Se ha ragione Manlio Sgalambro, quando sostiene che la Storia sia Storia di morti, prima ancora, è nel giusto David Baker, affermando che è storia di sesso. In effetti, Baker – che, primo al mondo, ha conseguito un PhD in Big History, disciplina che studia le origini dell’uomo con un approccio incrociato tra scienze sociali e scienze naturali – questa cosa l’ha detta, come tromboneggiano i giuristi, “per fatto concludente”. Ovvero, non in maniera esplicita, ma scodellando un volumone consistente nella fedele cronaca di “due miliardi di anni di inarrestabile riproduzione”. Adesso l’opera esce in Italia per Longanesi col titolo di “Sex. La più grande Storia del sesso mai scritta, dai procarioti ai robot” (traduzione di Giulia Marich, prefazione di Simon Whistler, pagine 359, € 24,00, Longanesi).
Va subito specificato che si tratta di uno studio interessante e rigoroso, in cui, a dispetto d’ogni apparenza pruriginosa, il rischio di noia mortale sarebbe in agguato.
Va bene, infatti, che l’attesa del sesso possa essere eccitante quanto il sesso medesimo, ma qui si parla di aspettare, addirittura, ere geologiche. Dai microorganismi degli albori, ai dinosauri e su, fino agli ominidi, prima di arrivare a Tinder e OnlyFans…
Per fortuna, però, Baker, racconta tutto da scienziato, ma anche facendosi capire e divertendo. Indulge, quando è il caso, in un linguaggio colorito, ma pertinente. Non esistono, infatti, parole proibite, ma un tempo, un luogo, un contesto, per ogni parola e la ricchezza della lingua è risorsa da sfruttare, non materia di censura. Divertimento a parte, perché leggere illibro? Perché è un ripasso colto, o un primo approccio corretto, del darwinismo. Esso contiene tra le righe tante spiegazioni ai comportamenti di quelli che Platone e Diogene chiamano bipedi implumi: gli uomini. Leggendo di scimpanzé e gorilla, della stretta di mano dei bonobo, impariamo molto su di noi. Ad esempio, che certi comportamenti violenti sono una antica eredità quadrumane. Da cosa nascano gelosia e invidia; che l’omosessualità si manifesta già nel Carbonifero, 360 milioni di anni fa e che la natura permette il replicarsi di comportamenti che non pregiudichino la trasmissione del proprio patrimonio genetico. Ci sono poi previsioni per il futuro, in un mondo ipertecnologico. Decisamente inquietanti…