Torna in libreria, dopo ottant’anni dalla prima edizione Bompiani, la raccolta di racconti “Racconto grosso” di Paola Masino (Rina Edizioni, Roma, 16 euro). La Masino, legata a Bontempelli da un sodalizio sentimentale ed artistico, subì, quasi quanto lui, le conseguenze della censura fascista: fu proprio il suo racconto “Fame” a determinare la chiusura, per volontà di Benito Mussolini, della rivista “Le grandi firme” e, in seguito, le critiche si concentrarono soprattutto su “Figlio”, che descrive con crudezza, pur senza nominarlo espressamente, l’aborto in tutte le sue cruente sfaccettature fisiche e in tutte le sue soverchianti conseguenze psicologiche: chissà poi perché censurare e non trasformare in propaganda quasi pedagogica qualcosa che, lungi dal dipingerlo favorevolmente, avrebbe spinto ogni lettrice a pensarci due volte, prima di abortire! Ottusità necessaria dei regimi, direbbe il Conestabile di “Rivoluzione”, fiero oppositore degli abiti verde (e della) speranza…
Già, perché la crudezza e la carnalità, specialmente nei suoi aspetti deteriori, è una delle caratteristiche che più saltano agli occhi nel linguaggio poetico della Masino, già dal racconto che inaugura la raccolta, “Terremoto”: le sue novelle grondano di “sudore molliccio” e “grosso”, di sangue, di umori, e lei stessa, in una lettera a sua madre, dirà che dopo aver scritto un racconto le risulta impossibile persino il ricopiarlo, perché sarebbe “come rimasticare roba già digerita”. Anche gli argomenti più simbolici e potenzialmente aerei, come la contrapposizione luce/buio e giorno/notte, a cui è dedicato il racconto acconciamente intitolato “Allegoria prima”, avente per protagonisti – non a caso – Albo e Melania, non è al riparo da disturbanti e dissonanti metafore terragne: “come una carie la luce scava la notte”.
La “lunarità” un po’ leopardiana che la Masino condivide con la sua amica Alba de Céspedes, che però compensa con la solarità e il fatalismo delle sue origini cubane, giunge al suo culmine di vertigine metafisica e di “Viaggio al centro della terra” nel racconto “di formazione” che dà il titolo alla raccolta stessa, “Racconto grosso”, appunto: non ricordano forse le sue parole sulla notte (“Nella notte si fa immanente il problema della morte, il travaglio del divenire e dell’essere”) quelle del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”?
E però la raccolta è estremamente varia per accenti e tematiche: dai racconti di denuncia sociale un po’ alla Bianciardi passa agilmente ad atmosfere oniriche, inquietanti fin quasi all’ossessione, che non sfigurerebbero nei romanzi di Lewis Carroll o di Stelio Mattioni (inizialmente editi da Adelphi, ora in corso di meritevole ripubblicazione per i tipi di Cliquot Edizioni, primo fra tutti l’eccezionale “Il re ne comanda una”), senza trascurare l’eccentrico e indefinibile “Viaggio con panorami”, una via di mezzo tra una via crucis contemporanea sulla Cassia, percorsa a bordo di un’auto antropomorfizzata, e una scena del “Sorpasso” condita da abbondanti dosi di LSD.
Quello che però accomuna tutti i racconti, per altri versi così distanti tra loro, è la lucidità assolutamente moderna con cui l’Autrice descrive, spesso addirittura lapidariamente, alcuni meccanismi propri della mente umana e delle società, e il pessimismo che ne deriva: “Generalmente si chiamano pazzi coloro che hanno il coraggio di stare in un corpo privo di ragioni usuali. Noi, i normali, abbiamo di tal gente una specie di ribrezzo. Ma il ribrezzo non è che l’abito della paura”, o, parlando del cavallo e dell’uomo, “La sua tirannia gli era dolce come se fosse una necessità”, ma soprattutto l’accorata invocazione di un figlio a sua madre, che è, in fondo, quella di tutti noi quando siamo diventati adulti: “Tu no, tu, vetusta madre, credi di non aver mai massacrato nessuno? Perché ti amo ti dico questo, perché ti rispetto tanto, e non vorrei che tu fossi come gli altri; ma lo sei, purtroppo, tutti lo siamo, mal forniti, mal forniti, mamma, di corpi per supportare i nostri scopi…”.
*“Racconto grosso” di Paola Masino (Rina Edizioni, Roma, 16 euro)