Chi scrive non nutre particolare simpatia per la visione cristiana del mondo. Nonostante ciò, abbiamo trovato il volume del teologo Anselmo Stolz, Ascesi cristiana, da poco nelle librerie per i tipi di Iduna Edizioni, libro davvero interessante. Il testo è arricchito dall’introduzione di Nuccio D’Anna che consente di cogliere ciò che è essenziale nel discorso del teologo “contemplativo” tedesco e di contestualizzarne storicamente l’opera (per ordini: associazione.iduna@gmail.com, pp. 195, euro 18,00). Il volume uscì in prima edizione nel 1943, poco dopo la scomparsa prematura del religioso, grazie ad alcuni suoi discepoli. In esso, l’autore raccolse le lezioni e gli appunti relativi agli esercizi spirituali che aveva tenuto in molti Conventi e Comunità cristiane d’Europa. Prima di entrare nelle vive cose della ascetica di Stolz, della quale si occupò perfino il “pagano” Evola, è bene, seguendo le proficue indicazioni di D’Anna, soffermarci brevemente sulla sua formazione.
Chi era Anselmo Stolz
Nato nel 1900 da una famiglia di origini borghesi, in un paese nei pressi di Düsseldorf, nel 1916 entrò nell’abbazia benedettina di Gerleve, assumendo il nome di Anselmo. Nel 1920 pronunciò la professione monastica. Ben presto mise in luce una non comune propensione intellettuale e contemplativa: «il giovane monaco mostra un intelletto vivace, ben organizzato, disciplinato» (p. I), per la qualcosa raggiunse Roma al fine di completare al meglio la propria formazione. Fu introdotto allo studio di Tommaso d’Aquino ma, nello stesso tempo, seguiva, con vivo interesse i corsi di Teologia Spirituale tenuti del domenicano Garrigou-Lagrange, notissimo studioso di mistica e ascetica cristiana. Nel 1933 comparve nelle librerie il suo primo testo sul tomismo, Glaubensgnade und Graubenslicht nach Thomas von Aquin. In esso: «non si limita a ordinare organicamente le sue ricerche […] ma mostra lo spazio sapienziale che alimenta i fondamenti patristici dell’intera spiritualità medievale» (p. II). Nel 1928 ottenne la cattedra di Teologia al Sant’Anselmo di Roma, dove conobbe Erik Peterson, eminente studioso della Patristica.
Negli anni immediatamente successivi dette alle stampe una monografia anselmiana, nella quale colse la presenza di implicazioni mistiche e contemplative nella teologia del filosofo della prova ontologica. In Stolz, lo ricorda D’Anna, non è solo presente la volontà di recuperare la sapienza dei Padri, ma l’humus ascetico della mistica esicastica praticata dai monaci del monte Athos. La posizione del teologo tedesco è, in questo senso, estranea e non assimilabile allo sviluppo della teologia razionalistica che si affermava nei primi decenni del Novecento e rappresenta, nella storia del pensiero cristiano del periodo, un unicum. Con il monumentale Manuale Theologiae Dogmaticae, uscito incompleto in sette fascicoli tra il 1939 e il 1943, a causa della morte dello studioso, siamo di fronte all’opera teologica più organica ed originale di quel frangente storico: «la sua complessità espositiva indica […] che il piano organico seguiva una linea ideale che intendeva toccare tutti gli ambiti nei quali la teologia dovrebbe assumere la funzione di […] “forma formante”» (p. V). Le verità ultime sono realmente tali, a dire di Stolz, se colte in prospettiva “realizzativa”: non è sufficiente, come allora credeva il maggior numero dei teologi, una loro esposizione meramente logico-discorsiva.
Nelle pagine di Teologia della mistica, opera uscita nel 1939, queste tesi vengono ampliate. Il teologo mette sotto attacco quanti sostenevano la mistica essere fenomeno marginale e limitato a personalità d’eccezione. Al contrario, a dire del tedesco: «la teologia […] può palesare […] la Fonte dalla quale è germinata, la Realtà trascendente, provvidenziale e perennemente vitale» (p. VIII). Insomma, la verità presentata dalla Patristica va esperita, vissuta. Ciò è reso possibile dalla sua vivida presenza nella vita sacramentale: «una vera e propria via di perfezione […] configurata come una mistica del Cristo[…] che suppone una stretta relazione fra il mistero liturgico, i sacramenti, la vita ecclesiale» (p. IX). Tali tesi trovano conclusione nell’Ascesi cristiana che qui presentiamo.
Il saggio Iduna
Il libro è diviso in due sezioni: la prima si occupa delle diverse forme assunte dall’ascesi: «emergono potenti figure ascetiche come quelle dell’eremita, le molte forme di vita conventuale […] le Comunità dei Chierici Regolari, persino i monaci girovaghi» (p. XII). Questi seguivano, nei pellegrinaggi, un preciso tracciato di “geografia sacra”: «L’intento era quello di riprodurre in terra precisi punti di riferimento di una “mappa celeste”» (p. XIII). In Francia, il riferimento alla Costellazione della Vergine ebbe ruolo paradigmatico nella progettazione e nella costruzione delle cattedrali consacrate al culto di Maria.
Ogni stazione del pellegrinaggio terreno, corrispondeva a una tappa del viaggio anagogico interiore. La seconda parte del volume descrive particolari rituali ascetici e analizza il ruolo rilevantissimo della preghiera e della vita liturgica. Entrambi risultano essere strumenti di elevazioni capaci di condurre il monaco nel silenzio principiale. Le antiche ritualità liturgiche, a giudizio di Stolz, non sono affatto pratiche esterioristiche. Al contrario, risultano essenziali al fine di concedere all’orante la stabilità del “centro interiore”, atto a tacitare il chiacchiericcio dell’io e del mondo: «l’antico monaco usava intonare le formule liturgiche con le braccia alzate rivolto verso l’Oriente. É il punto aurorale nel quale appare il sole» (p. XV). Momento apicale della liturgia è da individuarsi nel mistero eucaristico: «che si attua quotidianamente nella più piccola e sperduta chiesa del mondo» (p. XVI). Inoltre, Stolz ribadisce come il modello di ogni asceta è la purezza virginale di Maria: paradigma mai compiutamente raggiungibile ma offerto ad ogni uomo che anagogicamente tenda alla ricerca dell’Assoluto.
Un teologo inattuale Stolz: la sua visione “realizzativa” cerca “disperatamente” di saldare il naturale nel sovrannaturale. Quest’ultimo è già tutto qui, in noi, nella physis.