di Asgard (Thor, F4, Ant man ecc.), sono accomunati dal fatto di essere vittime di problemi esistenziali, sentimentali o di qualche varia natura. Sia che si tratti dei problemi familiari e sentimentali dell’Uomo ragno, o della patologia cardiaca connessa all’alcolismo di cui soffre Iron man, si tratta sempre di situazioni critiche.
Super eroi con super problemi: questo era ed è il marchio di fabbrica della Casa delle Idee (come veniva chiamata la Marvel).
I supereroi della Dc comics sono invece cronologicamente precedenti (la Marvel venne fondata negli anni ’60 mentre la DC prima della guerra): questi supereroi vecchio stampo sono esseri mitologici, immortali, invincibili. Se si eccettua Batman, i supereroi della DC comics hanno poteri sovrumani quasi incredibili, possono viaggiare nel tempo (come Superman o Flash), possono spostare montagne, comunicare con il pensiero, fare appello alla telecinesi ecc. Sono come Dei incarnati, e i loro nemici non hanno un fascino luciferino e perverso (come i cattivi della Marvel) ma sono cattivi a tutto tondo, spesso anche un po’ stolti, contro cui aizzare il tifo a senso unico del lettore.
Cozzolino e co. si rifanno a questo ultimo modello. I supereroi italiani del Vintageverse di questo omonimo volume sono eroi senza macchia e senza paura, dotati di poteri incredibili, che combattono un nemico tratteggiato come totalmente negativo, sia che si tratti di una minaccia rossa e sovietica, sia che si tratti di scienziati pazzi ecc. Questi eroi non hanno un lato oscuro, non sono vittima di tormenti esistenziali, ma sono gli eroi che immaginavamo da ragazzini, in piena luce, senza chiaroscuri. Gli eroi solari e un po’ ingenui delle pellicole che amavamo, o forse amavano i nostri padri, subito dopo la guerra o anche prima.
Gli eroi di questa raccolta si chiamano Ursus (come nel racconto di Riccardo Rosati), Proteus (come in quello di Carlomanno Adinolfi), o Dottor Maciste (in quello di Andrea Guglielmino) e rimandano così anche ad un immaginario nostrano di pellicole peplum o avventurose. Questi racconti sono percorsi da belle damigelle in pericolo, scienziati al servizio del Soviet, vampiri o agenti segreti al servizio di entità internazionali. Spesso hanno Cinecittà come teatro delle loro gesta, che si svolge in una Dolce vita rivissuta con fascino, sarcasmo e nostalgia. Gli anni ’60 quindi, dove sull’onda del boom economico, ogni italiano risollevatosi dalle macerie della guerra, si sentiva anche lui un po’ supereroe. Quindi siamo di fronte a fascinosi avventurieri che sorseggiano Martini a Via Veneto abbracciati a qualche modella svedese dalle forme alla Anita Ekberg. Sono spesso citati i registi-cult dell’epoca, da Fellini a Steno ad Antonioni a Visconti. Abbondano le fuoriserie e gli abiti costosi, Insomma, l’atmosfera vintage c’è tutta e in grande dovizia e abbondanza. Inoltre gli elementi futuristici e fantascientifici sono tratteggiati con un gusto kitsch e degno degli arsenali dei film di James Bond. Non manca la vena satirica e che lega alla commedia all’italiana, visto che due personaggi del racconto dello stesso Cozzolino sono l’agente Flit e l’agente Tont, protagonisti, con le facce grossolane di Raimondo Vianello e Lando Buzzanca, di due spassosissime serie demenziali su emuli del celebre agente segreto di Ian Fleming. Appare Cozzolino stesso in questo racconto, facendo il verso a un certo vezzo di scrittori come Stephen King, di inserirsi come personaggi nei loro stessi racconti. L’aria quindi del non-sense è ampiamente presente, ma siamo autori italiani, e la commedia ce la abbiamo caricata di default!
Siamo di fronte quindi a una serie di clichè che messi uno dietro l’altro, creano una esperienza estetica sublime e sublimata. Quella che secondo la celebre definizione di Umberto Eco, avviene quando assistiamo a storie che fanno dell’accumulo di questi clichè il loro punto di forza: Eco fa l’esempio del film Casablanca, con Humprey Bogart, in cui i clichè di mille film e racconti similari sono raggruppati in modo parossistico e sparsi a piene mani: l’agente segreto, il barman, la bella in pericolo, l’aviazione, lo scenario esotico. Eco ripropone questo schema quando parla del capolavoro di Sergio Leone, C’era una volta il west, anch’esso film-contenitore di una pluralità di archetipi riproposti e miscelati ad uso e consumo dello spettatore post-moderno. Nel suo “Superuomo di massa”, lo stesso Umberto Eco fa riferimento alla natura consolatoria di questa fiction superomistica, in cui il lettore, frustrato da una realtà a lui ostile, si rifugia in storie dove il bene trionfa e il buono si vendica dei torti subiti, avendo come archetipo principale di queste storie la vicenda congegnata da Alexandre Dumas del “Conte di Montecristo”. C’è anche, qua e là, un accenno alla mitologia orrorifica di H.P. Lovecraft, con i suoi mostri tentacolari e vagamente edipici.
Insomma, siamo di fronte a un frullato di gran marca, sempre nella direzione del vintage, della sospensione dell’incredulità, e del riandare a mitologie forse un po’ ingenue che amavamo da ragazzi e che gli autori di questa miscellanea non ci vogliono far scordare. Non mancano accenni alla massoneria, alla forza mai sopita della cristianità, alla Roma imperiale, e al concetto di eroe senza macchia e senza paura. Quindi una messa in sospensione di tutta quella narrativa moderna alla Dylan Dog, o alla Alan Moore e Frank Miller, con i loro fumetti moderni cupi e intellettualistici, mentre qui c’è un recupero di forme giocose, infantili e prive di pesantezze e opacità. Insomma il cinema e i fumetti che ci piacevano da bambini, compresi ampi riferimenti all’hard boiled americano in salsa amatriciana, e ai mostri e agli horror classici della casa di produzione americana Hammer. Quella dell’Uomo lupo, Dracula e Frankenstein, per capirci.
Questo volume, corredato di disegni di artisti italiani di un certo calibro, che è in realtà un progetto a lungo respiro, ha come dicevamo una natura multimediale, dovrebbe dare il via ad un filone. E speriamo che l’operazione qui proposta abbia una buona riuscita critica e commerciale e permetta un nuovo proliferare di superomismo vintage in salsa italica.
Farebbe bene a tutto il sistema editoriale.
VINTAGEVERSE! Storie di supereroi made in Italy: A cura di Giuseppe Cozzolino
I fumetti che hanno dominato negli ultimi decenni(tra quelli made in Italy) sono quasi tutti di marca bonelliana e,spesso, sono ultrapoliticizzati(versante estrema sinistra…) ; un nome per tutti Dylan Dog, un tempo realmente un bel fumetto, ma che nel corso degli anni è diventato (spesso) illeggibile. Alla fine si sente realmente il bisogno di leggere avventure interessanti ma totalmente disimpegnate, piuttosto che sociologia d’accatto da centri sociali…Quindi ben vengano iniziative come questa, che forse potrebbero riportare il mondo del fumetto alla sua innocenza originaria.