Tra le grandi questioni culturali nelle quali possa rispecchiarsi il nostro paese, v’è sicuramente la tendenza nel non comprendere quanto importante sia lo sport e quale valore sociale, educativo, possa avere: ebbene, per cinque giorni, Veroli, in provincia di Frosinone, ha assunto il ruolo di guida della cultura sportiva, ospitando un ciclo di incontro di altissimo profilo.
Nella cittadina laziale infatti, dal 18 al 23 luglio scorso, si è tenuta la quarta edizione del Festival Nazionale dello Sport Raccontato, intitolato in questo 2022, “Sport, Popoli e Pace”.
Organizzato dall’Associazione Tutti i colori del libro, forte della pazienza e della passione di due suoi rappresentanti, Armando Mirabella e Paolo Sellari, quest’ultimo Professore di Geografia Politica ed Economica, Geoeconomia e Geopolitica delle Infrastrutture al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma, oltreché Direttore del Master in Geopolitica e sicurezza globale (nel medesimo ateneo), la kermesse è stata l’occasione per riflettere sul ruolo dello sport nel mondo di oggi, oltreché per avvicinare ai comuni cittadini e gli appassionati ad alcuni esponenti di spicco non soltanto del professionismo ma anche dei media e della comunicazione sportiva.
Dibattiti, aneddoti, vere e proprie lezioni ma anche presentazioni di libri: tutto questo in due splendide ambientazioni, vale a dire il Chiostro di Sant’Agostino e soprattutto, quale sede principale dell’evento, nella Piazza Santa Maria Salome.
Vale la pena spendere due parole sulla piazza, dalla quale è possibile godere di uno splendido panorama dell’intera vallata e nella quale si erge la Basilica di Santa Salome, costruita e consacrata nel 1492 (dopo che una primordiale costruzione era stata distrutta dal terremoto del 1350).
La Basilica ospita le reliquie di Salome, protettrice della città mentre, tra il 1715 ed il 1740, fu fatta costruire dal vescovo di Veroli monsignor Lorenzo Tartagni da Forlì, la Scala Santa composta da dodici gradini di marmo e nel cui undicesimo gradino è racchiusa una reliquia del legno Croce.
Gli incontri, come si diceva, hanno funto da anello di congiunzione tra il mondo dell’agonismo, quello del giornalismo e la cittadinanza, troppo spesso costretta al divano di casa, di fronte ad un computer o ad una televisione che riproducono le gesta degli atleti per mezzo delle immagini, spesso condite da emozioni artefatte.
Relazioni, dialoghi e dibattiti
L’occasione è stata pure un modo per rimarcare e dare nuova linfa a sport, nello specifico il tennis e il rugby che sebbene non certo impopolari, al netto di fenomeni del momento, non hanno sempre un grande spazio sulle televisioni generaliste: e così se Stefano Meloccaro (Sky e Radio Capital), partendo dal suo Colpi di Genio ha ripercorso le vicende biografiche dei vari Ashe, Noah, Panatta, Borg, McEnroe, portando avanti un flusso di storie, dettagli, atteggiamenti bizzosi dei grandi tennisti degli anni ’70, ’80, ’90, con la palla ovale si aprono gli archivi di uno degli episodi più particolari e forse meno noti che si possano conoscere.
Massimo Calandri (Repubblica), autore di Non puoi fidarti di gente così, narra infatti di quando nel 1973 il Sudafrica cercava di rompere il boicottaggio e l’isolamento grazie al rugby, sport di cui è maestro, ma le nazionali di tutto il mondo rifiutano l’invito, tranne l’Italia che alla fine accettò: di quell’esperienza, uno dei protagonisti fu la leggenda Ambrogio Bona, capitano in 18 delle 50 partite giocate per l’Italia (tra il 1972 e il 1981), tra le quali anche quelle contro Rhodesia e Sudafrica in quel 1973 e spalla perfetta del giornalista, in occasione dell’intervento.
Tanto lo spazio per il calcio, filo conduttore, della seconda e della penultima serata, onorato da due fuoriclasse delle radiocronache calcistiche di RadioRai, pilastri di Tutto il Calcio minuto per minuto, quali Riccardo Cucchi (in pensione del 2017) e Francesco Repice: Cucchi, il 21 luglio si è soffermato sull’importanza che il “pallone” rivestiva negli anni ’70, preparando il campo allo spettacolo della violinista Vanessa Cremaschi e dell’attore Adamo Dionisi, “Senza parastinchi. Mio padre e il calcio negli anni Settanta”.
A Repice invece, nella serata di martedì, l’onore di moderare, con una capacità incredibile di tenere il palco, gli interventi di Fulvio Collovati e di Fabio Grosso: un continuo pendolo tra il calcio di allora e quello di oggi ma anche il modo di fare rivivere le gesta e i climi di quegli spogliatoi, oltreché di riportare alla memoria le icone di allora, da Bearzot a Paolo Rossi, da Gianluca Signorini a Cesare Maldini, fino a Scirea.
Non fosse abbastanza, per capire la grandezza di una manifestazione “di provincia”, basterebbe dire che il primo intervento, al lunedì e la chiusura, con un altro spettacolo, al sabato, sono stati competenza di Flavio Tranquillo e di Federico Buffa, già mitica coppia commentatrice del NBA per Tele+ prima e per Sky poi, tra il 1996 e il 2013.
E così, se Tranquillo ha voluto analizzare perché il mondo contemporaneo (piaccia o meno, al netto di giudizi di valore) arrivi a pubblicare in posizioni apicali, sulle pagine digitali mediatiche, le dichiarazioni “politiche”, rilasciate da una qualsiasi stella NBA o NFL, Buffa, accompagnato al pianoforte dal maestro Alessandro Nidi, ha portato in scena le Olimpiadi di Città del Messico 1968.
Facendo perno sui “Due pugni puntati di nero” indossati da Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo nella finale dei 200 metri piani alle Olimpiadi, in realtà la narrativa si snoda sui sentieri più eterogenei, ponendo continuamente l’accento su cosa fosse allora il Messico (come emerso dalla magistrale penna di Oriana Fallaci) e sui due ’68, quello celebre dell’Occidente ma in special maniera su quello dei Paesi dell’Est, con una menzione particolare sull’allora Cecoslovacchia, un anno che in quel quadrante lì viene troppo spesso dimenticato o non sufficientemente studiato.
Le somme
Insomma tra gli ospiti e la profondità dei temi trattati, la Provincia di Frosinone ha potuto fregiarsi di una grandissima eccellenza: in un’era in cui lo studio, l’approfondimento, la memoria, vengono curati sempre meno, in quanto poco inclini a piegarsi ai meccanismi del “tutto e subito” sui quali si fondano l’industria culturale e dell’intrattenimento, che ci siano delle opportunità del genere, di sedersi e ascoltare, è merce rara.
La numerosa e accalorata partecipazione, dunque, è solo una delle cartine tornasole della sua riuscita, a riprova di come lo sport e la narrazione possano insieme percorrere le strade più impervie, costruendo i più magnifici degli scenari.